Compendio Dottrina sociale della Chiesa |
270 Il lavoro umano ha una duplice dimensione: aggettiva e soggettiva.
In senso aggettivo è l'insieme di attività, risorse, strumenti e tecniche di cui l'uomo si serve per produrre, per dominare la terra, secondo le parole del Libro della Genesi.
Il lavoro in senso soggettivo è l'agire dell'uomo in quanto essere dinamico, capace di compiere varie azioni che appartengono al processo del lavoro e che corrispondono alla sua vocazione personale: « L'uomo deve soggiogare la terra, la deve dominare, perché come "immagine di Dio" è una persona, cioè un essere soggettivo capace di agire in modo programmato e razionale, capace di decidere di sé e tendente a realizzare se stesso.
Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro ».586
Il lavoro in senso aggettivo costituisce l'aspetto contingente dell'attività dell'uomo, che varia incessantemente nelle sue modalità con il mutare delle condizioni tecniche, culturali, sociali e politiche.
In senso soggettivo si configura, invece, come la sua dimensione stabile, perché non dipende da quel che l'uomo realizza concretamente ne dal genere di attività che esercita, ma solo ed esclusivamente dalla sua dignità di essere personale.
La distinzione è decisiva sia per comprendere qual è il fondamento ultimo del valore e della dignità del lavoro, sia in ordine al problema di un'organizzazione dei sistemi economici e sociali rispettosa dei diritti dell'uomo.
271 La soggettività conferisce al lavoro la sua peculiare dignità, che impedisce di considerarlo come una semplice mercé o un elemento impersonale dell'organizzazione produttiva.
Il lavoro, indipendentemente dal suo minore o maggiore valore oggettivo, è espressione essenziale della persona, è « actus personae ».
Qualsiasi forma di materialismo e di economicismo che tentasse di ridurre il lavoratore a mero strumento di produzione, a semplice forza-lavoro, a valore esclusivamente materiale, finirebbe per snaturare irrimediabilmente l'essenza del lavoro, privandolo della sua finalità più nobile e profondamente umana.
La persona è il metro della dignità del lavoro: « Non c'è, infatti, alcun dubbio che il lavoro umano abbia un suo valore etico, il quale senza mezzi termini e direttamente rimane legato al fatto che colui che lo compie è una persona ».587
La dimensione soggettiva del lavoro deve avere la preminenza su quella aggettiva, perché è quella dell'uomo stesso che compie il lavoro, determinandone la qualità e il valore più alto.
Se manca questa consapevolezza oppure non si vuole riconoscere questa verità, il lavoro perde il suo significato più vero e profondo: in questo caso, purtroppo frequente e diffuso, l'attività lavorativa e le stesse tecniche utilizzate diventano più importanti dell'uomo stesso e, da alleate, si trasformano in nemiche della sua dignità.
272 Il lavoro umano non soltanto procede dalla persona, ma è anche essenzialmente ordinato e finalizzato ad essa.
Indipendentemente dal suo contenuto oggettivo, il lavoro deve essere orientato verso il soggetto che lo compie, perché lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro, rimane sempre l'uomo.
Anche se non può essere ignorata l'importanza della componente oggettiva del lavoro sotto il profilo della sua qualità, tale componente, tuttavia, va subordinata alla realizzazione dell'uomo, e quindi alla dimensione soggettiva, grazie alla quale è possibile affermare che il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro e che « lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro eseguito dall'uomo - fosse pure il lavoro più "di servizio", più monotono, nella scala del comune modo di valutazione, addirittura più emarginante - rimane sempre l'uomo stesso ».588
273 Il lavoro umano possiede anche un'intrinseca dimensione sociale.
Il lavoro di un uomo, infatti, si intreccia naturalmente con quello di altri uomini: « Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri: è un fare qualcosa per qualcuno ».589
Anche i frutti del lavoro offrono occasione di scambi, di relazioni e d'incontro.
Il lavoro, pertanto, non si può valutare giustamente se non si tiene conto della sua natura sociale: « giacché se non sussiste un corpo veramente sociale e organico, se un ordine sociale e giuridico non tutela l'esercizio del lavoro, se le varie parti, le une dipendenti dalle altre, non si collegano fra di loro e mutuamente non si compiono, se, quel che è di più, non si associano, quasi a formare una cosa sola, l'intelligenza, il capitale, il lavoro, l'umana attività non può produrre i suoi frutti, e quindi non si potrà valutare giustamente ne retribuire adeguatamente, dove non si tenga conto della sua natura sociale e individuale ».590
274 Il lavoro è anche « un obbligo cioè un dovere dell'uomo ».591
L'uomo deve lavorare sia perché il Creatore gliel'ha ordinato, sia per rispondere alle esigenze di mantenimento e sviluppo della sua stessa umanità.
Il lavoro si profila come obbligo morale in relazione al prossimo, che è in primo luogo la propria famiglia, ma anche la società, alla quale si appartiene, la Nazione, della quale si è figli o figlie, l'intera famiglia umana, di cui si è membri: siamo eredi del lavoro di generazioni e insieme artefici del futuro di tutti gli uomini che vivranno dopo di noi.
275 Il lavoro conferma la profonda identità dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio: « Diventando - mediante il suo lavoro - sempre di più padrone della terra, e confermando - ancora mediante il lavoro - il suo dominio sul mondo visibile, l'uomo, in ogni caso ed in ogni fase di questo processo, rimane sulla linea di quell'originaria disposizione del Creatore, la quale resta necessariamente e indissolubilmente legata al fatto che l'uomo è stato creato, come maschio e femmina, "a immagine di Dio" ».592
Ciò qualifica l'attività dell'uomo nell'universo: egli non ne è il padrone, ma il fiduciario, chiamato a riflettere nel proprio operare l'impronta di Colui del quale egli è immagine.
Indice |
586 | Giovanni Paolo II, Laborem Exercens 6 |
587 | Giovanni Paolo II, Laborem Exercens 6 |
588 | Giovanni Paolo II,
Laborem Exercens 6 Cat. Chiesa Cat. 2428 |
589 | Giovanni Paolo II, Centesimus Annus 31 |
590 | Pio XI, Quadragesima anno |
591 | Giovanni Paolo II, Laborem Exercens 16 |
592 | Giovanni Paolo II, Laborem Exercens 4 |