L'educazione sessuale nella scuola

Indice

II. Modalità e ambiti di intervento

29. - Sulla base dei principi enunciati nella prima parte di questo documento, è importante ora proporre indicazioni operative e suggerimenti pratici capaci di orientare e guidare l'opera dei cristiani nei confronti dell'intervento scolastico in tema di educazione sessuale.

Saranno presentati due ordini di indicazioni: uno di carattere generale, che in linea di massima, può valere per ogni grado di scuola; l'altro di natura particolare, in riferimento ai diversi gradi della scuola.

Sarà proposta, infine, una breve riflessione sugli operatori dell'educazione sessuale nella scuola e sulla esigenza della loro preparazione.

A. Orientamenti generali

L'educazione sessuale non è una « materia »

30. - La prima indicazione che scaturisce dai principi sopra enunciati, è che l'educazione sessuale non può costituire, nella scuola, una « materia » da insegnare, collocata cioè accanto alle altre « discipline » e affidata a un singolo insegnante, concepita come un corso sistematico, articolato in un regolare programma obbligatorio per tutti da tenersi nell'ambito dell'orario scolastico.

Come aspetto dell'educazione integrale - al pari dell'educazione morale, sociale, intellettuale - essa chiama in causa la totalità dell'istituzione scolastica, nell'insieme delle discipline, delle attività, dei metodi, delle persone e dei rapporti educativi e culturali che congiuntamente fanno la scuola.

Ogni disciplina quindi è chiamata, per la sua parte, a contribuire a quell'opera di illuminazione, di orientamento e di guida, in cui consiste l'educazione sessuale, offrendo il proprio concorso, in vista di quella prospettiva unitaria - antropologica, etica e religiosa - in cui la sessualità umana trova il suo pieno significato.

Non sono pertanto da avallarsi, per il loro carattere riduttivo e deformante, quelle iniziative scolastiche che pretendono di risolvere questo problema, affidandone la trattazione sistematica a un solo docente ( di scienze, di filosofia, di lettere, di religione, ecc. ), o a specifici corsi « curricolari » obbligatori.

Non può essere soltanto informazione

31. - L'educazione sessuale non può essere circoscritta alla semplice informazione o istruzione.

È convinzione diffusa che l'educazione sessuale si risolva informando nel modo più « scientifico » e « oggettivo » possibile gli alunni sulla realtà sessuale.

Per molti poi tale modo di procedere riguarda quasi esclusivamente il piano « genitale » e assume un aspetto puramente anatomo- fisiologico, sanitario e, spesso, anticoncezionale.

Ora, una esatta e tempestiva informazione anche sugli aspetti anatomici, fisiologici e sanitari della sessualità, presentati in modo adatto e a tempo opportuno, fa parte integrante d'una seria educazione sessuale e ne costituisce addirittura una condizione necessaria.

Ma sarebbe un grossolano errore, una vera e propria deformazione del problema, limitare l'educazione sessuale a questi soli aspetti, dimenticando tutti gli altri.

Si può anzi affermare che una informazione prematura ed inopportuna di taluni aspetti concernenti la sessualità può riuscire gravemente dannosa allo sviluppo ordinato della personalità.

Coinvolge una concezione dell'uomo

32. - L'informazione o istruzione sessuale, anche quando si definisce rigorosamente « scientifica », non è mai « neutrale », così come non è mai « neutrale » la cultura offerta dalla scuola.

È abbastanza frequente trovare, anche all'interno della scuola, impostazioni che negano, in questo problema, qualsiasi riferimento a valori etici interpretativi della sessualità umana, per attenersi ai dati « scientifici » ( biologici, fisiologici, psicologici, sociologici ) considerati come « neutrali ».

In realtà, come nessun progetto educativo in generale è pensabile fuori da una concezione dell'uomo, così, a maggior ragione, ciò è impossibile nel complesso settore dell'educazione sessuale.

La concezione dell'uomo propone il quadro di riferimento e offre i criteri interpretativi anche della realtà sessuale.

D'altra parte l'idea della « neutralità » del fatto sessuale rientra anch'essa in una ben precisa « antropologia », tipica d'uno scientismo materialistico e agnostico, che ignora la realtà totale dell'uomo, specialmente la sua natura e dignità spirituale, riducendolo a dimensioni puramente naturalistiche.

