Miserentissimus Redemptor
Introduzione
1 - Il Redentore divino presente alla sua Chiesa sempre …
2 - … ma in modo speciale nei tempi più critici
3 - Argomento dell'Enciclica: la riparazione
La rivelazione del Cuore di Gesù per i nostri tempi
4 - Nel S. Cuore rivelate le ricchezze della bontà divina
5 - Il Cuore di Gesù vessillo di pace e di amore
6 - Nel Cuore di Gesù tutte le nostre speranze
7 - Il Cuore di Gesù compendio della religione
8 - Provvidenziale l'incremento di questa devozione
La consacrazione al Cuore di Gesù
9 - Significato della consacrazione
10 - La consacrazione argine contro l'empietà dilagante
11 - Consacrazione riaffermata con la festa di Cristo Re
La riparazione
12 - Alla consacrazione segue la riparazione
13 - Richiesta dalla giustizia e dall'amore
14 - Dovere che grava su tutto il genere umano
15 - La riparazione adeguata fu offerta dal Redentore
16 - È richiesta però anche la nostra riparazione
17 - … che ha valore per l'unione al sacrificio di Cristo
18 - Tutti i cristiani partecipi del sacerdozio di Cristo …
19 - … e per l'unione in Cristo si aiutano a vicenda
La riparazione nel culto al Cuore di Gesù
20 - La riparazione nell'intenzione di Gesù
21 - Preminenza della riparazione nel culto al S. Cuore
22 - Atti di riparazione richiesti da Gesù stesso
23 - Come si può consolare il Cuore di Gesù glorioso
24 - Si consola Gesù anche nelle sue membra sofferenti
La riparazione richiesta per i nostri tempi
25 - Offensiva attuale contro Dio e la cristianità
26 - Deficienze tra i cristiani
27 - Ci sono però anche confortanti reazioni
28 - Atto di riparazione da farsi nella festa del S. Cuore
29 - Frutti che si sperano
30 - Sia propizia Maria Riparatrice
31 - L'apostolica benedizione
Atto di riparazione al Cuore Sacratissimo di Gesù
Il nostro misericordiosissimo Redentore, dopo aver compiuto sul legno della croce la salvezza del genere umano, prima di ascendere da questo mondo al Padre, nell'intento di sollevare gli apostoli e i discepoli dalla loro afflizione, disse: a Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" ( Mt 28,20 ).
Parole assai gradite e fonte di ogni speranza e di ogni sicurezza, che vengon da sé alla Nostra mente, Venerabili Fratelli, quando da questa, per chiamarla così, più alta specola, osserviamo la società umana afflitta da tanti mali e miserie, non che la Chiesa fatta oggetto, senza intermittenza, di attacchi e di insidie.
Questa divina promessa, che sollevò gli animi abbattuti degli apostoli e così rianimati li accese e li infervorò di zelo per andare a spargere su tutta la terra il seme della dottrina evangelica, ha anche sostenuto in seguito la Chiesa, fino a farla prevalere sulle potenze degli inferi.
Sempre il Signore Gesù Cristo ha assistito la sua Chiesa, ma più potente è stato il suo aiuto e più efficace la sua protezione quando la Chiesa s'è trovata in pericoli e sciagure più gravi.
Fu allora che nella sua divina sapienza, che "si estende da un confine all'altro con forza e governa con bontà eccellente ogni cosa" ( Sap 8,1 ), offrì i rimedi più adatti alle esigenze dei tempi e delle circostanze.
E non "si è accorciata la mano del Signore" ( Is 59,1 ) in tempi a noi più vicini, come quando penetrò e largamente si diffuse l'errore che faceva temere che negli animi degli uomini, allontanati dall'amore e dalla familiarità con Dio, venissero a inaridirsi le fonti della vita cristiana.
C'è nel popolo cristiano chi ignora o non si cura di quel che l'amatissimo Gesù ha lamentato nelle sue apparizioni a Margherita Maria Alacoque e quel che ha indicato di aspettare e volere dagli uomini, in vista del loro stesso vantaggio.
Perciò vogliamo, Venerabili Fratelli, trattenerci alquanto con voi a parlare di quella giusta riparazione che abbiamo il dovere di compiere verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, affinché ciascuno di voi procuri diligentemente di insegnare ed esortare il proprio gregge a mettere in pratica quel che abbiamo in animo di esporvi.
