Martedì, 2 dicembre 2014
La grandezza del mistero di Gesù si può conoscere solo umiliandosi e abbassandosi come ha fatto lui, che è arrivato al punto di essere « emarginato » e non si è certo presentato come un « generale o un governatore ».
Gli stessi teologi, se non fanno « teologia in ginocchio », rischiano di dire « tante cose » ma di non capire « niente ».
Essere umili e miti, dunque, è il suggerimento proposto da Francesco, martedì mattina, 2 dicembre, nella messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta.
« I testi liturgici che ci offre oggi la Chiesa - ha fatto subito notare il Pontefice - ci avvicinano al mistero di Gesù, al mistero della sua persona ».
E infatti, ha spiegato, il passo liturgico del Vangelo di Luca ( Lc 10,21-24 ) « dice che Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre ».
Del resto, « questa è la vita interiore di Gesù: il suo rapporto col Padre, rapporto di lode, nello Spirito, proprio lo Spirito Santo che unisce quel rapporto ».
E questo è « il mistero dell'interiorità di Gesù, quello che lui sentiva ».
Gesù infatti - ha proseguito Francesco - « dichiara che chi vede lui, vede il Padre ».
Dice precisamente: « Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza ».
E « nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre.
E nessuno sa chi è il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo ».
Il Padre, ha ribadito il Papa, « soltanto il Figlio lo conosce: Gesù conosce il Padre ».
E così « quando Filippo è andato da Gesù e ha detto: "mostraci il Padre" », il Signore gli risponde: « Filippo, chi vede me, vede il Padre ».
Difatti « è tanta l'unione fra loro: lui è l'imago del Padre; è la vicinanza della tenerezza del Padre a noi ».
E « il Padre si avvicina a noi in Gesù ».
Francesco ha quindi ricordato che « in quel discorso di congedo, dopo la Cena », Gesù ripete tante volte: « Padre, che questi siano uno, come te e me ».
E « promette lo Spirito Santo, perché è proprio lo Spirito Santo che fa questa unità, come la fa tra il Padre e il Figlio ».
E « Gesù esulta di gioia nello Spirito Santo ».
« Questo è un po' per avvicinarsi a questo mistero di Gesù » ha spiegato il Pontefice.
Ma « questo mistero non è rimasto soltanto fra loro, è stato rivelato a noi ».
Il Padre, dunque, « è stato rivelato da Gesù: lui ci fa conoscere il Padre; ci fa conoscere questa vita interiore che lui ha ».
E « a chi rivela questo, il Padre, a chi dà questa grazia? » si è chiesto il Papa.
La risposta la dà Gesù stesso, come riporta Luca nel suo Vangelo: « Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli ».
Perciò « soltanto quelli che hanno il cuore come i piccoli sono capaci di ricevere questa rivelazione ».
Soltanto « il cuore umile, mite, che sente il bisogno di pregare, di aprirsi a Dio, si sente povero ».
In una parola, « soltanto quello che va avanti con la prima beatitudine: i poveri di spirito ».
Certo, ha riconosciuto il Papa, « tanti possono conoscere la scienza, la teologia pure ».
Ma « se non fanno questa teologia in ginocchio, cioè umilmente, come i piccoli, non capiranno nulla ».
Magari « ci diranno tante cose, ma non capiranno nulla ».
Poiché « soltanto questa povertà è capace di ricevere la rivelazione che il Padre dà tramite Gesù, attraverso Gesù ».
E « Gesù viene non come un capitano, un generale di esercito, un governante potente », ma « viene come un germoglio », secondo l'immagine della prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia ( Is 11,1-10 ): « In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse ».
Dunque, « lui è un germoglio, è umile, è mite, ed è venuto per gli umili, per i miti, a portare la salvezza agli ammalati, ai poveri, agli oppressi, come lui stesso dice nel quarto capitolo di Luca, quando è alla sinagoga di Nazareth ».
E Gesù è venuto proprio « per gli emarginati: lui si emargina, non ritiene un valore innegoziabile essere uguale a Dio ».
Infatti, ha ricordato il Pontefice, « umiliò se stesso, si annientò ».
Egli « si è emarginato, si è umiliato » per « darci il mistero del Padre e il suo proprio ».
Il Papa ha rimarcato che « non si può ricevere questa rivelazione fuori, al di fuori, del modo in cui Gesù la porta: in umiltà, abbassando se stesso ».
Non si può mai dimenticare che « il Verbo si è fatto carne, si è emarginato per portare la salvezza agli emarginati ».
E « quando il grande Giovanni Battista, in carcere, non capiva tanto come erano le cose lì, con Gesù, perché era un po' perplesso, invia i suoi discepoli a fare la domanda: "Giovanni ti domanda: sei tu o dobbiamo aspettare un altro?" ».
Alla richiesta di Giovanni, Gesù non risponde: « Sono io il Figlio ».
Dice invece: « Guardate, vedete tutto questo, e poi dite a Giovanni cosa avete visto »: ossia che « i lebbrosi sono sanati, i poveri sono evangelizzati, gli emarginati sono trovati ».
Risulta evidente, secondo Francesco, che « la grandezza del mistero di Dio si conosce soltanto nel mistero di Gesù, e il mistero di Gesù è proprio un mistero di abbassarsi, di annientarsi, di umiliarsi, e porta la salvezza ai poveri, a quelli che sono annientati da tante malattie, peccati e situazioni difficili ».
« Fuori da questa cornice - ha ribadito il Papa - non si può capire il mistero di Gesù, non si può capire questa unzione dello Spirito Santo che lo fa gioire, come avevamo sentito nel Vangelo, nella lode del Padre, e che lo porta ad evangelizzare i poveri, gli emarginati ».
In questa prospettiva, nel tempo di Avvento, Francesco ha invitato a pregare per chiedere la grazia « al Signore di avvicinarci più, più, più al suo mistero, e di farlo sulla strada che lui vuole che noi facciamo: la strada dell'umiltà, la strada della mitezza, la strada della povertà, la strada di sentirci peccatori »
Perché è così, ha concluso, che « lui viene a salvarci, a liberarci ».