Analoghe osservazioni sono da farsi nei confronti di una interpretazione meramente « sanitaria » dell'educazione sessuale nella misura in cui essa significa la pratica riduzione della sessualità a « genitalità », e per la mancanza di qualsiasi riferimento ai valori affettivi, etici e spirituali della sessualità umana.

Esige continuità e progressività

33. - L'educazione sessuale esige interventi continui e progressivi.

Proprio perché non si esaurisce nella semplice informazione « scientifica » sulla sessualità, ma coinvolge tutti gli aspetti della personalità, l'educazione sessuale non è risolta una volta per sempre, ma accompagna tutta la vita dell'uomo, dalla prima infanzia alla fanciullezza, alla adolescenza, alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia.

Essa esige quindi continuità e progressività d'interventi educativi, commisurati non solo all'età, ma anche alla situazione, alla diversa maturazione e al vissuto particolare della persona.

La progressività dell'azione educativa non sta perciò in una semplice graduazione quantitativa delle informazioni, ma piuttosto nel suo costante riferimento alle nuove situazioni che insorgono nel soggetto da educare, alle diverse problematiche addotte dall'età, dalla cultura, dall'ambiente, e soprattutto all'approfondimento dei valori in cui la sessualità è chiamata ad attuarsi nei diversi stati di vita.

Vuole interventi personalizzati ed individualizzati

34. - Come ogni altro aspetto del processo educativo, l'educazione sessuale vuole essere quanto più possibile personalizzata e individualizzata.

Non solo il ragazzo e la ragazza sentono e vivono la propria sessualità in modo dissimile, ma l'uno e l'altra, per una molteplicità di fattori concreti - personali, familiari, ambientali, esperienziali - reagiscono diversamente a ogni influsso educativo.

Di qui l'esigenza, non solo di prevedere interventi separati e iniziative differenziate - a certe età e per particolari problemi, per alunni e alunne - ma anche di lasciare spazi per iniziative individualizzate da affidarsi ad adulti idonei e competenti.

Implica il coinvolgimento delle singole famiglie

35. - Ogni intervento specifico e programmato ( e cioè extracurricolare ) di educazione sessuale nella scuola deve coinvolgere direttamente le singole famiglie degli alunni.

Il diritto e la responsabilità educativa primaria della famiglia nei confronti dei figli esigono che in un settore di tanta importanza tutte le famiglie degli alunni ( e non soltanto una loro rappresentanza ) siano cointeressate nelle decisioni, nell'elaborazione dei programmi, nella scelta delle persone specializzate a cui affidarne le fasi dell'attuazione.

Ciò presuppone, da parte della scuola, l'esigenza di specifiche iniziative d'informazione e di formazione, anche nei confronti dei genitori e degli stessi insegnanti, in modo da renderli sensibili al problema ed edotti dei contenuti che si intendono proporre nonché dei metodi più opportuni che si intendono seguire.

La collaborazione di « esperti »

36. - Il fatto che la scuola avverta l'esigenza ed il dovere, almeno entro determinati limiti, di intervenire nel settore dell'educazione sessuale, non significa che la scuola debba svolgere questo compito con le sole sue forze, ricorrendo cioè soltanto agli insegnanti e ai genitori di cui dispone, o nel migliore dei casi, ai componenti l'équipe medico-psicosocio-pedagogica.

Non sempre infatti il personale della scuola è in grado, per preparazione specifica - contenutistica e didattica -, di attuare convenientemente apposite iniziative di educazione sessuale.

Alcune volte sarà pertanto opportuno avvalersi anche di persone - medici, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, consulenti familiari, animatori di gruppi giovanili, sacerdoti, ecc. - non dipendenti direttamente dall'istituzione scolastica.

La loro scelta dovrà essere tuttavia accettata, oltre che dall'autorità scolastica, anche dai genitori degli alunni, e verificata in relazione ai contenuti che si ha in animo di proporre, prima e durante lo svolgimento dei piani programmati.

Le iniziative extracurricolari

37. - Considerazioni analoghe sono valide circa i tempi da destinare alle iniziative specifiche extracurricolari di educazione sessuale, e alla loro collocazione nel quadro dell'attività generale della scuola.

Non sempre cioè è opportuno che esse si svolgano durante le ore di lezione.

