Don Giovanni Battista Lanfranco |
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L'Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha presieduto mercoledì 4 luglio a Savigliano, nella chiesa di Sant'Andrea, i funerali di don Giovanni Battista Lanfranco, morto lunedì 2 luglio all'età di 86 anni.
La chiesa era affollata di tanti amici e sacerdoti che lo hanno avuto come guida spirituale e confessore in oltre 60 anni del suo sacerdozio.
Come Unione Catechisti gli rendiamo omaggio, riconoscenti per l'attenzione, anzi la dedizione che per molti anni e in varie circostanze ha avuto per molti Catechisti, e pertanto per lo stesso Istituto, sostenendoci con i suoi insegnamenti e con il suo affetto, e orientandoci nell'approfondimento e nella pratica della nostra consacrazione secolare, sia nello stato di professi con i voti canonici, che nella condizione matrimoniale ispirata ai consigli evangelici: insegnamenti tuttora da valorizzare per trarre forza e chiarezza nella nostra missione catechistica e secolare.
È un fulgido modello, da cui trarre esempi di virtù e itinerari di vita e di apostolato catechistico, invocando la sua intercessione dal Cielo.
Per delinearne la figura, riportiamo la testimonianza di S. Ecc.za Mons. Guido Fiandino.1
Don Lanfranco nacque a Savigliano, nel territorio della parrocchia di San Pietro, il 1° maggio 1926.
Diventato prete nel 1949, fu viceparroco a S. Antonino di Bra per due anni, poi iniziò il ministero di « padre spirituale » degli studenti liceali ( « i filosofi » erano detti allora ), ministero che svolgerà per 25 anni.
In quei 25 anni centinaia di giovani in cammino verso il sacerdozio trovarono in lui una guida dolce e forte, comprensiva ed esigente, fedele alla tradizione ma aperta al nuovo.
Noi che abbiamo « goduto » della sua guida spirituale abbiamo trovato in lui una rara sintesi di spiritualità, di teologia e di pastorale.
Al rischio della iperattività pastorale don Lanfranco ha sempre con forza contrapposto la necessità di un forte radicamento spirituale.
Non ci ha mai legati a sé, ma ci ha sempre proiettati verso l'Alto e verso l'Altro.
In quegli anni fu anche assistente spirituale del Centro Volontari della Sofferenza e dell'Istituto Oblate di Cristo Re.
Terminato il servizio di « padre spirituale », la sua vocazione fondamentalmente monastica lo portò prima al Valinotto di Carignano e poi a Savigliano, nella chiesa dedicata alla Beata Gabriella Bonino dove offrì il suo servizio pastorale con particolare attenzione alla persona dei sacerdoti e di quanti popolavano la sua solitudine alla ricerca di un consiglio, una confessione, una guida spirituale, un orientamento di vita, un sostegno al cammino spirituale.
È in questo contesto che venne chiamato anche al delicato compito di esorcista, che sarà motivo di sollievo per tanti, ma di indicibile sofferenza per sé, forse fino alle ultime ore della sua vita terrena.
Questo ministero ha certamente affinato la sua conoscenza delle profondità insondabili dell'uomo e della misteriosità della presenza del Male.
Sì, siamo in tanti oggi a sentirci orfani di un padre ( lo chiamavamo affettuosamente « il padrino » ) che non ha mai fatto sconti al Vangelo ma ha sempre fatto leva sulle inimmaginabili possibilità di chi si lascia guidare dallo Spirito di Dio.
Per questo siamo in tanti oggi a dire di cuore e anche con intima sofferenza il nostro grazie a Dio che ha fatto cose grandi nel segreto di tanti cuori attraverso di Lui.
Che la testimonianza di questo « uomo di Dio », di questo « uomo della preghiera e della comunione con Dio » sia come un profumo che si diffonde, una luce che ci illumina, uno spirito che ci anima.
Anche i suoi famigliari, che l'hanno seguito con tanto amore, sentano oggi la preghiera e l'affetto riconoscente della Diocesi.
Mons. Guido Fiandino
1 Pubblicata su "La Voce del Popolo" dell'8 luglio, qui riportata per generosa autorizzazione dell'Autore e del Direttore del Settimanale, che ringraziamo.