Convegno ecclesiale di Verona |
La Chiesa comunica la speranza, che è Cristo, soprattutto attraverso il suo modo di essere e di vivere nel mondo.
Per questo è fondamentale curare la qualità dell'esperienza ecclesiale delle nostre comunità, affinché esse sappiano mostrare un volto fraterno, aperto e accogliente, espressione di un'umanità intensa e cordiale.
Parla al cuore degli uomini e delle donne una Chiesa che, alla scuola del suo Signore, pronuncia il proprio « sì » a ciò che di bello, di grande e di vero appartiene all'umanità di ogni persona e della storia intera.
Nella Chiesa particolare è possibile incontrare un simile volto: nella comunità diocesana raccolta intorno al Vescovo e innestata in una tradizione viva, che accompagna lo svolgersi dell'esistenza e rappresenta la possibilità per tutti di una fraternità concreta, di un rapporto intimo e condiviso con la Parola di Dio e il Pane della vita; nella parrocchia, Chiesa che vive tra le case, vicina alla gente; nella preghiera e nella liturgia, che ci rende partecipi della bellezza che salva.
In questo modo, le nostre Chiese continuano a mostrare il loro tratto più originale: essere una famiglia aperta a tutti, capace di abbracciare ogni generazione e cultura, ogni vocazione e condizione di vita, di riconoscere con stupore anche in colui che viene da lontano il segno visibile della cattolicità.
Appartiene alla nostra tradizione il patrimonio di una fede e di una santità di popolo: un cristianesimo vissuto insieme, significativo in tutte le stagioni dell'esistenza, in comunità radicate nel territorio, capace di plasmare la vita quotidiana delle persone, ma anche gli orientamenti sociali e culturali del Paese.
Il carattere popolare del cattolicesimo italiano, ben diverso da un « cristianesimo minimo » o da una « religione civile », è una ricchezza e una responsabilità che dobbiamo conservare e alimentare facendo brillare davanti alla coscienza di ragazzi e giovani, adolescenti e adulti, la bellezza e la « vivibilità » di una vita ispirata dall'amore di Dio, da cui nessuno è escluso.
L'ascolto della vita delle comunità cristiane permette di cogliere una forte istanza di rinnovamento.
Se negli ultimi anni è parso sempre più evidente che il principale criterio attorno al quale ridisegnare la loro azione è la testimonianza missionaria, oggi emerge con chiarezza anche un'ulteriore esigenza: quella di una pastorale più vicina alla vita delle persone, meno affannata e complessa, meno dispersa e più incisivamente unitaria.
Secondo queste linee occorre impegnarsi in un « cantiere » di rinnovamento pastorale, al quale sono dedicati i paragrafi che seguono.
Le prospettive verso cui muoversi riguardano la centralità della persona e della vita, la qualità delle relazioni all'interno delle comunità, le forme della corresponsabilità missionaria e dell'integrazione tra le dimensioni della pastorale, così come tra le diverse soggettività, realtà e strutture ecclesiali.
L'attuale impostazione pastorale, centrata prevalentemente sui tre compiti fondamentali della Chiesa ( l'annuncio del Vangelo, la liturgia e la testimonianza della carità ), pur essendo teologicamente fondata, non di rado può apparire troppo settoriale e non è sempre in grado di cogliere in maniera efficace le domande profonde delle persone: soprattutto quella di unità, accentuata dalla frammentazione del contesto culturale.
Da questo punto di vista, l'esperienza del Convegno ecclesiale è stata esemplare.
La scelta di articolare i lavori in alcuni ambiti fondamentali intorno a cui si dispiega l'esistenza umana, in qualsiasi età, ha messo in luce l'unità della persona come criterio fondamentale per ricondurre a unità l'azione ecclesiale, necessariamente multiforme.
Questo sguardo dalla parte della persona è stato radicato in una solida visione teologica, che prende le mosse dal Risorto che ci precede e ci insegna a rinnovare le forme dell'annuncio nei diversi tempi e luoghi.
È stata così tracciata una via, che occorre percorrere per portare lo stesso metodo e le medesime attenzioni nella vita ordinaria delle comunità.
