Venerdì, 18 ottobre 2013
Un pellegrinaggio singolare è quello indicato da Papa Francesco durante la messa celebrata stamane, venerdì 18 ottobre, a Santa Marta.
È la visita alle case di riposo dove sono ospitati preti e suore anziani.
Si tratta di veri e propri « santuari di apostolicità e di santità – ha detto il Vescovo di Roma – che abbiamo nella Chiesa » dove dunque vale la pena andare come « in pellegrinaggio ».
Questa indicazione è stata il punto di arrivo di una riflessione che ha preso spunto dal confronto tra le letture della liturgia del giorno: il brano del Vangelo di Luca ( Lc 10,1-9 ) - nel quale si racconta « l'inizio della vita apostolica », quando i discepoli sono stati chiamati ed erano « giovani, forti e gioiosi » - e la seconda lettera di san Paolo a Timoteo ( 2 Tm 4,10-17 ) nella quale l'apostolo, ormai vicino al « tramonto della sua esistenza », si sofferma sulla « fine della vita apostolica ».
Da questo confronto si capisce, ha spiegato il Papa, che ogni « apostolo ha un inizio gioioso, entusiasta, con Dio dentro; ma non gli è risparmiato il tramonto ».
E, ha confidato, « a me fa bene pensare al tramonto dell'apostolo ».
Il pensiero è quindi andato a « tre icone »: Mosè, Giovanni il Battista e Paolo.
Mosè è « quel capo del popolo di Dio, coraggioso, che lottava contro i nemici e lottava anche con Dio per salvare il popolo.
È forte, ma alla fine si ritrova solo sul monte Nebo a guardare la terra promessa », nella quale però non può entrare.
Anche al Battista « negli ultimi tempi non vengono risparmiate le angosce ».
Si domanda se ha sbagliato, se ha preso la vera strada, e ai suoi amici chiede di andare a domandare a Gesù « sei tu o dobbiamo aspettare ancora? ».
È tormentato dall'angoscia; al punto che « l'uomo più grande nato da donna », come lo ha definito Cristo stesso, finisce « sotto il potere di un governante debole, ubriaco e corrotto, sottoposto al potere dell'invidia di un'adultera e del capriccio di una ballerina ».
Infine c'è Paolo, il quale confida a Timoteo tutta la sua amarezza.
Per descriverne la sofferenza, il vescovo di Roma ha usato l'espressione « non è nel settimo cielo ».
E ha poi riproposto le parole dell'apostolo: « Figlio mio, Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia.
Solo Luca è con me.
Prendi con te Marco e portalo, mi sarà utile; portami il mantello che ho lasciato, i libri e le pergamene.
E ancora: Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni.
Anche tu guardati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione ».
Il Papa ha proseguito ricordando il racconto che Paolo fa del processo: « nella prima difesa nessuno mi ha assistito, tutti mi hanno abbandonato, però il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annunzio del Vangelo ».
Un'immagine che, secondo il Pontefice, racchiude in sé il « tramonto » di ogni apostolo: « solo, abbandonato, tradito »; assistito soltanto dal Signore che « non abbandona, non tradisce », perché « Lui è fedele, non può rinnegare se stesso ».
La grandezza dell'apostolo - ha sottolineato il Papa - sta dunque nel fare con la vita quello che il Battista diceva: « è necessario che lui cresca e io diminuisca »; l'apostolo è colui « che dà la vita perché il Signore cresca.
E alla fine c'è il tramonto ».
È stato così anche per Pietro, ha fatto notare Papa Francesco, al quale Gesù ha predetto: « Quando tu sarai vecchio ti porteranno dove tu non vorrai andare ».
La meditazione sulle fasi finali delle vite di questi personaggi ha così suggerito al Santo Padre « il ricordo di quei santuari di apostolicità e di santità che sono le case di riposo dei preti e delle suore ».
Strutture che ospitano, ha aggiunto, « bravi preti e brave suore, invecchiati, con il peso della solitudine, che aspettano che venga il Signore a bussare alla porta dei loro cuori ».
Purtroppo, ha commentato il Papa, noi tendiamo a dimenticare questi santuari: « non sono posti belli, perché uno vede cosa ci aspetta ».
Di contro però « se guardiamo più nel profondo, sono bellissimi », per la ricchezza di umanità che vi è dentro.
Visitarli dunque significa fare « veri pellegrinaggi, verso questi santuari di santità e di apostolicità », alla stessa stregua dei pellegrinaggi che si fanno nei santuari mariani o in quelli dedicati ai santi.
« Ma mi chiedo - ha aggiunto il Papa - noi cristiani abbiamo la voglia di fare una visita - che sarà un vero pellegrinaggio! - a questi santuari di santità e di apostolicità che sono le case di riposo dei preti e delle suore?
Uno di voi mi diceva, giorni fa, che quando andava in un Paese di missione, andava al cimitero e vedeva tutte le tombe dei vecchi missionari, preti e suore, lì da 50, 100, 200 anni, sconosciuti.
E mi diceva: "Ma, tutti questi possono essere canonizzati, perché alla fine conta soltanto questa santità quotidiana, questa santità di tutti i giorni" ».
Nelle case di riposo « queste suore e questi preti - ha detto il Papa - aspettano il Signore un po' come Paolo: un po' tristi, davvero, ma anche con una certa pace, col volto allegro ».
Proprio per questo fa « bene a tutti pensare a questa tappa della vita che è il tramonto dell'apostolo ».
E, concludendo, ha chiesto di pregare il Signore di custodire i sacerdoti e le religiose che si trovano nella fase finale della loro esistenza, affinché possano ripetere almeno un'altra volta « sì, Signore, voglio seguirti ».