Sabato, 14 settembre 2013
Storia dell'uomo e storia di Dio si intrecciano nella croce.
Una storia essenzialmente di amore.
È un mistero immenso, che da soli non possiamo comprendere.
Come « assaggiare quel miele di aloe, quella dolcezza amara del sacrificio di Gesù? ».
Papa Francesco ne ha indicato il modo, questa mattina, sabato 14 settembre, festa dell'esaltazione della santa croce, durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta.
Commentando le letture del giorno, tratte dalla lettera ai Filippesi ( Fil 2,6-11 ) e dal Vangelo di Giovanni ( Gv 3,13-17 ), il Pontefice ha detto che è possibile comprendere « un pochino » il mistero della croce « in ginocchio, nella preghiera », ma anche con « le lacrime ».
Anzi sono proprio le lacrime quelle che « ci avvicinano a questo mistero ».
Infatti, « senza piangere », soprattutto senza « piangere nel cuore, mai capiremo questo mistero ».
È il « pianto del pentito, il pianto del fratello e della sorella che guarda tante miserie umane e le guarda anche in Gesù, in ginocchio e piangendo ».
E, soprattutto, ha evidenziato il Papa, « mai soli! ».
Per entrare in questo mistero che « non è un labirinto, ma gli assomiglia un po' » abbiamo sempre « bisogno della Madre, della mano della mamma ».
Maria, ha aggiunto, « ci faccia sentire quanto grande e quanto umile è questo mistero, quanto dolce come il miele e quanto amaro come l'aloe ».
I padri della Chiesa, ha ricordato il Papa, « comparavano sempre l'albero del Paradiso a quello del peccato.
L'albero che dà il frutto della scienza, del bene, del male, della conoscenza, con l'albero della croce ».
Il primo albero « aveva fatto tanto male », mentre l'albero della croce « ci porta alla salvezza, alla salute, perdona quel male ».
Questo è « il percorso della storia dell'uomo ».
Un cammino che permette di « trovare Gesù Cristo Redentore, che dà la sua vita per amore ».
Un amore che si manifesta nell'economia della salvezza, come ha ricordato il Santo Padre, secondo le parole dell'evangelista Giovanni.
Dio infatti, ha detto il Pontefice, « non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui ».
E come ci ha salvato? « con quest'albero della croce ».
Dall'altro albero, sono iniziati « l'autosufficienza, l'orgoglio e la superbia di volere conoscere tutto secondo la nostra mentalità, secondo i nostri criteri, anche secondo quella presunzione di essere e diventare gli unici giudici del mondo ».
Questa, ha detto, « è la storia dell'uomo ».
Sull'albero della croce, invece, c'è la storia di Dio, che « ha voluto assumere la nostra storia e camminare con noi ».
È proprio nella prima lettura che l'apostolo Paolo « riassume in poche parole tutta la storia di Dio: Gesù Cristo, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio di essere come Dio ».
Ma, ha spiegato, « svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini ».
Cristo, infatti, « umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e una morte di croce ».
È questo « il percorso della storia di Dio ».
E perché lo fa? Si è chiesto il vescovo di Roma.
La risposta si trova nelle parole di Gesù a Nicodemo: « Dio, infatti, ha amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna ».
Dio, ha concluso « fa questo percorso per amore, non c'è altra spiegazione ».