Mettere la persona al centro costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio del ripiegamento, che può colpire le nostre comunità.
Ciò significa anche chiedere alle strutture ecclesiali di ripensarsi in vista di un maggiore coordinamento, in modo da far emergere le radici profonde della vita ecclesiale, lo stile evangelico, le ragioni dell'impegno nel territorio, cioè gli atteggiamenti e le scelte che pongono la Chiesa a servizio della speranza di ogni uomo.
Non si intende indebolire la dimensione comunitaria dell'agire pastorale, né si tratta di ideare nuove strutture da sostituire a quelle attuali, bensì di operare insieme in maniera più essenziale.
A partire da queste attenzioni, le singole Chiese particolari sono chiamate a ripensare il proprio agire con sguardo unitario.
Durante il Convegno tre parole sono risuonate come una triade indivisibile: comunione, corresponsabilità, collaborazione.
Esse delineano il volto di comunità cristiane che procedono insieme, con uno stile che valorizza ogni risorsa e ogni sensibilità, in un clima di fraternità e di dialogo, di franchezza nello scambio e di mitezza nella ricerca di ciò che corrisponde al bene della comunità intera.
In un contesto sociale frammentato e disperso; la comunità cristiana avverte come proprio compito anche quello di contribuire a generare stili di incontro e di comunicazione.
Lo fa anzitutto al proprio interno, attraverso relazioni interpersonali attente a ogni persona.
Impegnata a non sacrificare la qualità del rapporto personale all'efficienza dei programmi, la comunità ecclesiale considera una testimonianza all'amore di Dio il promuovere relazioni mature, capaci di ascolto e di reciprocità.
In particolare, le relazioni tra le diverse vocazioni devono rigenerarsi nella capacità di stimarsi a vicenda, nell'impegno, da parte dei pastori, ad ascoltare i laici, valorizzandone le competenze e rispettandone le opinioni.
D'altro lato, i laici devono accogliere con animo filiale l'insegnamento dei pastori come un segno della sollecitudine con cui la Chiesa si fa vicina e orienta il loro cammino.
Tra pastori e laici, infatti, esiste un legame profondo, per cui in un'ottica autenticamente cristiana è possibile solo crescere o cadere insieme.28
Lo stile di comunione che si sperimenta nella comunità costituisce un tirocinio perché lo spirito di unità raggiunga i luoghi della vita ordinaria.
Il dono della comunione che viene da Dio deve animare, soprattutto attraverso i laici cristiani, tutti i contesti dell'esistenza e contribuire a rigenerarne il tessuto umano.
Accogliere la comunione che viene da Dio richiede disciplina, concretezza, gesti coerenti che coinvolgono non solo le persone, ma anche le comunità.
La corresponsabilità infatti è un'esperienza che da forma concreta alla comunione, attraverso la disponibilità a condividere le scelte che riguardano tutti.
Questo comporta che si rendano operativi quei luoghi in cui ci si allena al discernimento spirituale, all'ascolto reciproco, al confronto delle posizioni, fino a maturare, secondo le responsabilità di ciascuno, decisioni ponderate e condivise.
Gli organismi di partecipazione ecclesiale e anzitutto i consigli pastorali - diocesani e parrocchiali - non stanno vivendo dappertutto una stagione felice.
La consapevolezza del valore della corresponsabilità ci impone però di ravvivarli, elaborando anche modalità originali di uno stile ecclesiale di maturazione del consenso e di assunzione di responsabilità.
Di simili luoghi abbiamo particolarmente bisogno per consentire a ciascuno di vivere quella responsabilità ecclesiale che attiene alla propria vocazione, e per affrontare le questioni che riguardano la vita della Chiesa con uno sguardo aperto ai problemi del territorio e dell'intera società.
La partecipazione corale e organica di tutti i membri del popolo di Dio non è solo un obiettivo, ma la via per raggiungere la meta di una presenza evangelicamente trasparente e incisiva.
Una strada da percorrere con coraggio è quella dell'integrazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali.
È lontana da noi l'idea di attuare « un'operazione di pura ingegneria ecclesiastica ».29
Siamo invece davanti a un « disegno complessivo », richiesto dal ripensamento missionario in atto nelle nostre comunità.