A volte - anche per meglio salvaguardare la libertà di partecipazione - sarà preferibile che si tengano fuori dall'orario scolastico.

Soltanto una prudente valutazione, caso per caso, può suggerire quale sia la scelta migliore da proporre.

38. - Le osservazioni precedenti e altre facilmente intuibili portano a concludere che ogni intervento scolastico nel settore dell'educazione sessuale, va rivolto a gruppi di alunni sufficientemente omogenei e non troppo numerosi, come può essere una classe o anche un gruppo di alunni provenienti da diverse classi parallele.

La partecipazione deve essere libera

39. - La partecipazione alle iniziative extracurricolari di educazione sessuale deve essere libera.

Per quanto utile e conveniente possa reputarsi, in generale, l'intervento della scuola in questo ambito educativo, tuttavia la partecipazione degli alunni alle specifiche iniziative extracurricolari può essere solo facoltativa.

È l'offerta di un servizio, non può essere obbligo.

Ogni alunno e ogni singola famiglia devono giudicare l'opportunità o no di avvalersene, in tutto o in parte.

Necessità di riferimenti anche ai valori etici e religiosi

40. - Una parola, infine, sulla globalità dell'azione educativa e sui limiti dell'esperienza scolastica.

Se - come si è più volte affermato - l'intervento della scuola anche in tema di sessualità deve avere intenti promozionali della persona, esso non può prescindere dal fare riferimento, oltre che alla dimensione culturale e sociale della sessualità, anche ai valori etici interpretativi e normativi del comportamento sessuale.

È indubbiamente l'aspetto più delicato e facile del problema, perché chiama direttamente in causa la concezione dell'uomo e della vita.

D'altra parte, la configurazione della scuola italiana d'oggi è quella di un'istituzione pluralistica, dove confluiscono e si confrontano diverse concezioni del mondo.

Pur tenendo presente che la scuola non è l'unico ambiente educativo e che ogni alunno può trovare alfrove ( famiglia, movimenti e associazioni giovanili, gruppi, parrocchia, ecc. ) il completamento della sua formazione, nella prospettiva educativa liberamente scelta, tuttavia anche la scuola è tenuta a prospettare, nel modo che le è proprio - e cioè, obiettivo e critico - il quadro completo dei riferimenti culturali e morali.

Sarebbe contraddittorio, infatti, parlare di « educazione sessuale » ove si evitasse d'illustrare anche le dimensioni sociali, culturali, morali e religiose della sessualità, adeguate ovviamente al grado di maturazione psicologica e culturale degli alunni.

La scuola non può imporre una determinata concezione etico-religiosa, ma - nel rispetto del quadro di valori morali, proposti anche dalla Costituzione - deve accogliere quelli prospettati dalle famiglie degli alunni e dalla tradizione culturale del paese, offrendone con obiettività le motivazioni che li giustificano, di modo che l'alunno sia gradualmente guidato a prendere criticamente coscienza di tutta la complessa problematica della sessualità e della validità dei principi etici che la illuminano e la reggono.

In questa visione non può mancare - anche per motivi semplicemente culturali e sociali - la presentazione motivata dell'interpretazione etico-religiosa della sessualità, propria del cristianesimo, che permetta agli alunni sia di rimuovere tanti pergiudizi sulla concezione cristiana della sessualità, sia di aprirsi alle prospettive positive dell'amore

B. Orientamenti particolari

Nella scuola materna

41. - Se già nella prima infanzia l'educazione sessuale deve farsi attenta e vigile, nella scuola materna, o della seconda infanzia, essa costituisce una mèta delle attività formative.

Il bambino manifesta già interrogativi e curiosità circa il problema della nascita e della diversità dei sessi, con modalità differenti, rispecchianti l'ambiente domestico di provenienza.

Nella scuola materna l'educazione sessuale fa corpo con il processo educativo globale del bambino.

I compiti dell'educatrice si possono, pertanto, così riassumere:

avviare una comunità di bambini e bambine, fondata sul rispetto reciproco e sulla convinzione della pari dignità personale dei sessi;

favorire un atteggiamento positivo sulla sessualità e su tutto ciò che le si riferisce;

accogliere con serenità le domande dei bambini e rispondervi con naturalezza.

Nella scuola elementare

42. - Negli anni della fanciullezza, ossia della scuola elementare, la sessualità presenta un aumento di specificità rispetto all'età precedente, secondo i principi della differenziazione e dell'integrazione.