Fra le testimonianze della benignità infinita del nostro Redentore, emerge in maniera particolare il fatto che mentre nei cristiani s'andava raffreddando l'amore verso Dio, è stata proposta la stessa carità divina ad essere onorata con speciale culto, e sono state chiaramente rivelate le ricchezze di questa bontà divina per mezzo di quella forma di devozione con cui si onora il Cuore Sacratissimo di Gesù, "nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" ( Col 2,3 ).
Infatti, come un tempo al genere umano che usciva dall'arca di Noè, Dio volle far risplendere "l'arcobaleno che appare sulle nubi" ( Gen 2,14 ), in segno di alleanza e d'amicizia, così negli agitatissimi tempi più recenti, quando serpeggiava l'eresia giansenista - la più insidiosa fra tutte, nemica dell'amore e della pietà verso Dio - che predicava un Dio non da amarsi come padre ma da temersi come giudice implacabile, il benignissimo Gesù mostrò agli uomini il suo Cuore Sacratissimo, quasi vessillo spiegato di pace e di amore preannunziando certa vittoria nella battaglia.
Perciò, molto a proposito, il nostro predecessore di f.m., Leone XIII, nella sua Lettera Enciclica " Annum Sacrum" osservando la meravigliosa opportunità del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, non dubitò di affermare: "Quando la Chiesa nascente era oppressa dal giogo dei Cesari, apparve in cielo al giovine imperatore una croce, auspice e in pari tempo autrice della splendida vittoria che seguì immediatamente.
Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro consolantissimo e divinissimo segno: il Cuore Sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce, rilucente di splendidissimo candore tra le fiamme.
In esso sono da collocarsi tutte le speranze, da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell'umanità".
Ed è giusto, Venerabili Fratelli, infatti, in quel felicissimo segno e in quella forma di devozione che ne deriva, non è forse contenuto il compendio dell'intera religione e quindi la norma d'una vita più perfetta, dal momento che essa costituisce la via più spedita per condurre le menti a conoscere profondamente Cristo Signore e il mezzo più efficace per muovere gli uomini ad amarlo più intensamente e a imitarlo più fedelmente?
Nessuna meraviglia, dunque, che i nostri predecessori abbiano sempre difeso questa ottima forma di culto dalle accuse dei denigratori e l'abbiano esaltata con grandi lodi e propagata con grande impegno, secondo le esigenze dei tempi e delle circostanze.
Ed è per ispirazione divina che la devozione dei fedeli verso il Cuore Sacratissimo di Gesù è andata crescendo di giorno in giorno, sono sorte pie Associazioni per promuovere il culto al divin Cuore, come pure la pratica, oggi largamente diffusa, di fare la Comunione ogni primo venerdì del mese, secondo il desiderio espresso da Gesù stesso.
Tra gli atti che sono propri del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, emerge - ed è da rammentarsi - la consacrazione, con la quale offriamo al Cuore divino di Gesù noi e tutte le nostre cose, riferendole all'eterna carità di Dio, da cui le abbiamo ricevute.
E fu lo stesso Salvatore, il quale, mosso dal suo immenso amore per noi più che dal diritto che ne aveva, manifestò alla innocentissima discepola del suo Cuore, Margherita Maria quanto bramasse che tale ossequio di devozione gli venisse tributato dagli uomini.
E lei per prima, insieme al suo padre spirituale Claudio de la Colombière, fece questa Consacrazione.
Col tempo l'esempio fu seguito da singole persone, da famiglie private e associazioni, e poi anche da autorità civili, città e nazioni.
In passato, e anche nel nostro tempo, per l'azione cospiratrice di uomini empi, s'è giunti a negare la sovranità di Cristo Signore e a dichiarare apertamente guerra alla Chiesa con la promulgazione di leggi e mozioni popolari contrarie al diritto divino e naturale, fino al grido di intere masse: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi" ( Lc 19,14 ).
