Giovedì, 28 gennaio 2016
Il tema della testimonianza, intesa come elemento fondante della vita del cristiano, è stato al centro della riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta nella mattina di giovedì 28 gennaio.
Ma cosa deve caratterizzare questa testimonianza?
La risposta il Pontefice l'ha tratta direttamente dal Vangelo del giorno, riprendendo il brano di Marco ( Mc 4,21-25 ) immediatamente successivo alla « parabola del seme ».
Dopo aver parlato « del seme che riesce a dare frutto » e di quello che, invece, cadendo « in terra non buona non può dare frutto », Gesù « ci parla della lampada » che non viene posta sotto il moggio ma sopra al candelabro.
Essa - ha spiegato - « è luce e il Vangelo di Giovanni ci dice che il mistero di Dio è luce e che la luce venne al mondo e le tenebre non la accolsero ».
Una luce, ha aggiunto, che non può essere nascosta, ma serve « per illuminare ».
Ecco, quindi, « uno dei tratti del cristiano, che ha ricevuto la luce nel battesimo e deve darla ».
Il cristiano, ha detto il Papa, « è un testimone ».
E proprio la parola « testimonianza » racchiude « una delle peculiarità degli atteggiamenti cristiani ».
Infatti: « un cristiano che porta questa luce, deve farla vedere perché lui è un testimone ».
E se un cristiano « preferisce non far vedere la luce di Dio e preferisce le proprie tenebre », allora « gli manca qualcosa e non è un cristiano completo ».
Una parte di lui è occupata, le tenebre « gli entrano nel cuore, perché ha paura della luce » e lui preferisce « gli idoli ».
Ma il cristiano « è un testimone », testimone « di Gesù Cristo, luce di Dio.
E deve mettere quella luce sul candelabro della sua vita ».
Nel brano evangelico proposto dalla liturgia si parla anche « della misura » e si legge: « Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più ».
È questa, ha detto Francesco, « l'altra peculiarità, l'altro atteggiamento » tipico del cristiano.
Si fa riferimento, infatti, alla magnanimità: « un altro tratto del cristiano è la magnanimità, perché è figlio di un padre magnanimo, dall'animo grande ».
Anche quando dice: « Date e vi sarà dato », la misura di cui parla Gesù, ha spiegato il Papa, è « piena, buona, traboccante ».
Allo stesso modo « il cuore cristiano è magnanimo.
È aperto, sempre ».
Non è, quindi, « un cuore che si chiude nel proprio egoismo ».
Non è un cuore che si pone dei limiti, che « conta: fino a qui, fino a qua ».
E ha continuato: « Quando tu entri in questa luce di Gesù, quando tu entri nell'amicizia di Gesù, quando ti lasci guidare dallo Spirito Santo, il cuore diventa aperto, magnanimo ».
Si innesca, a quel punto, una dinamica particolare: il cristiano « non guadagna: perde ».
Ma, in realtà, ha concluso il Pontefice, « perde per guadagnare un'altra cosa, e con questa "sconfitta" di interessi, guadagna Gesù, guadagna diventando testimone di Gesù ».
Per calare nel concreto la sua riflessione, Francesco si è a questo punto rivolto a un gruppo di sacerdoti che celebravano il giubileo d'oro della loro ordinazione: « cinquanta anni sulla strada della luce e della testimonianza » e « cercando di essere migliori, cercando di portare la luce sul candelabro »; una luce che, è l'esperienza di tutti, a « volte cade », ma che sempre è bene cercare di riproporre « generosamente, cioè con il cuore magnanimo ».
E, nel ringraziare i sacerdoti per quanto hanno fatto « nella Chiesa, per la Chiesa e per Gesù », e augurando loro la « gioia grande di avere seminato bene, di avere illuminato bene e di avere aperto le braccia per ricevere tutti con magnanimità », il Papa ha anche detto loro: « Soltanto Dio e la vostra memoria sanno quanta gente avete ricevuto con magnanimità, con bontà di padri, di fratelli » e « a quanta gente che aveva il cuore un po' oscuro avete dato luce, la luce di Gesù ».
Perché, ha concluso tirando le fila del ragionamento, « nella memoria di un popolo » rimangono « il seme, la luce della testimonianza, e la magnanimità dell'amore che accoglie ».