Sacralità della famiglia e problemi relativi |
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Riportiamo alcuni pensieri di don Gianni Paioletti, svolti nel ritiro dello scorso febbraio per i Catechisti e gli Aggregati della nostra Unione, anche in preparazione del prossimo Sinodo di ottobre sulla famiglia.
Dobbiamo avere la convinzione che Dio ci ama in misura incommensurabile, e sentirsi amati da Dio è la grande scoperta della vita.
Questa percezione, che è poi il fulcro della nostra fede, ci dà un motivo di fondo per amare a nostra volta Dio e, in Lui, il prossimo.
Un amore tutto sublime è quello della vocazione matrimoniale, tenendo presente che siamo stati scelti da Dio per il nostro coniuge
Nella formula del matrimonio diciamo: “Io accolgo te come dono, non come mia proprietà”.
L’amore in tal modo si sublima nella carità o nell’”agape”, cioè nell’amore gratuito di Dio.
Questo amore va oltre i difetti dell’altro coniuge, sa attendere i ritmi di maturazione, lascia il tempo perché questa avvenga, come la seminagione, che non comporta subito la mietitura.
Si deve imitare Dio, che ci ama oltre i nostri difetti.
In tal modo si vive la beatitudine della purezza di cuore e si realizza la castità coniugale, che consiste nell’amarsi di tutto cuore.
L’intimità coniugale tra marito e moglie deve mirare a questa pienezza di amore, e non al possesso egoistico dell’altro, considerato oggetto di piacere e di orgoglio, con tutti i rischi a ciò connessi delle incomprensioni e dei conflitti.
La sessualità separata dall’amore può dare piacere, ma a rischio di sofferenza.
L’amore autentico libera i coniugi dalla solitudine, e attua nella famiglia un’atmosfera di serenità e di pace, anche nelle prove e nelle tribolazioni, che si riflettono sui figli: infatti dal comportamento dei ragazzi all’esterno ( nella scuola, nel gioco, nelle compagnie e simili ) si può in genere comprendere la situazione e il modo di essere della loro famiglia.
Se vi è la serenità dell’amore, vi è anche l’attenzione per un’educazione che rispetti la volontà del figlio, e lo faccia crescere moralmente mediante la convinzione – anche se non sempre è facile e possibile – e non con l’imposizione.
Le persone che amano sono attente alle necessità degli altri, anche sul piano sociale e pubblico, impegnandosi per prevenire e magari eliminare il male dalla società.
È bello constatare quando una famiglia si apre alle necessità degli altri.
Per dare bisogna avere ricevuto, perché non si può donare ciò che non si ha.
E l’amore coniugale autentico, che abbiamo chiamato agape, è la sorgente permanente di tale donazione.
Viceversa se non si è amati si è portati a prevalere sugli altri e si ha difficoltà a volere sinceramente bene.
Così si può riscontrare che una donna non amata sia fredda con gli altri, talora anche con i propri figli.
E l’uomo da parte sua può risultare indifferente alle premure e alle attenzioni della moglie.
L’amore reciproco porta invece ad una mutua compensazione delle sensibilità e dei bisogni propri dei singoli coniugi: le donne hanno più riguardo alle singole situazioni e circostanze, tendendo verso una mentalità più analitica, mentre gli uomini sono più inclini alla sintesi, alla visione d’insieme, al disegno completo.
In conclusione, non dubitiamo di essere amati da Dio, e cresciamo nel suo amore, il che si riflette nelle nostre famiglie e verso gli altri.
Nella prassi e nella mentalità contemporanea si è introdotta una particolare attenzione alle persone raggruppate nella sigla LGBT, con cui si intendono le “lesbiche”, i “gay”, i “bisessuati” e i “transessuali”.
A tale sigla bisognerebbe aggiungere una I, per “internazionali”, poiché queste particolarità sono presenti in tutti popoli, con più o meno ripercussione nella cultura e nell’opinione pubblica, a seconda delle risonanze che assumono, o possono assumere, le richieste e rivendicazioni di queste persone circa il riconoscimento, e la rilevanza sul piano giuridico, del loro stato psico-fisiologico.
Come ha ammonito il Sinodo sulla sacralità della famiglia ( nella sua prima parte, nell’ottobre 2014 ), queste persone vanno accolte con rispetto e delicatezza, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione ( pur ribadendo come non sussista alcun fondamento per assimilare le unioni omosessuali al matrimonio ).
Teniamo ben presente l’accoglienza e il rispetto, dato che ognuno di noi non ha titolo per giudicare.
Abbiamo però coscienza che la mentalità contemporanea è una cultura ferita, ma la Chiesa è come un ospedale da campo che accorre dove ci sono feriti di ogni genere.
Lo stesso considerare “feriti” questi nostri fratelli, può comportare una loro reazione, molti dei quali intendono essere considerati normali, e per questo sostengono la teoria del “gender”, cioè la scelta personale della sessualità, al di là del riferimento alla natura, che prevede due sessualità congenite e distinte, la femminile e la maschile, e che solo dall’incontro e fusione delle rispettive cellule può fare scaturire la procreazione.
E la natura è opera della creazione di Dio.
Ciò premesso, teniamo presente che questi nostri fratelli “feriti” sono prediletti da Dio, che è Padre, e ama in modo particolare i figli che hanno più bisogno.
E poiché in una famiglia i figli vanno accolti così come sono, parimenti anche noi dobbiamo usare tenerezza per le ferite degli altri: ci sia di orientamento il monito di papa Francesco: “La nostra epoca non è tempo di moralismo, ma di tenerezza”.
La crisi culturale che contrassegna il nostro tempo è anche conseguenza della rivoluzione ideale del 1968, il cui fulcro potremmo sintetizzare come “il divieto di vietare”.
In tal modo però, seguendo questa norma anche nel campo della ricerca scientifica e della medicina, si arriva alle anomalie del trattamento degli embrioni e dell’utero in affitto.
A questo riguardo limitiamoci a constatare la speculazione economica connessa a quest’ultimo trattamento: l’affitto dell’utero può costare dagli 8 ai 100 mila euro a seconda delle località in cui viene praticato.
Abbiamo trattato alcuni degli aspetti problematici collegati alla famiglia e alle relazioni umane.
Percepirne la nozione alla luce dell’amore e della misericordia di Dio, e secondo l’insegnamento e la tenerezza della Chiesa, ci può essere di guida per gli altri molteplici aspetti delle crisi familiari.
( Sintesi delle riflessioni, a cura di L. Marchis e di V. Moccia, rivista dall’Autore )