Ma dalla consacrazione, di cui abbiamo parlato, erompeva e faceva vivo contrasto la voce unanime dei devoti de] S. Cuore, intesa a rivendicarne la gloria e affermare i suoi diritti: a Bisogna che Cristo regni" ( 1 Cor 15,25 ), "Venga il tuo regno"! Di qui il gioioso avvenimento della consacrazione al Cuore Sacratissimo di Gesù di tutto il genere umano - che per diritto nativo appartiene a Cristo, nel quale si ricapitolano tutte le cose ( Ef 1,10 ) - che all'inizio di questo secolo, tra il plauso di tutto il mondo cristiano, fu compiuta dal nostro predecessore Leone XIII di f.m.
Queste felici e confortanti iniziative, Noi stessi, come dicemmo nella nostra Enciclica "Quas primas" abbiamo condotto, per grazia di Dio, a pieno compimento, quando aderendo agli insistenti desideri e voti di moltissimi Vescovi e fedeli, al termine dell'anno giubilare, abbiamo istituito la Festa di Cristo Re dell'universo, da celebrarsi solennemente da tutto il mondo cristiano.
Con questo atto non solo mettemmo in luce la suprema autorità che Cristo ha su tutte le cose, nella società sia civile che domestica e sui singoli uomini, ma pregustammo pure la gioia di quell'auspicatissimo giorno in cui il mondo intero, liberamente e coscientemente, si sottometterà al dominio soavissimo di Cristo Re.
Perciò ordinammo pure che in occasione di tale festa, ogni anno si rinnovasse questa consacrazione, nell'intento di raccoglierne più sicuramente e più copiosamente il frutto, e stringere nel Cuore del Re dei re e Sovrano dei dominatori, tutti i popoli, in cristiana carità e comunione di pace.
A questi ossequi, e in particolare a quello della consacrazione - tanto fruttuosa in sé e che è stata come riconfermata con la solennità di Cristo Re - conviene che se ne aggiunga un altro, del quale, Venerabili Fratelli, vogliamo parlarvi alquanto più diffusamente: del dovere, cioè, della giusta soddisfazione o riparazione al Cuore Sacratissimo di Gesù.
Nella consacrazione s'intende, principalmente, ricambiare l'amore del Creatore con l'amore della creatura; ma quando questo amore increato è stato trascurato per dimenticanza o oltraggiato con l'offesa, segue naturalmente il dovere di risarcire le ingiurie qualunque sia il modo con cui sono state recate.
È quel dovere che comunemente chiamiamo "riparazione".
Sono le medesime ragioni che ci spingono sia alla consacrazione che alla riparazione.
Vero è però che al dovere della riparazione e dell'espiazione siamo tenuti per un titolo più forte di giustizia e di amore.
Di giustizia, perché dobbiamo espiare l'offesa recata a Dio con le nostre colpe e ristabilire con la penitenza l'ordine violato; di amore al fine di patire insieme con Cristo sofferente e "saturato di obbrobri" e recargli, per quanto può la nostra debolezza, qualche conforto.
Siamo, infatti, peccatori e gravati di molte colpe; dobbiamo perciò rendere onore al nostro Dio non solo con quel culto che è diretto sia ad adorare, con i dovuti ossequi, la sua Maestà infinita, sia a riconoscere, mediante la preghiera, il suo supremo dominio e a lodare, con azioni di grazie, la sua infinita generosità; ma è necessario inoltre che offriamo anche a Dio giusto vindice, soddisfazioni per i nostri "innumerevoli peccati, offese e negligenze".
Per questo, alla consacrazione per mezzo della quale ci offriamo a Dio e diventiamo a lui sacri - con quella santità e stabilità che è propria della consacrazione, come insegna l'Angelico1 - si deve aggiungere l'espiazione al fine di estinguere totalmente le colpe, affinché l'infinita santità e giustizia di Dio non abbia a rigettare la nostra proterva indegnità e rifiuti, anzi che gradire, il nostro dono.
Questo dovere di espiazione grava su tutto il genere umano, giacché, come insegna la fede cristiana, dopo la funesta caduta di Adamo, l'umanità, macchiata della colpa ereditaria, soggetta alle passioni e in stato di grave depravazione, avrebbe dovuto finire nell'eterna rovina.
Non ammettono questo stato di cose i superbi sapienti del nostro tempo, i quali, seguendo il vecchio errore di Pelagio, rivendicano alla natura umana una bontà congenita, che di suo interno impulso spingerebbe a perfezione sempre maggiore.
