Natale: baluardo della fede |
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Natale, festa per eccellenza, attesa, sentita, assaporata da grandi e piccini, da laici e credenti, con tanto di luminarie, di canti, di parole, di doni, di leccornie, e soprattutto, in chi ne colga l'autentico significato, di raccoglimento e conversione interiore.
E ciò non solo nel mondo cristiano, ma anche altrove, come in Estremo Oriente, in particolare in Giappone.
Come è scritto nell'introduzione di "Natale dei poeti"1, « il Natale abbraccia molteplici aspetti, che vanno dal contenuto religioso al repertorio più laico, consegnandosi, tra cronaca e poesia, come la festa più bella e più sentita dell'anno.
Una festa vissuta nel segno e nella nostalgia di una bontà a cui ogni persona tende con trepidazione [ … ] per superare ogni umana delusione e inserirsi nella devozione e nel rispetto verso la più grande ricorrenza dell'amore ».
E nella medesima introduzione viene riportato questo pensiero di Francesco Grisi:2 Natale si presenta come un fatto, con il quale si rintracciano « antiche speranze, utopie future, cronache dimenticate, leggende struggenti, simboli magici, tradizioni popolari, curiosità inattese, racconti, teatro, sceneggiature e poesie ».
Sono sentimenti e atteggiamenti che un po' tutti avvertiamo, e in certa misura proviamo, e che, volendoli sintetizzare, costituiscono una vaga aspirazione al bene e alla felicità, in altri termini alla speranza, ma intesa da noi cristiani nella sua realtà e pienezza di virtù teologale, e per chi sia ancora in ricerca, come ansiosa aspettativa di questa: Natale, festa della speranza.
Ma la speranza cristiana ha già una sua attualità, non è solo proiettata al futuro.
Ha un suo piedistallo di fondamento, la fede.
È chiaro questo riferimento nella Lettera agli Ebrei, ( Eb 11,1 ) il cui passo riportiamo nella versione che ne fa Dante nel Paradiso:3 « Fede è sostanza di cose sperate / e argomento delle non parventi ».
Natale, quindi, solennità della fede.
E le dichiarazioni della fede cristiana le abbiamo appunto nelle prime pagine del Vangelo che ci parlano del Natale, ad apertura e rivelazione degli avvenimenti e precetti neotestamentari, e a compimento e perfezionamento dell'Antico Testamento.
E la prima professione, in termini anche di tempo, e non potrebbe essere diversamente, l'abbiamo in Maria, che crede alla rivelazione dell'Arcangelo Gabriele, con quella mirabile affermazione, che a ragione possiamo considerare l'inizio dell'era cristiana: « Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola ». ( Lc 1,38 )
E che si tratti di autentico atto di fede, e non solo di constatazione dopo le parole dell'angelo, è posto, nello stesso Vangelo, in bocca a Elisabetta, che conclude il suo saluto a Maria, esclamando: « E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto ». ( Lc 1,45 )
Ella quindi "ha creduto", non ha solo constatato quanto le è stato annunciato, ha posto la sua certezza e il suo affidamento in Dio.
Se l'Annunciazione è l'inizio del tempo natalizio, anzi dello stesso Natale, l'atto di fede di Maria ne costituisce la qualificazione, che si innesta nell'effusione di grazia e di misericordia del dono gratuito del Padre, operato dallo Spirito, realizzatosi nel Verbo fatto carne.
Collaterale alla fede di Maria è quella di Giuseppe, il quale, da vero esemplare di "uomo giusto" ( Mt 1,19 ), « fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa » ( Mt 1,24 ), limitandoci a questi brevi cenni a fronte di un comportamento di abnegazione e di abbandono in Dio che richiederebbe ben altra riflessione.
Continuando nelle attestazioni riportate dal Vangelo, teniamo presente che se Maria, pur nella sua incomparabile dignità di Madre di Dio, formula il primo atto di fede dichiarandosi umile, gli altri successivi atti non potevano che scaturire dagli umilissimi, i pastori in veglia del gregge.
Sembra naturale che dopo gli eventi miracolosi dell'annuncio degli angeli, per questi modestissimi israeliti non potesse esserci che assenso e constatazione.