Il fanciullo diventa un indagatore della realtà circostante e, se debitamente coadiuvato, anche della propria vita interiore.

È pertanto legittimo attendersi da lui perplessità, incertezze e nuove esigenze anche in campo sessuale.

L'educazione sessuale impartita nella scuola elementare dal maestro, dovrà svolgersi in forma occasionale, in un clima di riguardo e di dialogo.

Essa prenderà le mosse da fatti concreti, da domande rivolte dagli alunni, da letture fatte da sollecitazioni suscitate dal singolo per dar vita a conversazioni che interessano tutti.

I fini educativi che il maestro deve proporsi consistono nel presentare la vita come un dono che sboccia dall'unione del padre e della madre in un gesto d'amore;

nel favorire la convivenza di fanciulli e di fanciulle, avvalorata dal mutuo rispetto, dalla collaborazione reciproca, dalla stima vicendevole, come premessa ai compiti che li attendono in futuro;

nel far considerare la sessualità come un bene e un valore da coltivare, e perciò da proteggere da possibili deviazioni, indotte da contesti permissivi o da situazioni negative.

Nella scuola media

43. - Il triennio della scuola media inferiore è un periodo di trasformazioni psicofisiologiche, affettive, intellettuali.

Il preadolescente si fa sensibile ai cambiamenti che subisce, al richiamo dell'altro sesso, al mondo circostante saturo, in fatto di sessualità, di allegorie, allusioni e simbologie, per lui non ancora del tutto chiare.

I ragazzi di quest'età cominciano ad avvertire il significato dell'attrattiva fra i sessi e dei rapporti fra loro, sentono le prime infatuazioni reciproche, desiderano, spiegazioni più complete circa i fenomeni generali della sessualità maschile e femminile.

Gli insegnanti daranno sui singoli temi informazioni sempre più precise e appropriate alle esigenze del momento e dei singoli in relazione alla maturazione di ciascuno, non tralasciando di prestare attenzione all'ambiente socioculturale d'appartenenza.

Forniranno inoltre notizie preventive circa la fenomenologia differenziale della pubertà, per evitare a ragazzi e ragazze facili apprensioni, turbamenti interiori, false interpretazioni di essa, ossia per assisterli nell'affrontare con serenità le tipiche trasformazioni psicofisiologiche della preadolescenza.

Approfondiranno infine quell'atteggiamento positivo nei confronti della sessualità, che iniziatosi nella scuola materna e continuato nelle elementari, va precisato poi nell'adolescenza.

Occorre infatti che la sessualità s'integri progressivamente nella coscienza della persona in forma ordinata e non conflittuale.

Anche se nella preadolescenza il metodo migliore d'intervento è quello occasionale e non quello sistematico ( la qual cosa esige una sufliciente preparazione in materia da parte dei docenti ), non si escludono accanto a questo lavoro, ogni qual volta il consiglio di classe e l'assemblea dei genitori lo reputino opportuno e dispongano di uno o più esperti, incontri liberi per gruppi di preferenza omogenei ( data la disparità di maturazione psicofisiologica degli alunni e delle alunne di questa età ) oppure anche eterogenei, secondo la convenienza accertata di volta in volta.

L'importante è che i responsabili di queste iniziative siano a conoscenza della preparazione degli specialisti indicati, ma soprattutto della loro sensibilità educativa e del loro orientamento culturale.

Nella scuola secondaria superiore

44. - La scuola secondaria superiore comprende la prima adolescenza ( 14-15 anni ) e la seconda adolescenza ( 16-18 anni ), le cui differenze si palesano non tanto sul piano del pensiero astratto-formale quanto piuttosto su quello psicofisiologico e affettivo-emotivo.

Nascono le prime amicizie tra coetanei del medesimo e dell'altro sesso, erompe il desiderio di un interscambio personale con l'altro, si manifesta l'ambivalenza tra amicizia e amore, affiorano sentimenti nuovi come la donazione di sé all'altro, progetti di vita per l'avvenire, la brama d'incontri sempre più complessi e gratificanti.

Nel sottolineare l'essenziale bontà della reciproca attrattiva fra i sessi, meritevole quindi di positiva attenzione, non si può dimenticare che essa va guidata verso l'autentico progresso della personalità giovanile.