Ma queste false invenzioni della superbia umana sono respinte dall'Apostolo che ammonisce che a eravamo per natura meritevoli d'ira" ( Ef 2,3 ).
E di fatti, fin dagli inizi, gli uomini, hanno riconosciuto in qualche modo il debito che avevano d'una comune espiazione e mossi da naturale istinto si adoperarono a placare Dio anche con pubblici sacrifici.
Nessuna potenza creata però era sufficiente ad espiare le colpe degli uomini, se il Figlio di Dio non avesse assunto la natura umana per redimerla.
È ciò che lo stesso Salvatore degli uomini annunziò per bocca del Salmista: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo" ( Eb 10,5-7 ).
E realmente "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; è stato trafitto per i nostri delitti" ( Is 53,4-5 ).
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce" ( 1 Pt 2,24 ), "annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli.
Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce" ( Col 2,14 ), "perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia" ( 1 Pt 2,24 ).
È vero che la copiosa redenzione di Cristo ci ha abbondantemente perdonato tutti i peccati ( Col 2,13 ), tuttavia, in forza di quella mirabile disposizione della divina Sapienza per cui si deve completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa ( Col 1,24 ), noi possiamo, anzi dobbiamo aggiungere le nostre lodi e soddisfazioni alle lodi e soddisfazioni che "Cristo tributò in nome dei peccatori".
Si deve però sempre tenere a mente che tutto il valore espiatorio dipende dall'unico sacrificio cruento di Cristo, che senza intermittenza si rinnova nei nostri altari.
Infatti "una sola e identica è la vittima, il medesimo è l'offerente che un tempo si offrì sulla croce e che ora si offre mediante il ministero dei sacerdoti; differente è solo il modo di offrire".2
A questo augustissimo sacrificio Eucaristico, perciò, si deve unire l'immolazione sia dei ministri che dei fedeli, in modo che anch'essi si dimostrino a ostie viventi, sante e gradite a Dio" ( Rm 12,1 ).
Anzi S. Cipriano non dubita di affermare che "non si celebra il sacrificio di Cristo con la conveniente santificazione, se alla passione di Cristo non corrisponde la nostra offerta e il nostro sacrificio".3
Perciò ci ammonisce l'Apostolo che "portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù" ( 2 Cor 4,10 ), e sepolti con Cristo e completamente uniti a lui con una morte simile alla sua ( Rm 6,4-5 ), non solo crocifiggiamo la nostra carne con le sue passioni e i suoi desideri ( Gal 5,24 ) a fuggendo alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza" ( 2 Pt 1,4 ), ma anche che "la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" ( 2 Cor 4,10 ) e resi partecipi del suo sacerdozio eterno, offriamo "doni e sacrifici per i peccati" ( Eb 5,1 ).
Partecipi di questo misterioso sacerdozio e dell'ufficio di offrire soddisfazioni e sacrifici, non sono soltanto quelle persone delle quali il nostro Pontefice Cristo Gesù si serve come ministri per offrire l'oblazione pura al Nome divino, dall'oriente all'occidente in ogni luogo ( Ml 1,11 ), ma tutti i cristiani - chiamati a ragione dal Principe degli Apostoli "stirpe eletta, il sacerdozio regale" ( 1 Pt 2,9 ) - devono offrire per i peccati propri e per quelli di tutto il genere umano ( Eb 5,2 ), a un di presso come ogni sacerdote e pontefice "scelto fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" ( Eb 5,1 ).
E quanto più perfettamente la nostra oblazione e il nostro sacrificio saranno conformi al sacrificio del Signore - cosa che si compie immolando il nostro amor proprio e le nostre passioni e crocifiggendo la carne con quel genere di crocifissione di cui parla l'Apostolo - tanto più copiosi saranno i frutti di propiziazione e di espiazione che raccoglieremo per noi per gli altri.
C'è, infatti, un mirabile legame dei fedeli con Cristo, simile a quello che vige tra il capo e le membra del corpo.
Parimenti, per quella misteriosa comunione dei Santi, che professiamo per fede cattolica, sia gli uomini singoli che i popoli, non solo sono uniti fra loro, ma anche con Colui "che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità" ( Ef 4,15-16 ).
