Lunedì, 12 febbraio 2018
« I nostri fratelli perseguitati nel Medio oriente, cacciati via per essere cristiani - e loro ci tengono a essere cristiani - sono "entrati in pazienza" come il Signore » nella momento della sua passione: con questo pensiero a quanti stanno vivendo sulla loro pelle il dramma della persecuzione il Papa ha celebrato lunedì mattina, 12 febbraio, la messa a Santa Marta.
Un pensiero accompagnato da un consiglio spirituale molto pratico: vivere « la perfetta letizia ».
Perché quando si cede all'impazienza e si alza la voce, bisogna ricordare piuttosto la « pazienza che Dio ha con noi »; o pensare a quei « genitori che accolgono figli disabili o malati con una pazienza » che è esattamente il contrario della « rassegnazione ».
« L'apostolo Giacomo ci dice che è "perfetta letizia" quando subiamo ogni sorta di prove » ha fatto subito presente Francesco riferendosi, appunto, al passo della lettera di Giacomo ( Gc 1,1.11 ): « Sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza.
E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.
Se qualcuno di voi è privo di sapienza - e si capisce di pazienza, pure - la domandi a Dio ».
Per Giacomo, ha affermato il Papa, « perfetta letizia » è « quando subite ogni sorta di prove ».
E, ha rilanciato il Pontefice, « l'apostolo ripete l'ultima delle beatitudini nell'elenco di Matteo: "Beati voi quando vi insulteranno, quando vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di cose contro di voi per causa mia". Beati. "Beati voi" ».
Dunque, « "perfetta letizia quanto subite ogni sorta di prove", sapendo che quella fede, nella prova, produce pazienza ».
« Non è facile capire - ha riconosciuto il Papa - cosa sia la pazienza, cosa sia essere paziente nella vita, cosa significa essere paziente davanti alle prove: possiamo dire che la pazienza non è un atteggiamento degli sconfitti, la pazienza cristiana non va per la strada della sconfitta, è un'altra cosa ».
Perciò, ha spiegato Francesco, « quelli che pensano che avere pazienza è portare nella vita una sconfitta sbagliano e invece di pazienza hanno rassegnazione ».
E magari dicono: « Nella lotteria della vita mi è capitato questo e lo porto avanti ».
Ma « questa non è pazienza, questa è rassegnazione » ha insistito il Pontefice.
E « della rassegnazione non parla l'apostolo, parla della pazienza ».
« La pazienza è una virtù della gente che è in cammino, non di quelli che sono chiusi, fermi » ha fatto notare il Papa.
E « quando si va in cammino capitano tante cose che non sempre sono buone: a me dice tanto sulla pazienza come virtù in cammino l'atteggiamento dei genitori quando viene un figlio ammalato o disabile, nasce così », ed essi dicono « "Ma grazie a Dio che è vivo!": questi sono i pazienti ».
E « portano tutta la vita quel figlio con amore, fino alla fine: non è facile portare per anni e anni e anni un figlio disabile, un figlio ammalato; ma la gioia di avere quel figlio dà loro la forza di portare avanti.
E questo è pazienza, non è rassegnazione: cioè, è la virtù che viene quando uno è in cammino ».
« Nella sua etimologia - ha spiegato Francesco - la parola significa "portare su", "portare sulle spalle" ».
Un atteggiamento che « stanca, è vero: ma il paziente porta su, non lascia il problema, non lascia il limite, non lascia la sofferenza, la porta su » e lo fa anche « con gioia, letizia, "perfetta letizia" dice l'apostolo ».
Pazienza, dunque, « significa "portare su" e non affidare a un altro che porti il problema, che porti la difficoltà: "La porto io, questa è la mia difficoltà, è il mio problema.
Mi fa soffrire? Eh, certo! Ma lo porto" ».
Pazienza è perciò « portare su ».
E « pazienza - ha proseguito il Pontefice nella sua meditazione - è anche la sapienza di saper dialogare con il limite: ci sono tanti limiti nella vita ma l'impaziente non li vuole, li ignora perché non sa dialogare con i limiti ».
Forse « c'è qualche fantasia di onnipotenza o di pigrizia, non sappiamo ».
Invece « il paziente sa dialogare con i limiti: la pazienza è una beatitudine, è la virtù di quelli che camminano, non dei fermi o chiusi; è sopportare, portare sulle spalle le cose non piacevoli della vita, anche le prove; è capacità di dialogare con i limiti ».
« La pazienza non è un consiglio che dà l'apostolo a noi cristiani » ha detto ancora il Pontefice.
« Se noi guardiamo la storia della salvezza - ha spiegato - possiamo vedere la pazienza di Dio, di Dio Padre, nostro Padre: quanta pazienza con questo popolo testardo, con questo popolo che non sapeva riconoscere le cose buone e che, quando si annoiava, dimenticava Dio e faceva un idolo e andava da una parte all'altra ».
Ma « il Signore con pazienza lo condusse, lo portò avanti ».
E « possiamo anche fare il paragone », ha rilanciato Francesco, con « la pazienza che Dio ha con me, ognuno di noi: la pazienza di Dio nell'accompagnare, nell'aspettare i tempi ».
« Ci farà bene pensare che noi abbiamo un Padre che è paziente con noi» ha suggerito il Papa.
E « poi questo Dio, alla fine, invia suo Figlio per "entrare in pazienza": Gesù "entra in pazienza", soprattutto nella passione ».
Nel suo Vangelo, « Luca dice che il Signore andò decisamente verso Gerusalemme: la decisione di prendere la missione, "entrò in pazienza": patì ».
Certamente, ha riconosciuto Francesco, « non è facile "entrare in pazienza".
E qui penso ai nostri fratelli perseguitati nel Medio oriente, cacciati via per essere cristiani e loro ci tengono a essere cristiani: sono "entrati in pazienza" come il Signore è "entrato in pazienza ».
« Con queste idee - ha concluso il Pontefice - forse possiamo oggi pregare per il nostro popolo: "Signore, dà al tuo popolo pazienza per portare su le prove" ».
E « anche pregare per noi: tante volte siamo impazienti, quando una cosa non va, sgridiamo ».
Ma ecco il suggerimento di Francesco: « Fermati un po', pensa alla pazienza di Dio Padre, "entra in pazienza" come Gesù ».
Per questo è necessario chiedere al Signore la pazienza che « è una bella virtù ».