Nell'adolescenza l'educazione sessuale deve sviluppare sistematicamente gli argomenti connessi con l'anatomia e la fisiologia maschile e femminile;

rispondere alle reali esigenze e interrogativi, ora espressi ora taciuti, degli studenti;

toccare i problemi relativi al loro sviluppo psicosessuale e quelli acuiti dal contesto socioculturale in cui vivono.

La preoccupazione educativa primaria degli insegnanti e degli altri educatori che entrano in scuola, sta nell'istituire sulle realtà sessuali un discorso essenzialmente positivo: di ciò infatti hanno preminente bisogno i giovani.

Un insegnamento così impostato non ignora certo gli aspetti devianti del problema ( come l'autoerotismo, l'omosessualità, i rapporti prematrimoniali, la contraccezione ), il difficile lavoro del decondizionamento per affiancare i soggetti in difficoltà, l'abbondono in cui versano i figli di numerose famiglie e le circostanze negative di cui sono vittime; non li pone però al centro dell'attenzione degli adolescenti, che hanno bisogno di conoscere in concreto la verità e ciò che essa implica per la loro quotidiana esistenza.

L'educazione sessuale nel biennio, data la disparità di maturazione psicofisiologica dei soggetti, è da compiere in genere per gruppi sessualmente omogenei, anche se per taluni argomenti, a giudizio e degli insegnanti e dei genitori, può essere attuabile un'educazione comune.

Quest'ultima è nel triennio successivo la via generalmente più adatta per tutto ciò che concerne la sessualità.

Un argomento quanto mai sentito dagli adolescenti riguarda l'esercizio esplicito della sessualità che non si può evidentemente affrontare senza una data concezione dell'uomo e del mondo.

La risposta autenticamente umana, ripresa e approfondita dal cristianesimo, rigetta sia il libertarismo sessuale, che lascia il soggetto arbitro di sé di fronte alle sue tendenze e ai suoi impulsi, sia il relativismo, che collega tale esercizio alla raggiunta completezza psicosociale della persona, e riconosce invece che l'esercizio della sessualità trova il suo pieno significato, e pertanto la sua legittimazione e giustificazione, soltanto in quella pienezza di donazione personale che si realizza nella condizione del matrimonio.

È necessario fare intendere che siffatta concezione, la quale agli uni appare oppressiva della libertà e agli altri mortificante delle attitudini esuberanti della gioventù, trova fondamento e sostegno non solo in motivazioni religiose e morali specifiche, bensì anche nelle correnti più moderne e significative della psicologia umanistica, e si pone ultimamente al servizio degli autentici valori della persona.

C. Gli operatori

Gli insegnanti

45. - Circa l'educazione sessuale, molti in insegnanti ed educatori sono oggi in crisi per una duplice ragione.

Da una parte, avvertono la necessità d'intervenire per aiutare gli alunni in difficoltà, molte delle quali sono indotte da un ambiente sollecitante in senso negativo.

Dall'altra parte, si sentono impari ad affrontare gli argomenti in parola, per essere stati socializzati spesso in situazioni costrittive, per non avere risolto i loro problemi personali, per avere un atteggiamento avverso o problematico nei confronti della tematica sessuale, per non avere infine una preparazione adeguata in proposito.

Questa crisi è oggi aggravata da altri due elementi.

Il primo sta nel fatto che gli alunni, assai più di ieri, con estrema facilità e naturalezza rivolgono all'insegnante domande, ora semplici ora impegnative, desiderosi di avere da lui indicazioni pertinenti, o solo di conoscere il suo pensiero sui quesiti proposti.

Il secondo dipende dalla situazione in cui viene a trovarsi il docente, il quale non può più pensare che gli aspetti relativi alla sessualità siano del tutto estranei alla scuola e alla sua competenza; non può sempre dire agli alunni di rivolgersi ai genitori o ad altri educatori; non può neppure lasciarli abbandonati a loro stessi di fronte alla pubblicazione della sessualità e all'esaltazione dell'erotismo.

La loro preparazione

46. - Se questa è la nuova situazione, in cui viene a trovarsi il docente nella scuola d'oggi, occorre con urgenza che egli riveda contenuti e metodi della sua preparazione già al livello universitario.

Non è più credibile, infatti, l'assioma, secondo il quale la conoscenza della materia specifica abilita all'insegnamento.