Che è quel che lo stesso Mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù, vicino a morire, domandò al Padre: "Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità" ( Gv 17,23 ).
La consacrazione esprime e rende stabile l'unione con Cristo; l'espiazione inizia questa unione con la purificazione dalle colpe, la perfeziona partecipando alle sofferenze di Cristo e la porta all'ultimo culmine offrendo sacrifici per i fratelli.
Tale appunto fu l'intenzione che il misericordioso Signore Gesù ci volle far conoscere nel mostrare il suo Cuore con le insegne della passione e le fiamme indicanti l'amore, che cioè riconoscendo noi da una parte l'infinita malizia del peccato e dall'altra ammirando l'infinita carità del Redentore, detestassimo più vivamente il peccato e rispondessimo con maggior ardore al suo amore.
Lo spirito di espiazione e di riparazione ha avuto sempre la prima e principale parte nel culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, e tale spirito è senza dubbio il più conforme all'origine, all'indole, all'efficacia e alle pratiche proprie di questa devozione, come appare dalla storia, dalla prassi, dalla liturgia e dagli atti dei Sommi Pontefici.
Infatti, nel manifestarsi a Margherita Maria, Gesù, mentre proclamava l'immensità del suo amore, al tempo stesso, in atteggiamento di addolorato, si lamentò dei molti e gravi oltraggi che gli venivano recati dagli uomini ingrati, e pronunziò queste parole che dovrebbero rimanere sempre scolpite nelle anime pie e mai dimenticate: "Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e li ha ricolmati di ogni genere di benefici, e che in cambio del suo amore infinito non solo non ha avuto alcuna gratitudine, ma, al contrario, dimenticanza, indifferenza, oltraggi, e questi recati, a volte, anche da coloro che sono tenuti per dovere, a rispondere con uno speciale amore".
In riparazione di tali colpe, tra le molte altre cose, raccomandò questi atti, a Lui graditissimi; che cioè i fedeli, con l'intenzione di riparare si accostassero alla S. Comunione - chiamata perciò "Comunione riparatrice" - e compissero atti e preghiere di riparazione per un'ora intera, che per questo viene giustamente chiamata "Ora santa".
Tali pratiche la Chiesa non solo le ha approvate ma le ha anche arricchite di favori spirituali.
Ma, se Cristo regna ora glorioso in cielo, come può venir consolato da questi nostri atti di riparazione?
"Dà un'anima amante, e comprenderà ciò che dico", rispondiamo con le parole di S. Agostino4 che qui vengono a proposito.
Infatti, un'anima ardente di amor di Dio, guardando il passato vede e contempla Gesù affaticato per il bene dell'umanità, addolorato e sottoposto alle prove più dure; lo vede "per noi uomini e per la nostra salvezza" oppresso da tristezza, angoscia, quasi annientato dagli obbrobri, "schiacciato per le nostre iniquità" ( Is 53,5 ) e che con le sue piaghe ci guarisce.
Queste cose le anime pie le meditano con maggiore aderenza alla realtà per il fatto che i peccati e i delitti, in qualsiasi tempo siano stati commessi, costituiscono la causa per cui il Figlio di Dio fu dato a morte, e anche al presente cagionerebbero a Cristo la morte accompagnata dai medesimi dolori ed angosce, dal momento che ogni peccato rinnova in qualche modo la passione del Signore: "Per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all'infamia" ( Eb 6,6 ).
Pertanto, se a motivo dei nostri peccati che sarebbero stati commessi nel futuro, ma che furono previsti allora, l'anima di Cristo divenne triste fino alla morte, non vi può esser dubbio che abbia provato anche qualche conforto già da allora a motivo della nostra riparazione anch'essa prevista, quando "gli apparve un angelo dal cielo" ( Lc 22,43 ) per consolare il suo Cuore oppresso dalla tristezza e dall'angoscia.
Sicché, anche ora, in modo mirabile ma vero, noi possiamo e dobbiamo consolare quel Cuore Sacratissimo che viene continuamente ferito dai peccati degli uomini ingrati.
Ed è Cristo stesso, come si legge nella Liturgia, che si duole per bocca del Salmista dell'abbandono dei suoi amici: "L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati" ( Sal 69,21 ).
A ciò s'aggiunga che la passione espiatrice di Cristo si rinnova e in certo modo continua e si completa nel suo corpo mistico, che è la Chiesa.
