Rerum novarum |
45 Ecco, venerabili fratelli, da chi e in che modo si debba concorrere alla soluzione di sì arduo problema.
Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi, perché il ritardo potrebbe rendere più difficile la cura di un male già tanto grave.
I governi vi si adoperino con buone leggi e saggi provvedimenti;
i capitalisti e padroni abbiano sempre presenti i loro doveri;
i proletari, che vi sono direttamente interessati, facciano, nei limiti del giusto, quanto possono;
e poiché, come abbiamo detto da principio, il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione, si persuadano tutti quanti della necessità di tornare alla vita cristiana, senza la quale gli stessi argomenti stimati più efficaci, si dimostreranno scarsi al bisogno.
Quanto alla Chiesa, essa non lascerà mancare mai e in nessun modo l'opera sua, la quale tornerà tanto più efficace quanto più sarà libera, e di questo devono persuadersi specialmente coloro che hanno il dovere di provvedere al bene dei popoli.
Vi pongano tutta la forza dell'animo e la generosità dello zelo i ministri del santuario; e guidati dall'autorità e dall'esempio vostro, venerabili fratelli, non si stanchino di inculcare a tutte le classi della società le massime del Vangelo; impegnino le loro energie a salvezza dei popoli, e soprattutto alimentino in sé e accendano negli altri, nei grandi e nei piccoli, la carità, signora e regina di tutte le virtù.
La salvezza desiderata dev'essere principalmente frutto di una effusione di carità; intendiamo dire quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo e che, pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo, è il più sicuro antidoto contro l'orgoglio e l'egoismo del secolo.
Già san Paolo ne tratteggiò i lineamenti con quelle parole: La carità è longanime, è benigna; non cerca il suo tornaconto: tutto soffre, tutto sostiene. ( 1 Cor 13,4-7 )
Auspice dei celesti favori e pegno della nostra benevolenza, a ciascuno di voi, venerabili fratelli, al vostro clero e al vostro popolo, con grande affetto nel Signore impartiamo l'apostolica benedizione.
Dato a Roma presso san Pietro, il giorno 15 maggio 1891, anno decimo del nostro pontificato.
Leone XIII
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