La solidarietà è una carezza di Dio |
B302-A2
Card. Severino Poletto
Altri stralci dal messaggio dal messaggio dell'arcivescovo di Torino per la quaresima 2009
Il perdurare della crisi economica, con le gravi ripercussioni che essa arreca tutt'ora un po' ovunque, ma anche nel nostro territorio, ci induce ad ancora riflettere sul messaggio quaresimale dell'arcivescovo di Torino, sul quale ci siamo già intrattenuti nel numero precedente, con riguardo essenzialmente ai gesti di solidarietà da porre in essere per i bisognosi.
Ma riteniamo opportuno ora esporre anche la parte relativa all'analisi della crisi che è contenuta nel suddetto messaggio, per i preziosi suggerimenti, specialmente sul piano morale che ne derivano, tanto più che la nostra città, Torino, si trova attualmente direttamente coinvolta sul piano mondiale, con alcune sue forze imprenditoriali e produttrici, ad operare per il superamento di tale difficile momento.
Senza la pretesa di fare un'analisi approfondita e completa, essendo il mio soprattutto un messaggio spirituale, tuttavia ritengo che siamo tutti in grado di comprendere il dovere che abbiamo di chiamare ogni cosa con il proprio nome.
Questa situazione di crisi non è nata per caso: ha dei responsabili in quelle persone che, in varie parti del mondo per una sfrenata avidità di realizzare facili e abbondanti guadagni senza scrupoli e con nessuna sensibilità morale, hanno portato vasti settori della finanza mondiale in avventure così rischiose da creare come a cascata una perdita così grave di risorse tale da mettere in crisi in pochissimi mesi tutta l'economia mondiale.
Noi qui ne vediamo gli effetti con decine e decine di migliaia di lavoratori messi in cassa integrazione con la caduta del reddito ad un livello insufficiente per molte famiglie.
Questa situazione è ancora più drammatica per i giovani precari, ai quali ingiustamente non è garantita alcuna forma di ammortizzatori sociali, e i tanti, ancora senza lavoro, che vedono così allontanarsi nel tempo la speranza di un'occupazione stabile e un reddito sufficientemente sicuro da consentire loro di progettare il futuro della propria vita.
Dobbiamo condannare senza mezzi termini il comportamento di quanti hanno preteso di gestire il mondo economico facendo i propri interessi con un uso improvvido ed eticamente detestabile del denaro dei risparmiatori senza pensare al dovere di usare queste risorse per sostenere e sviluppare l'economia reale che si basa sul lavoro, sulla produzione di beni di consumo, a cominciare da quelli di prima necessità.
Questa spirale di sete di ricchezza ha spinto molti ad investire prevalentemente nella finanza, lasciando scarso sostegno finanziario all'economia reale.
L'industria, in particolare, si è vista costretta dalla crisi a ridurre sensibilmente la produzione con il pericolo di una caduta verticale dell'occupazione.
Quando si fanno queste speculazioni finanziarie per realizzare guadagni i più consistenti possibili ed in brevissimo tempo si induce nelle persone l'idea di un facile guadagno, indipendente dall'andamento dell'economia reale, e si favorisce un'eccessiva tendenza all'accettazione di rischi finanziari.
Da qui è nata in molte persone l'illusione di poter ottenere, in qualunque circostanza, rendimenti elevati per il proprio denaro e di poter porre tali rendimenti alla base dei propri bilanci familiari, dimenticando che senza sudare in proprio non c'è progresso economico e incoraggiando eccessi nei consumi e nel livello di vita.
Tutto questo, come ho già detto sopra, ha prodotto effetti disastrosi anche in quella larghissima parte della popolazione che non ha mai sprecato o che già prima era in difficoltà per la propria ristrettezza economica.
Si è così creato un veloce allargamento della fascia di povertà, che ha fatto di questa crisi non solo un problema individuale o familiare, ma un problema che tocca tutta la società.
Quando il lavoro, che in molti casi era già precario, ora viene a mancare riduce all'improvviso le prospettive economiche delle famiglie dei lavoratori parzialmente protetti dalla cassa integrazione e lascia senza valide garanzie di sussistenza i lavoratori precari.
Se un'impresa si vede costretta a ridurre o azzerare l'orario di lavoro, le famiglie dei dipendenti, soprattutto quelle monoreddito, entrano in una situazione di criticità con conseguenze gravi sul fronte degli affitti, dei mutui o dei debiti eventualmente contratti in precedenza.
Penso a quanti hanno ancora i genitori anziani, ai quali è doveroso pensare per sostenerli in quanto il loro reddito consiste sovente in una pensione minima.
Penso a chi ha figli piccoli o di età scolare e che nel lavoro sicuro aveva una sua garanzia che ora non c'è più.
A queste persone desidero aprire il mio cuore di Pastore per offrire una parola di speranza, ma anche per organizzare a livello diocesano una rete di sostegno al fine di aiutarle a superare l'emergenza.
Innanzitutto desideriamo essere realisti.
Non ci nascondiamo le difficoltà senza però drammatizzare, perché come è avvenuto in passato, in maniera quasi ciclica, anche questa volta la crisi, in tempi brevi o lunghi, si supererà.
Nello stesso tempo non dobbiamo neanche cadere nell'ingenuità di chi sottovaluta la gravità della situazione, per giustificare uno stile di vita allegro e irresponsabile oppure per non vedere le difficoltà di tanti per non sentirsi gravato dal dovere della solidarietà mettendo mano alle proprie risorse per soccorrere i fratelli bisognosi di aiuto.
È necessario analizzare obiettivamente le situazioni nella loro effettiva gravità, ricordandoci che i cristiani sono portatori di speranza, non solo con buone parole, ma con gesti concreti.
E lo dobbiamo fare assumendo ciascuno la nostra parte di responsabilità arrivando ad azioni e comportamenti finalizzati a superare l'attuale situazione.
Le Istituzioni pubbliche, sia a livello centrale come pure a livello locale, hanno la grave responsabilità di guidare la vita della società in modo da garantire a tutti un livello minimo e dignitoso di sussistenza.
Le leggi e gli interventi dello Stato come pure di chi ci governa a livello locale devono mirare ad un'equa distribuzione delle risorse così da impedire quei meccanismi perversi, ancora in atto, per cui chi è garantito lo è sempre di più, mentre chi già vive in situazioni precarie viene messo sempre più in difficoltà.
Anche gli Istituti di credito dovranno fare la loro parte in questa fase delicata, soprattutto col sostenere le aziende in crisi, facendo il possibile per garantire così il proseguimento dell'attività produttiva e di conseguenza l'occupazione e un reddito per i lavoratori.
Anch'io come vostro Pastore devo mettermi in gioco e voi lo sapete come anche su questo versante non mi sono mai tirato indietro.
Ora mi domando: la Chiesa che cosa farà in questo momento?
La risposta è facile e veritiera: quello che i Pastori e i fedeli di questa Diocesi hanno sempre fatto, cioè offrire solidarietà condividendo con i poveri le proprie risorse.
Vorrei lanciare un appello a tutti coloro che vedono nella Chiesa una madre che si prende cura di tutta la società, a cominciare dai più deboli e più poveri, affinché in questa Quaresima si riesca a far crescere una rete capillare di aiuti economici alle persone, alle famiglie e anche a piccole aziende in difficoltà. […]