Infatti, per servirci ancora delle parole di S. Agostino, "Cristo patì tutto quello che doveva patire; ormai nulla più manca al numero dei patimenti.
Dunque i patimenti sono completi, ma nel capo; rimanevano ancora le sofferenze di Cristo da compiersi nel corpo".5
Che è quel che il Signore Gesù stesso ha voluto dichiarare quando, parlando a Saulo "sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli" ( At 9,1 ), disse: "Io sono Gesù, che tu perseguiti" ( At 9,5 ).
Con ciò significò chiaramente che le persecuzioni mosse alla Chiesa, andavano a colpire e affliggere lo stesso capo della Chiesa.
Giusto, dunque, che Cristo, sofferente ancora adesso nel suo corpo mistico, voglia averci compagni della sua espiazione, cosa che richiede la stessa nostra unione con Lui, perché essendo noi "corpo di Cristo e sue membra" ( 1 Cor 12,27 ), ciò che soffre il capo bisogna che con lui soffrano anche le membra ( 1 Cor 12,26 ).
Quanto sia urgente, specialmente in questo nostro tempo, l'espiazione o riparazione appare manifesto, come abbiamo detto all'inizio, a chiunque osservi con gli occhi e la mente questo mondo che giace sotto il potere del maligno" ( 1 Gv 5,19 ).
Da ogni parte giunge a Noi il grido di popoli afflitti, dove capi e governanti sono, nel vero senso, insorti e congiurano insieme contro il Signore e contro la sua Chiesa ( Sal 2,2 ).
Vediamo in quelle regioni calpestato ogni diritto divino e umano.
I templi demoliti e distrutti, i religiosi e le sacre vergini cacciati dalle loro case, insultati, tormentati, affamati, imprigionati; strappati dal grembo della madre Chiesa schiere di fanciulli e fanciulle, spinti a negare e a bestemmiare Cristo e a commettere i peggiori crimini di lussuria; il popolo cristiano gravemente minacciato e oppresso, e in continuo pericolo di apostatare dalla fede o andare incontro a morte anche la più atroce.
Cose tanto tristi, che con tali avvenimenti sembra si preannunzi e si anticipi fin da ora "l'inizio dei dolori", quali apporterà "l'uomo iniquo che s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto" ( 2 Ts 2,4 ).
Ma è ancor più doloroso il fatto, Venerabili Fratelli, che tra gli stessi cristiani, lavati col sangue dell'Agnello immacolato nel battesimo e arricchiti della sua grazia, ce ne siano tanti, appartenenti ad ogni classe, i quali ignorando in maniera incredibile le verità divine e infetti da false dottrine, vivono una vita viziosa, lontana dalla casa del Padre; una vita che non è illuminata dalla vera fede, non confortata dalla speranza nella futura beatitudine, non sostenuta né ravvivata dall'ardore della carità, sicché sembra davvero che costoro siano nelle tenebre e nell'ombra di morte.
Inoltre, va sempre più crescendo tra i fedeli la noncuranza della disciplina ecclesiastica e delle antiche istituzioni, da cui è sorretta tutta la vita cristiana, regolata la società domestica e difesa la santità del matrimonio.
Trascurata affatto è poi o deformata da troppe delicatezze e lusinghe l'educazione dei fanciulli e perfino tolta alla Chiesa la facoltà di educare cristianamente la gioventù.
Il pudore cristiano purtroppo dimenticato nel modo di vivere e di vestire, specialmente nelle donne.
Insaziabile la cupidigia dei beni transitori, gli interessi civili predominanti, sfrenata la ricerca del favore popolare rifiutata la legittima autorità, disprezzata la parola di Dio, per cui la fede stessa vacilla o è messa in grave pericolo.
Al complesso di questi mali si aggiunge l'ignavia e l'infingardaggine di coloro che, a somiglianza degli apostoli addormentati o fuggitivi, mal fermi nella fede, abbandonano Cristo oppresso dai dolori e circondato dai satelliti di Satana.
E c'è anche la perfidia di coloro che seguendo l'esempio di Giuda traditore, con sacrilega temerarietà si accostano all'altare o passano al campo nemico.
