Giovedì, 14 gennaio 2016
La forza della preghiera dell'uomo di fede è stata al centro dell'omelia di Papa Francesco durante la messa celebrata giovedì 14 gennaio a Santa Marta.
Il Pontefice ha messo a confronto la prima lettura e il vangelo della liturgia del giorno, facendo notare come in questi testi si parli « di una vittoria e di una sconfitta ».
Nel brano tratto dal primo libro di Samuele ( 1 Sam 4,1-11 ) si legge infatti del popolo di Dio che « è sconfitto in battaglia, in guerra contro i Filistei » mentre nel Vangelo di Marco ( Mc 1,40-45 ) si racconta, invece, della vittoria sulla malattia del lebbroso che si affida a Gesù.
Due esiti opposti dovuti alla differente fede dei protagonisti.
Francesco ha cominciato soffermandosi sugli eventi che portarono al disastro per Israele, che « fu sconfitto e ciascuno fuggì alla sua tenda.
La strage fu molto grande: dalla parte di Israele caddero trentamila fanti.
Trentamila!
In più l'arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Ofni e Fineès morirono ».
Il popolo, cioè, aveva « perso tutto. Anche la dignità … ».
Ma perché, si è chiesto il Papa, « è successo questo? ».
Il Signore era sempre stato con il suo popolo: « Cosa ha portato a questa sconfitta? ».
Il fatto è, ha spiegato, che il popolo « passo, passo, passo, lentamente si era allontanato dal Signore; viveva mondanamente », addirittura si era fatto degli idoli.
È vero che gli israeliti andavano al santuario di Silo, ma lo facevano « in una maniera un po' … come se fosse una abitudine culturale: avevano perso il rapporto filiale con Dio ».
Ecco, quindi, il punto centrale: « non adoravano più Dio ».
Perciò « il Signore li lasciò da soli ».
Si allontanarono e Dio li lasciò fare.
Ma non è tutto.
Il Pontefice ha infatti continuato la sua analisi del comportamento degli israeliti.
Quando persero la prima battaglia, « gli anziani si chiesero: "Ma perché ci ha sconfitto oggi il Signore, di fronte ai Filistei?
Andiamo a prenderci l'arca dell'alleanza!" ».
In quel momento di difficoltà, cioè, « ricordarono il Signore », ma ancora una volta senza vera fede.
Infatti, ha ribadito il Papa, « andarono a prendere l'arca dell'alleanza come se fosse una cosa - scusatemi la parola - un po' "magica" ».
Dicevano: « Portiamo l'arca, ci salverà! Ci salverà! ».
Ma nell'arca - ha sottolineato Francesco - « c'era la legge », quella legge « che loro non osservavano e dalla quale si erano allontanati ».
Tutto questo significa che « non c'era più un rapporto personale con il Signore: avevano dimenticato il Dio che li aveva salvati ».
Avvenne così che gli israeliti portarono l'arca e che i filistei dapprima si spaventarono, ma poi dissero: « Ma no! Siamo uomini, andiamo avanti! ».
E vinsero.
La strage - ha commentato il Papa - « fu totale: trentamila fanti!
E in più l'arca di Dio fu presa dai Filistei; i due figli di Eli, quei sacerdoti delinquenti che sfruttavano la gente nel Santuario di Silo, Ofni e Fineès, morirono ».
Un bilancio disastroso: « Il popolo senza fanti, senza giovani, senza Dio e senza sacerdoti.
Una sconfitta totale! ».
Nel salmo responsoriale ( tratto dal Sal 44,10 ) si trova la reazione del popolo quando si accorge di quello che è accaduto: « Signore, ci hai respinti e coperti di vergogna ».
Il salmista prega: « Svegliati, destati, non respingerci per sempre!
Perché nascondi il tuo volto?
Dimentichi la nostra miseria ed oppressione? ».
Questa - ha concluso il Pontefice - « è la sconfitta: un popolo che si allontana da Dio finisce così ».
Ed è una lezione che vale per tutti.
Anche oggi.
Anche noi, apparentemente, siamo devoti, « abbiamo un santuario, abbiamo tante cose … ».
Ma, ha chiesto il Papa, « il tuo cuore è con Dio? Tu sai adorare Dio? ».
E se credi in Dio, ma « un Dio un po' nebbioso, lontano, che non entra nel tuo cuore e tu non obbedisci ai suoi comandamenti », allora significa che sei di fronte a una « sconfitta ».
D'altra parte il vangelo parla di una vittoria.
Anche in questo caso Francesco ha voluto richiamare la scrittura, nella quale si narra che « venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava in ginocchio - proprio in un gesto di adorazione - e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi" ».
Il lebbroso, ha spiegato il Papa, in un certo senso « sfida il Signore dicendo: io sono uno sconfitto nella vita ».
Infatti « era uno sconfitto, perché non poteva fare vita comune; era sempre "scartato", messo da parte ».
Ma lo incalza: « Tu puoi trasformare questa sconfitta in vittoria! ».
E « davanti a questo, Gesù ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Io lo voglio! Sii purificato!" ».
Un'altra battaglia, quindi: questa però « finita in due minuti con la vittoria », mentre quella degli israeliti durò « tutta la giornata » e finì con la sconfitta.
La differenza sta nel fatto che « quell'uomo aveva qualcosa che lo spingeva ad andare da Gesù » e a lanciargli quella sfida.
Insomma, « aveva fede! ».
Per approfondire la riflessione, il Pontefice ha anche citato un passo del quinto capitolo della prima lettera di Giovanni, dove si legge: « È questa la vittoria nostra sul mondo: la nostra fede ».
La fede cioè, ha detto Francesco, « vince sempre. La fede è vittoria ».
Ed è proprio quanto è capitato al lebbroso: « Se vuoi, puoi farlo ».
Gli sconfitti descritti nella prima lettura, invece, « pregavano Dio, portavano l'arca, ma non avevano fede, l'avevano dimenticata ».
A questo punto il Papa è entrato nel cuore della sua riflessione, sottolineando che « quando si chiede con fede, Gesù stesso ci ha detto che si muovono le montagne ».
E ha ricordato le parole del Vangelo: « Qualunque cosa che chiedete al Padre nel mio nome, vi sarà data.
Chiedete e vi sarà dato; bussate e vi sarà aperto ».
Tutto è possibile, ma solo « con la fede. E questa è la nostra vittoria ».
Perciò, ha detto Francesco chiudendo l'omelia, « chiediamo al Signore che la nostra preghiera sempre abbia quella radice di fede »: chiediamo « la grazia della fede ».
La fede, infatti, è un dono e « non si impara sui libri ».
Un dono del Signore che va chiesto.
« "Dammi la fede!". "Credo, Signore!" ha detto quell'uomo che chiedeva a Gesù di guarire suo figlio: "Credo Signore, aiuta la mia poca fede" ».
Dobbiamo quindi chiedere « al Signore la grazia di pregare con fede, di essere sicuri che ogni cosa che chiediamo a lui ci sarà data, con quella sicurezza che ci dà la fede.
E questa è la nostra vittoria: la nostra fede ».