Siamo chiamati a verificare il rapporto delle parrocchie tra loro e con la Diocesi, le forme con cui viene accolto il dono della vita consacrata, la valorizzazione delle associazioni, dei movimenti e delle nuove realtà ecclesiali.
Si tratta in primo luogo di un'espressione e di una verifica concreta della comunione, che non si riduce mai a un'azione indifferenziata e accentrata, ma - in un contesto di effettiva unità nella Chiesa particolare - riconosce il valore delle singole soggettività e fa leva sulla loro maturità ecclesiale.
Tutto ciò non è possibile se non nasce ed è alimentato dalla consapevolezza che la comunione è dono di Dio, opera della sua iniziativa che rigenera la persona in Cristo e pone gli uomini in una nuova relazione tra loro.
Alla base della pastorale « integrata », dunque, sta quella « spiritualità di comunione » che precede le iniziative concrete e purifica la testimonianza dalla tentazione di cedere a competizioni e personalismi.
Una pastorale « integrata » mette in campo tutte le energie di cui il popolo di Dio dispone, valorizzandole nella loro specificità e al tempo stesso facendole confluire entro progetti comuni, definiti e realizzati insieme.
Essa pone in rete le molteplici risorse di cui dispone: umane, spirituali, culturali, pastorali.
In tal modo, una pastorale integrata, con le differenze che accoglie e armonizza al proprio interno, rende la comunità in grado di entrare più efficacemente in comunicazione con un contesto variegato, bisognoso di approcci diversificati e plurali, per un fecondo dialogo missionario.
Vediamo crescere un forte impulso a far convergere esperienze pastorali diverse su temi comuni, per uscire dalla settorialità e rispondere efficacemente ai problemi concreti delle persone.
Sempre più si sta diffondendo l'esperienza delle « unità pastorali »: una scelta che non è riducibile alla mera esigenza di fronteggiare la carenza di sacerdoti, né alla costituzione di « super-parrocchie », ma va nella direzione di un rapporto nuovo con il territorio, di una corresponsabilità pastorale diffusa, di un'azione più organica e missionaria.
Essenziale per un'autentica integrazione pastorale di tutte le risorse vive è anche uno stretto collegamento con le realtà missionarie e con le comunità pastorali di immigrati presenti nel nostro Paese, in collaborazione con gli uffici e le associazioni che operano in tale campo.
L'ottica della testimonianza e della corresponsabilità permette di mettere meglio a fuoco le singole vocazioni cristiane, senza cadere in una visione puramente funzionale dei carismi.
La vocazione laicale, in modo particolare, è chiamata oggi a sprigionare le sue potenzialità nell'annuncio del Vangelo e nell'animazione cristiana della società.
A Verona abbiamo sentito echeggiare l'insegnamento del Vaticano II sul laicato, arricchito dal magistero successivo e dall'esperienza di tanti laici e comunità che in questi anni si sono impegnati a vivere con passione, talvolta con sofferenza, tali insegnamenti.
Il Convegno ha rivelato il volto maturo del laicato che vive nelle nostre Chiese.
Le comunità cristiane devono trame conseguenze capaci di farle crescere nella missione, individuando scelte pastorali che esprimano una conversione di atteggiamenti e di mentalità.
Per questo diventa essenziale « accelerare l'ora dei laici », rilanciandone l'impegno ecclesiale e secolare, senza il quale il fermento del Vangelo non può giungere nei contesti della vita quotidiana, né penetrare quegli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione.
Un ruolo specifico spetta agli sposi cristiani che, in forza del sacramento del matrimonio, sono chiamati a divenire « Vangelo vivo tra gli uomini ».30
Riconoscere l'originale valore della vocazione laicale significa, all'interno di prassi di corresponsabilità, rendere i laici protagonisti di un discernimento attento e coraggioso, capace di valutazioni e di iniziativa nella realtà secolare, impegno non meno rilevante di quello rivolto all'azione più strettamente pastorale.
Occorre pertanto creare nelle comunità cristiane luoghi in cui i laici possano prendere la parola, comunicare la loro esperienza di vita, le loro domande, le loro scoperte, i loro pensieri sull'essere cristiani nel mondo.