E così, anche senza volerlo, si presenta alla mente il pensiero che si stiano avvicinando i tempi predetti dal Signore: "Per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà" ( Mt 24,12 ).
Riflettendo su queste cose i buoni fedeli, infiammati d'amore per Cristo sofferente, non potranno fare a meno di dedicarsi ad espiare con maggiore impegno le proprie colpe e quelle commesse da altri, risarcire l'onore di Cristo e promuovere la salvezza delle anime.
E possiamo davvero descrivere la nostra età adattando in qualche modo il detto dell'Apostolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" ( Rm 5,20 ).
Infatti, è vero che è cresciuta di molto la perversità degli uomini, ma è anche vero che va meravigliosamente aumentando, per impulso dello Spirito Santo, il numero dei fedeli dell'uno e dell'altro sesso, i quali con animo volenteroso si adoperano a dare soddisfazione al divin Cuore per tante ingiurie che gli si recano e giungono anche ad offrire a Cristo le loro stesse persone come vittime.
Certo che chi riflette con spirito di amore a quanto abbiamo fin qui rammentato e l'imprime, per così dire, nell'intimo del cuore, arriverà non solo ad aborrire il peccato come il sommo dei mali e a fuggirlo, ma anche ad abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio e risarcire l'onore leso della divina Maestà con la preghiera assidua, le volontarie penitenze e col sopportare pazientemente le eventuali calamità, fino a vivere tutta la vita in spirito di riparazione.
E così che sono sorte molte famiglie religiose di uomini e di donne, le quali, con ambito servizio, si propongono di fare in qualche modo, giorno e notte, le veci dell'Angelo che conforta Gesù nell'orto.
Di qui pure le pie associazioni di uomini, approvate dalla Sede Apostolica e arricchite di indulgenze, che si assumono il compito dell'espiazione con opportuni esercizi di pietà e atti di virtù.
Di qui, infine, per non parlare di altre, quelle pratiche religiose e solenni attestazioni d'amore, introdotte allo scopo di riparare l'onore divino violato, usate frequentemente non solo da singoli fedeli ma anche da parrocchie, diocesi e città.
Ebbene, Venerabili Fratelli, come la pratica della consacrazione, cominciata da umili inizi e poi largamente diffusasi, ha raggiunto lo splendore desiderato con la nostra conferma, così grandemente bramiamo che la pratica di questa espiazione o riparazione, già da tempo santamente introdotta e propagata, abbia con la nostra apostolica autorità il più fermo suggello e diventi più solenne e universale nel mondo cattolico.
Stabiliamo perciò e ordiniamo che tutti gli anni, nella festa del Cuore Sacratissimo di Gesù - che in questa occasione abbiamo disposto che sia elevata al grado di doppio di prima classe con ottava - in tutte le Chiese del mondo si reciti solennemente, con la formula di cui uniamo esemplare in questa Lettera, la preghiera espiatrice o ammenda onorevole, com'è chiamata, per esprimere con essa il pentimento delle nostre colpe e risarcire i diritti violati di Cristo sommo Re e Signore amatissimo.
Non dubitiamo, Venerabili Fratelli, che da questa pratica santamente rinnovata ed estesa a tutta la Chiesa, molti e segnalati siano i beni che ne verranno non solo alle singole persone, ma anche alla società religiosa, civile e domestica.
Lo stesso Redentore nostro, infatti, ha promesso a Margherita Maria che "avrebbe colmato con l'abbondanza delle sue grazie celesti tutti coloro che avessero reso questo onore al suo Cuore".
I peccatori "volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto" ( Gv 19,37 ) e commossi dai gemiti e dalle lacrime di tutta la Chiesa, pentiti per le ingiurie recate al Sommo Re, "rientreranno in se stessi" ( Is 46,8 ), perché non avvenga che ostinandosi nei loro peccati, quando vedranno "venire sulle nubi del cielo" ( Mt 26,64 ) colui che trafissero, troppo tardi e inutilmente piangano su di Lui ( Ap 1,7 ).
I giusti diventeranno più giusti e più santi ( Ap 22,11 ) e si consacreranno con rinnovato fervore al servizio del loro Re che vedono tanto disprezzato e combattuto e oggetto di tante e così gravi ingiurie.
