Lunedì, 29 gennaio 2018
La "regola d'oro" è saper vivere le umiliazioni con un atteggiamento di speranza e affidamento a Dio, senza ricorrere a finzioni e false giustificazioni prêt-à-porter.
Ma Papa Francesco, nella messa celebrata lunedì 29 gennaio a Santa Marta, ha suggerito al cristiano che davvero è umile di prendere il coraggio a due mani e, rilanciando gli insegnamenti di sant'Ignazio, pregare proprio per avere le umiliazioni, in modo da « assomigliare di più al Signore ».
« Nella prima lettura - ha fatto notare il Papa riferendosi al passo del secondo libro di Samuele ( 2 Sam 15,13-14.30; 2 Sam 16,5-13 ) - abbiamo ascoltato il dolore di Davide, la fuga di Davide, la sconfitta di Davide ».
E « Davide è un grande: aveva vinto il filisteo e le donne lo lodavano; aveva consolidato il regno, era in cammino » e « finirà per consolidarlo ».
Davide, ha proseguito Francesco, « aveva un'anima nobile: due volte avrebbe potuto uccidere Saulo e non l'ha fatto ».
Aveva dunque « quella nobiltà d'animo: un grande, ma era anche un peccatore, un peccatore con peccati grossi, quello dell'adulterio e dell'assassinio di Uria, quello del censimento ».
Insomma, Davide aveva commesso « peccati grossi ».
Eppure « è santo: la Chiesa - ha affermato il Papa - lo venera come santo » nonostante « questi peccati, perché lui è santo, perché lui si è lasciato trasformare dal Signore, si è lasciato perdonare dal Signore, ha ascoltato la voce del Signore, si è pentito, è stato capace di fare penitenza, di piangere ».
Aveva « quella capacità non tanto facile di riconoscere di essere peccatore: "Sono peccatore" ».
Nel passo biblico della liturgia, ha spiegato il Pontefice, « vediamo l'umiliazione di Davide: il figlio fa la rivoluzione contro di lui, il proprio figlio, come dice lui "uscito dalle mie viscere", il proprio figlio; e gli dicono: "Il cuore degli israeliti è con Assalonne: lui ha la maggioranza.
Tu sei sconfitto. Cosa facciamo?" ».
In questa circostanza, ha affermato il Papa, Davide « non ha pensato alla propria pelle: ha pensato alla città, al popolo, al tempio e all'arca, perché non venissero distrutti ».
E Davide « fa quel gesto che sembra da codardo ma è coraggioso: fugge, per salvare la città, il popolo, il tempio e l'arca ».
Egli dice: « Partite in fretta, perché non si affretti lui a raggiungerci e faccia cadere su di noi la rovina e passi la città a fil di spada ».
Perciò Davide ordina ai suoi di fuggire e lasciare la città.
Ed ecco dunque « quell'immagine di Davide » che, ha ricordato Francesco, « saliva l'erta degli Ulivi - questo ci fa pensare a qualche cosa - saliva piangendo e camminava con il capo coperto a piedi scalzi ».
L'Antico testamento narra che Davide « piangeva, scalzo, capo coperto in segno di penitenza » e « tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva ».
Questo è « il pianto di Davide: un uomo capace di riconoscere i propri peccati ».
E « il Signore lo aveva preparato per questo momento: umiliato.
Il grande Davide, umiliato, quello che aveva vinto il filisteo, umiliato ».
E, ha ribadito il Pontefice, lo aveva « umiliato con la sconfitta, la fuga e anche l'insulto, perché questo Simei non gli diceva cose belle: "Vattene, vattene, sanguinario, malvagio!
Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni; il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne, tuo figlio, ed eccoti nella tua rovina, perché sei un sanguinario" ».
Mentre Simei « insultava » Davide, « i suoi volevano difenderlo ».
Ma lui glielo impedisce e ad Abisài dice espressamente di lasciarlo fare, perché « è il Signore che ispira di insultarmi.
Andiamo avanti, forse il Signore avrà pietà di me e questo insulto commuoverà il cuore del Signore e mi benedirà ».
E « con speranza » Davide continua il suo cammino.
«Davide umile, Davide umiliato » ha insistito il Papa, riflettendo su quell'immagine mentre « saliva l'erta degli Ulivi ».
Ma anche « Davide profeta, perché questa è proprio la profezia di Gesù, salendo sul Calvario per dare la vita: insultato, lasciato da parte, non ascoltato ».
Dunque « Davide, profeta di Gesù; ma il nocciolo di questo passo è l'umiliazione, l'umiltà » ha ripetuto Francesco.
E così « quando Paolo parla di Gesù dice: "si è umiliato, si è annientato" ».
E questa è la « profezia di Gesù: l'umiltà di Gesù ».
« Alle volte - ha fatto presente il Papa - noi pensiamo che l'umiltà è andare tranquilli, andare forse a testa bassa guardando il pavimento.
Ma anche i maiali camminano a testa bassa: questa non è umiltà.
Questa è quell'umiltà finta, prêt-à-porter, che non salva né custodisce il cuore ».
E così « è buono - ha aggiunto - che noi pensiamo questo: non c'è vera umiltà senza umiliazione, e se tu non sei capace di tollerare, di portare sulle spalle un'umiliazione, tu non sei umile: fai finta, ma non lo sei ».
« Davide carica sulle sue spalle i propri peccati, non pensa alle cose buone che ha » ha spiegato il Pontefice.
E « anche Gesù carica sulle sue spalle i propri peccati: Paolo ci dice che ha preso su di sé i nostri peccati e si è fatto peccato ».
Perciò, ha detto il Papa, « Davide è santo; Gesù, con la santità di Dio, è proprio santo.
Davide è peccatore, Gesù è peccatore ma con i nostri peccati.
Ma tutti e due umiliati ».
« Sempre - ha riconosciuto Francesco - c'è la tentazione di lottare contro quello che ci calunnia, contro quello che ci fa l'umiliazione, che ci fa passare vergogna, come questo Simei » che nel brano biblico insulta pesantemente Davide.
Ma « Davide dice "no", il Signore dice "no", quella non è la strada ».
Invece « la strada è quella di Gesù, profetizzata da Davide: portare le umiliazioni ».
E pensare che « forse il Signore guarderà alla mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi ».
Insomma, « portare le umiliazioni in speranza ».
Però, ha specificato il Papa, « se io, davanti a qualsiasi offesa, a qualsiasi umiliazione, mi giustifico subito e cerco di sembrare buono o fare, come si dice, "calligrafia inglese", questa non è umiltà ».
E così, ha aggiunto, « pensiamo questo in modo giusto: se tu non sai vivere una umiliazione, tu non sei umile e questa è la regola d'oro ».
In conclusione il Pontefice ha invitato a chiedere « al Signore la grazia dell'umiltà, ma con umiliazioni ».
E, ha ricordato, « c'era quella suora che diceva: "io sono umile, sì, ma umiliata, mai!". No, no!
Non c'è umiltà senza umiliazione ».
Dunque, ha affermato ancora Francesco, « chiediamo questa grazia e anche, se qualcuno è coraggioso, può chiedere - come ci insegna sant'Ignazio - che gli invii umiliazioni, per assomigliare di più al Signore ».