Solo così potremo generare una cultura diffusa, che sia attenta alle dimensioni quotidiane del vivere.
Perché ciò avvenga dobbiamo operare per una complessiva crescita spirituale e intellettuale, pastorale e sociale, frutto di una nuova stagione formativa per i laici e con i laici, che porti alla maturazione di una piena coscienza ecclesiale e abiliti a un'efficace testimonianza nel mondo.
Questo percorso richiede la promozione di forme di spiritualità tipiche della vita laicale, affinché l'incontro con il Vangelo generi modelli capaci di proporsi per la loro intensa bellezza.
Negli ultimi tempi i fedeli laici sono stati protagonisti di un'intensa esperienza ecclesiale, che ha permesso alle diverse realtà aggregative - associazioni, movimenti e comunità di antica o di recente origine - di sperimentare la ricchezza di un percorso che avvicina le esperienze e le sensibilità, facendo scoprire a tutti il valore che l'essere insieme aggiunge alle proprie iniziative, condotte come espressione corale di una testimonianza cristiana che, pur nelle molteplici forme, attinge all'unico Vangelo ed è animata dalla stessa volontà di manifestarlo nel mondo.
Occorre accelerare il cammino intrapreso, che porta a una fisionomia laicale non omologata ne uniforme, non dispersa né contrapposta, ma animata da uno spirito di comunione che sa generare una testimonianza unitaria, benché differenziata nelle sensibilità e nelle forme.
Al di fuori della comunione, infatti, non si da autentica testimonianza cristiana.
Questo processo di convergenza e di reciprocità si manifesta in modi diversi, che vanno dalle occasioni informali che permettono la conoscenza e l'incontro fraterno, al diffondersi di prassi stabili di confronto e di collaborazione.
Un ruolo importante nel perseguire questo obiettivo spetta alle consulte delle aggregazioni laicali, promosse a livello diocesano, regionale e nazionale, a cui chiediamo di impegnarsi a rinnovare la propria fisionomia.
Un segno interessante in questa direzione è dato anche dal sorgere di alcuni organismi di coordinamento del laicato intorno a obiettivi specifici o di collegamenti promossi dai cattolici a sostegno di valori umani, come il Forum delle Associazioni familiari, l'associazione « Scienza e Vita », « RetInOpera », il Forum del Terzo settore di Associazioni di ispirazione cristiana, il Forum delle Associazioni sociosanitarie, il Forum delle Associazioni degli studenti universitari e il Coordinamento delle Associazioni per la comunicazione ( CoperCom ).
Tutte le vocazioni e i ministeri, anche se in modi diversi, sono chiamati a testimoniare la speranza cristiana in mezzo a una società in rapido cambiamento.
Da questa varietà nell'unità scaturisce il segno vivo di una comunità che si mostra come una cosa sola perché il mondo creda.
Chi si consacra al Signore per il Regno e quanti accolgono la chiamata al sacerdozio ministeriale e al diaconato permanente offrono in modo speciale la loro esistenza perché altre persone possano essere aiutate a « vedere » e « toccare » in certo modo quel Gesù che essi hanno accolto.
Perché il mondo e la Chiesa non si impoveriscano di tale presenza, occorre una nuova capacità di proposta vocazionale ai giovani, per la quale è necessario riscoprire l'esperienza della guida spirituale.
In un mondo in cui tutto è misurato secondo valori materiali, l'umanità ha bisogno di presbiteri, consacrate e consacrati che siano sempre più conformi al dono ricevuto.
Se in una vita sacerdotale o consacrata si perdesse la centralità di Dio, si svuoterebbe anche l'agire e verrebbe meno il centro che da senso a tutto.
Benediciamo il Signore e lo invochiamo per coloro che danno alla propria esistenza la forma della contemplazione e del servizio ai poveri, della carità pastorale e della configurazione a Cristo sacerdote: con la loro vita essi annunciano il mistero di Cristo e, in lui, la misura del vero umanesimo.
Indice |
28 | Lumen Gentium 9 |
29 | CEI, nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia 11 |
30 | Rito del Matrimonio, n. 88 |