Soprattutto s'infiammeranno di zelo per la salvezza delle anime, nel meditare il lamento della vittima divina: "Quale vantaggio dal mio sangue" ( Sal 30,10 ), e nel riflettere al gaudio che avrà quel Sacratissimo Cuore "per un peccatore convertito" ( Lc 15,7 ).
Ma quel che principalmente desideriamo e speriamo è che la giustizia divina, la quale per dieci giusti avrebbe usato misericordia e perdonato a Sodoma, molto più voglia perdonare a tutto il genere umano, in vista delle suppliche e delle riparazioni che dappertutto innalza la comunità dei fedeli, insieme con Cristo Mediatore e Capo.
Sia propizia a questi nostri voti e a queste nostre disposizioni la benignissima Vergine Madre di Dio, la quale col dare alla luce il nostro Redentore, col nutrirlo e offrirlo come vittima sulla croce, per la mirabile unione con Cristo e per sua grazia del tutto singolare, è divenuta anch'essa Riparatrice e come tale è piamente invocata.
Noi confidiamo nella sua intercessione presso Cristo, il quale pur essendo il solo "Mediatore fra Dio e gli uomini" ( 1 Tm 2,5 ) volle associarsi la Madre come avvocata dei peccatori, dispensatrice e mediatrice di grazia.
Auspice dei divini favori e in testimonianza della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, e all'intero gregge affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore l'apostolica benedizione.
Dato a Roma presso S. Pietro, il giorno 8 del mese di maggio dell'anno 1928, settimo del nostro Pontificato.
Pio XI
Prostrati dinanzi al tuo altare, noi intendiamo riparare con particolari attestazioni di onore una così indegna freddezza e le ingiurie con le quali da ogni parte viene ferito dagli uomini il tuo amatissimo Cuore.
Gesù dolcissimo: il tuo amore immenso per gli uomini viene purtroppo, con tanta ingratitudine, ripagato di oblio, di trascuratezza, di disprezzo.
Memori però che pure noi altre volte ci macchiammo di tanta ingratitudine, ne sentiamo vivissimo dolore e imploriamo la tua misericordia.
Desideriamo riparare con volontaria espiazione non solo i peccati commessi da noi, ma anche quelli di coloro che, errando lontano dalla via della salvezza, ricusano di seguire Te come pastore e guida, ostinandosi nella loro infedeltà, o, calpestando le promesse del Battesimo, hanno scosso il soavissimo giogo della tua legge.
E mentre intendiamo espiare il cumulo di sì deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare:
l'immodestia e le brutture della vita e dell'abbigliamento;
le insidie tese alle anime innocenti dalla corruzione dei costumi;
la profanazione dei giorni festivi;
le ingiurie scagliate contro di Te e i tuoi Santi;
gli insulti rivolti al tuo Vicario e l'ordine sacerdotale;
le negligenze e gli orribili sacrilegi con i quali è profanato lo stesso Sacramento dell'amore divino
e in fine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata.
Intanto come riparazione dell'onore divino conculcato, Ti presentiamo quella soddisfazione che Tu stesso offristi un giorno sulla croce al Padre e che ogni giorno si rinnova sugli altari: Te l'offriamo accompagnata con le espiazioni della Vergine Madre, di tutti i Santi e delle anime pie.
Promettiamo con tutto il cuore di voler riparare, per quanto potremo, con l'aiuto della tua grazia, i peccati commessi da noi e dagli altri e l'indifferenza verso sì grande amore, con la fermezza della fede, la santità della vita, l'osservanza perfetta della legge evangelica e specialmente della carità.
Inoltre d'impedire, con tutte le forze, le ingiurie contro di Te e attrarre quanti più potremo, a seguire e imitare Te.
Accogli, te ne preghiamo, o benignissimo Gesù, per intercessione della B.V. Maria Riparatrice, questo volontario ossequio di riparazione, e conservaci nella fedele obbedienza a Te e nel tuo servizio fino alla morte, col dono della perseveranza, così che possiamo un giorno pervenire a quella patria, dove Tu col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
1 | 2-2, q. 81, a. 8, c |
2 | Conc. Trid. Sess. XXII, c. 2 |
3 | Ep. 63,n. 381 |
4 | Sul Vang. di Giovanni, tr XXVI, 4 |
5 | In Sal 87 |