Il futuro insegnante ha l'assoluta necessità di attingere le conoscenze fondamentali della pedagogia, intesa come teoria e scienza dell'educazione, e di acquisire contenuti sufficienti delle scienze dell'uomo, come la psicologia, la sociologia, l'antropologia culturale, ecc.

Inoltre, i futuri docenti non possono prescindere da una preparazione che li aiuti a comprendere i dinamismi evolutivi della sessualità, i mutamenti sociali e i riflessi che hanno su di essa la cultura e i suoi modellamenti sull'individuo.

Tale preparazione va tuttavia dispensata in modo da porre solide fondamenta del sapere, ma al tempo stesso da infondere il desiderio per ulteriori approfondimenti durante l'espletamento della funzione docente, ossia in guisa tale da stimolare nei giovani l'aspirazione all'autopromozione sul piano personale e professionale, mediante un continuo impegno di aggiornamento, nell'ottica dell'interdisciplinarità, delle nuove tecnologie, dell'innovazione educativa.

Gli « esperti » e la loro preparazione

47. - Analoghe osservazioni vanno fatte nei confronti dei vari specialisti ( medici, psicologi, sociologi, esperti di educazione, ecc. ) che la scuola può chiamare per l'attuazione di specifiche iniziative extracurricolari.

Anch'essi hanno bisogno di integrare la loro preparazione specializzata, universitaria e anche post-universitaria, con la conoscenza essenziale di quelle scienze umane che permetta loro di assumere la sessualità in una visione più completa e globale, in prospettiva educativa.

L'insegnante di religione

48. - Un compito particolare di illuminazione e di fondazione etica e religiosa della sessualità spetta nella scuola - sia all'interno del suo specifico insegnamento sia nell'ambito di iniziative extracurricolari - all'insegnante di religione, soprattutto se sacerdote.

La preparazione teologico-morale, l'esperienza di educatore e di formatore delle coscienze, la pratica pastorale che lo pone continuamente a contatto con le più concrete e svariate situazioni personali e familiari, fanno dell'insegnante sacerdote una persona particolarmente idonea per intervenire, con il suo apporto specifico, nel campo dell'educazione sessuale.

Tuttavia, anche il sacerdote insegnante di religione nella scuola, dovrà preoccuparsi di integrare, e di aggiornare continuamente, la sua preparazione teologico-morale circa la sessualità con la dimensione psicologica, pedagogica, culturale e sociale di essa, in una visione organica ed equilibrata.

La personalità dell'educatore

49. - Sempre per quanto concerne la funzione e il ruolo degli operatori scolastici, non va dimenticato che l'educazione sessuale costituisce un argomento di particolare complessità, perché vi è coinvolta direttamente la persona dell'adulto.

Questi raggiunge risultati positivi non soltanto per l'insieme delle conoscenze che possiede, per quanto esatte e profonde siano, ma anche per l'equilibrio psicologico della sua personalità.

L'educatore, in altri termini, per fare da guida, deve essere libero da conflitti, presentare una sana stabilità socio-emotiva, possedere una concezione unificante della vita di natura etica.

La preparazione e la collaborazione dei genitori

50. - Analogo impegno di formazione e preparazione dovrà essere svolto - con opportune iniziative - nei confronti della famiglia, affiché sia in grado di porsi in dialogo costruttivo con i docenti circa i problemi attinenti l'educazione sessuale nei vari stadi evolutivi

La famiglia potrà così acquisire una mentalità aperta e dialogante nell'attuale pluralismo scolastico, assumere posizione consapevole ed equilibrata nelle varie discussioni sulle modalità di intervento, risolvere problemi particolari, individuare iniziative di recupero in casi specifici.

L'impegno della comunità ecclesiale

51. - Questo vasto impegno di preparazione e aggiornamento degli educatori - docenti, genitori, esperti - è senza dubbio compito urgente della scuola, e delle associazioni e organismi culturali e professionali che operano all'interno di essa.

Ma è anche compito della comunità ecclesiale dare vita a iniziative organiche e sistematiche per la preparazione e formazione degli educatori in questo particolare settore, avvalendosi dell'opera delle associazioni e movimenti cattolici e dell'apporto specifico dei vari esperti dei consultòri familiari di ispirazione cristiana.

Indice