Martedì, 16 dicembre 2014
Un « cuore pentito » che sa riconoscere i propri peccati è la condizione fondamentale per incamminarsi sulla « strada della salvezza ».
Allora il « giudizio » del Signore non farà paura, ma darà « speranza ».
E le due letture del giorno, sulle quali si è soffermata la riflessione di Papa Francesco nella messa celebrata a Santa Marta martedì 16 dicembre, hanno proprio la « struttura di un giudizio ».
La prima, tratta dal Libro del profeta Sofonia ( Sof 3,1-2.9-13 ) addirittura comincia « con una parola di minaccia: "Guai alla città ribelle e impura ».
Ecco già il giudizio: « alla città che opprime », la città che « non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione.
Non ha confidato nel Signore, non si è rivolta al suo Dio ».
Per costoro c'è la « condanna » che si esprime nel termine « guai ».
Per gli altri, invece, c'è una promessa: « Io darò ai popoli un labbro puro », scrive il profeta.
E prosegue: « Da oltre i fiumi di Etiopia coloro che mi pregano mi porteranno offerte.
In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me ».
Di chi parla Sofonia?
Di chi - ha spiegato il Papa - si avvicina « al Signore perché il Signore ha perdonato ».
Sono questi « i salvati »; gli altri invece sono « i superbi, che non avevano ascoltato la voce del Signore, che non hanno accettato la correzione, non hanno confidato nel Signore ».
Ai pentiti, che sono stati capace di riconoscere: « Sì, siamo peccatori » - ha sottolineato Francesco - il Signore ha riservato il perdono e ha rivolto « questa parola, che è una di quelle piene di speranza dell'Antico testamento: "Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero, confiderà nel nome del Signore" ».
Qui si individuano « le tre caratteristiche del popolo fedele di Dio: umiltà, povertà e fiducia nel Signore ».
Ed è proprio questa « la strada della salvezza ».
Gli altri, invece, « non hanno ascoltato la voce del Signore, non hanno accettato la correzione, non hanno confidato nel Signore », perciò « non possono ricevere la salvezza »: si sono « chiusi, loro, alla salvezza ».
Lo stesso, ha precisato il Pontefice, accade oggi: « Quando vediamo il santo popolo di Dio che è umile, che ha le sue ricchezze nella fede nel Signore, nella fiducia nel Signore; il popolo umile, povero che confida nel Signore », allora incontriamo « i salvati », perché « questa è la strada » che deve percorrere la Chiesa.
Simile dinamica si incontra nel Vangelo del giorno ( Mt 21,28-32 ) nel quale anche Gesù propone « ai capi dei sacerdoti, agli anziani, del popolo », a tutta quella « "cordata" di gente che gli faceva la guerra », un « giudizio » su cui riflettere.
A loro presenta il caso dei due figli ai quali il padre chiede di andare a lavorare nella vigna.
Uno risponde: « Non vado per niente al campo. Non ne ho voglia ». Ma poi va.
L'altro invece dice: « Sì, papà », ma poi riflette: « Il vecchio non ha forza, io faccio quello che voglio, non potrà punirmi ».
E quindi « non va, non obbedisce ».
Gesù chiede ai suoi interlocutori: « Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?
Il primo, quello che aveva detto di no », quel « giovane ribelle » che poi « ha pensato al suo papà » e decide di obbedire, oppure il secondo?
A questo punto arriva il giudizio: « In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio ».
Loro « saranno i primi ».
E spiega perché: « Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia e non gli avete creduto.
Voi non avete ascoltato Giovanni: il battesimo di penitenza …
I pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto.
Voi al contrario avete visto queste cose ma poi non vi siete nemmeno pentiti ».
Cosa « ha fatto questa gente » per meritare tale giudizio?
« Non ha ascoltato - ha spiegato il Papa - la voce del Signore, non ha accettato la correzione, non ha confidato nel Signore ».
Qualcuno potrebbe chiedere: « Ma padre, che scandalo che Gesù dica questo, che i pubblicani, che sono traditori della patria perché ricevevano le tasse per pagare i Romani », proprio loro « andranno prima nel regno dei cieli? ».
E lo stesso avverrà per « le prostitute che sono donne di scarto »?
Da qui la conclusione: « Signore tu sei impazzito?
Noi siamo puri, siamo cattolici, facciamo la comunione quotidiana, andiamo alla messa ».
Eppure, ha sottolineato Francesco, proprio loro « andranno prima se il tuo cuore non è un cuore pentito ».
E « se tu non ascolti il Signore, non accetti la correzione e non confidi in lui, tu hai un cuore non pentito ».
Il Signore, ha continuato il Pontefice, « non vuole » questi « ipocriti che si scandalizzavano » di quello che « diceva Gesù sui pubblicani e sulle prostitute, ma poi di nascosto andavano da loro, o per sfogare le loro passioni o per fare affari ».
Si consideravano « puri », ma in realtà « il Signore non li vuole ».
Questo giudizio su cui « la liturgia oggi ci fa pensare » è comunque « un giudizio che ci dà speranza quando guardiamo i nostri peccati ».
Tutti infatti « siamo peccatori ».
Ognuno di noi conosce bene la « lista » dei propri peccati, però - ha spiegato Francesco - può dire: « Signore ti offro i miei peccati, l'unica cosa che possiamo offrirti ».
Per far comprendere meglio questo, il Pontefice ha richiamato la « vita di un santo che era molto generoso » e offriva tutto al Signore: « Il Signore gli chiedeva una cosa e lui la faceva ».
Lo ascoltava sempre e seguiva sempre la sua volontà.
Eppure il Signore una volta gli disse: « Tu non mi hai dato ancora una cosa ».
E lui, « che era tanto buono », rispose: « Ma Signore cosa non ti ho dato?
Ti ho dato la mia vita, lavoro per i poveri, lavoro per la catechesi, lavoro qui, lavoro là … ».
Di contro il Signore lo incalzò: « Tu non mi hai dato ancora qualcosa ».
Ma « che cosa Signore? », ripetè il santo.
« I tuoi peccati » concluse il Signore.
Ecco la lezione che ha voluto sottolineare il Papa: « Quando noi saremo in grado di dire al Signore: "Signore, questi sono i miei peccati, non sono di questo, di quello …
Sono i miei.
Prendili tu.
Così io sarò salvo" », allora « saremo quel bel popolo, popolo umile e povero che confida nel nome del Signore ».