Ma che impressione avranno avuto al cospetto della povertà di quel bambino osannato dai messaggeri celesti?
Fu un'impressione di fede, quali testimoni di un evento divino, di cui si fecero portavoce, tanto che « tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori ». ( Lc 2,18 )
Dopo la testimonianza dei semplici e modesti, abbiamo anche quella dei sapienti e dei potenti: i Magi.
L'adorazione da parte di questi personaggi costituisce uno di quei tanti episodi del Vangelo che intuitivamente attestano la trascendenza, la divinità del testo sacro.
Appartenenti a "una casta di sapienti, dediti all'interpretazione dei sogni, alla magia e all'astrologia",4 sono guidati alla grotta di Betlemme da una stella, la quale "più che rimandare a particolari fenomeni astrofisici, ha un valore religioso, essendo nella tradizione giudaica un segno messianico".5
Poniamo mente con attenta venerazione a questi sapienti, identificati dalla tradizione cristiana come sovrani orientali, mentre si prostrano in adorazione dinanzi a un bimbo, in cui intravvedono la luce della divinità, e gli offrono oro, incenso e mirra.
Quale incontrovertibile professione di fede, che nel suo stesso enunciarsi si manifesta all'evidenza, tanto più con riguardo alla stella che ha guidato questi indomiti viandanti alla ricerca di Dio fatto uomo.
Tanta è la forza di tale testimonianza, che l'iconografia e il culto cristiano hanno posto nella Stella che li ha guidati, il "signum fidei", il segno della fede!
Non si esaurisce nei lieti annunci la schiera dei testimoni della fede natalizia.
Vi è il folto gruppo dei testimoni silenziosi, anzi umanamente ignari: i bambini uccisi perché coetanei del neonato Gesù, che la Chiesa venera come Martiri Innocenti.
La loro imputazione?
Essersi aperti alla vita nel medesimo tempo e luogo in cui è comparso l'Autore della vita.
Così anche il Natale viene ad offrire il suo contributo di sangue nella storia della salvezza, presagio della redenzione della Croce.
Ma questi bimbi con il loro sacrificio si uniscono al riscatto del Redentore, e con essi le moltitudini di "concepiti", uccisi nel grembo materno, anche essi per l'imputazione – diabolicamente nefanda – di essersi aperti alla vita.
Ma il riferimento al Calvario l'abbiamo anche nella testimonianza dell'anziano Simeone, che attendeva l'avvento del Messia, così come la profetessa Anna: nel suo cantico di benedizione vi è la previsione della spada che "trafiggerà l'anima" di Maria,( Lc 2,35 ) esplicita anticipazione nel tempo natalizio della pasqua di salvezza del Crocifisso Risorto.
Dopo le testimonianze di fede proprie del periodo natalizio, brevemente riportate – e quante altre ne emergono dalla diretta lettura dei vangeli e dalla meditazione di tale periodo liturgico – resta ferma però l'attestazione fondamentale peculiare del Natale, che ci formula Giovanni nell'introduzione del suo vangelo: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi ». ( Gv 1,14 )
Questo è il senso pieno e autentico della solennità che commemoriamo ogni anno, anzi che riviviamo giorno per giorno, Dio voglia momento per momento, poiché è il mistero fondamentale della fede, un tutt'uno con quello della SS. Trinità e della Pasqua del Signore.
Mistero da vivere, non solo in cui credere, e da annunciare al mondo, affinché tutti conoscano il sublime desiderio del divino Bambino nella sua piena maturità, confidato agli apostoli la vigilia della sua passione: « Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena ». ( Gv 15,11 )
Vito Moccia
M. Caffaro Rore- "Natività e Crocifissone". Particolare della pala di altare della chiesa "Madonna del Rosario"-
1 Natale dei Poeti, a cura di G.B.GANDOLFO e L.VASSALLO, pag. 7, 2001, ANCORA EDITRICE, Milano.
2 F. GRISI, Il Natale: staria e leggende, NEWTON COMPTON, Roma, 1988, p. 7.
3 Cfr. Paradiso, XXIV, vv. 64 – 66.
4 Cfr. La Bibbia – Via Verità e Vita, SANPAOLO 2009, pag. 2055, nota 2,1.
5 Cfr. ibidem, pag. 2056, nota 2,2.