Norme per procedere alla riduzione allo stato laicale
1. Prima di proporre alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede una causa di riduzione allo stato laicale con dispensa dagli oneri connessi con la sacra ordinazione, gli Ordinari interessati, e cioè gli Ordinari diocesani per i sacerdoti secolari e i Superiori Maggiori per i religiosi, per un congruo periodo di tempo devono tentare ogni mezzo per aiutare il richiedente a superare le difficoltà che subisce ( cf. Paulus VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, n. 87 ), per es. trasferendolo dal luogo in cui è esposto al pericolo, e dandogli aiuto, secondo la natura dei casi, confratelli ed amici, parenti, medici e psicologi.
2. Se, non ottenendo tutte queste cose alcun risultato, il richiedente persiste nel chiedere la dispensa, converrà raccogliere le informazioni necessarie per risolvere il caso.
1. Perché la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede dalla conoscenza della causa giudichi se la riduzione allo stato laicale con la dispensa dagli oneri possa essere proposta al Sommo Pontefice, non bastano le pressanti richieste del richiedente, ma è assolutamente necessario che queste richieste siano suffragate da informazioni raccolte dalla competente autorità ecclesiastica, secondo le modalità indicate sotto il n. III.
Questa indagine, poi, è istituita perché, in favore della verità della cosa, diventino chiari i motivi in forza dei quali il richiedente chiede la riduzione allo stato laicale con dispensa dagli obblighi, e perché quindi con interrogazioni, documenti, deposizioni di testi, pareri di esperti in questioni mediche e simili si scopra se le richieste del richiedente rispondano a verità.
2. Questa indagine non comporta tuttavia i caratteri di un processo giuridico.
Ad essa non spetta di dimostrare, a norma dei cann. 1993-1998, l'invalidità della sacra ordinazione o del ricevimento degli oneri, ma si riduce solamente alla dispensa da concedersi dagli oneri, se è il caso, ad un sacerdote che al tempo stesso è ridotto allo stato laicale.
Perciò la competente autorità non deve costituire un tribunale propriamente detto, ma, sia direttamente, sia attraverso un sacerdote delegato, deve condurre una indagine che riguarda piuttosto l'ufficio pastorale.
Ma questa indagine si deve compiere secondo precise regole, poste cioè domande precise e ricevute risposte precise, e il parere finale della stessa autorità si deve ricavare secondo la verità della cosa.
3. L'indagine riguarda soprattutto le cose che seguono:
a) Generalità del richiedente: tempo e luogo di nascita, i « precedenti », o la « anamnesi », la situazione della famiglia dalla quale il richiedente è nato, i suoi costumi, gli studi, gli scrutini da lui ottenuti per essere promosso agli ordini, e, se il richiedente è religioso, per l'emissione dei voti, il tempo e il luogo della sacra ordinazione, il curriculum del ministero sacerdotale, la condizione giuridica in cui ora si trova, sia nel foro ecclesiastico che civile, e cose simili.
b) Le cause e connessioni, o circostanze, delle difficoltà dalle quali il richiedente è oppresso, o della sua defezione: prima dell'ordinazione, come malattie, immaturità di ordine fisico o psichico, cadute circa il VI precetto del Decalogo durante il tempo di formazione in Seminario o nell'Istituto religioso, spinte da parte della famiglia, errori dei Superiori, sia di foro interno ( purché vi sia il permesso del richiedente ) sia di foro esterno, nel giudizio sulla vocazione; dopo l'ordinazione, mancanza di adattamento al sacro ministero, difficoltà o crisi nella vita dello spirito o nella stessa Fede, errori circa il celibato e il sacerdozio, costumi dissoluti, e cose simili.
c) La Fede che il richiedente merita: se cioè quelle cose che si trovano nella sua richiesta rispondano a verità.
d) Interrogazione dei testimoni utili allo scopo, come sono i genitori, i fratelli e le sorelle, i Superiori e i condiscepoli nel Seminario o nel Noviziato, i Superiori e i confratelli nel ministero, in quanto sia opportuno.
e) Secondo la natura dei casi, e in quanto risultino contribuire allo scopo, esami di persone competenti per professione in medicina, psicologia, psichiatria.
L'autorità a cui spetta il compito di condurre l'indagine può aggiungervi tutte quelle cose che essa riterrà utili per una più piena intelligenza del caso.
Tutte queste cose siano esposte, se possibile, sotto giuramento, e siano coperte dal segreto.
4. Il richiedente, dopo che avrà inviata la sua richiesta al proprio Ordinario e prima che sia pervenuta la risposta della Sacra Congregazione, deve essere impedito per motivi di prudenza di esercitare gli ordini ( cf. can. 1997 ).
1. Per sé il compito di proporre al Sommo Pontefice, attraverso la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, un caso di riduzione allo stato laicale, con dispensa dagli oneri, spetta al Prelato proprio del richiedente, e cioè all'Ordinario del luogo di incardinazione per quanto riguarda i sacerdoti diocesani, al Superiore Maggiore per quanto riguarda i sacerdoti religiosi.
L'Ordinario di incardinazione o il Superiore Religioso Maggiore per compiere l'indagine secondo le presenti norme non hanno bisogno del permesso previo della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, ma la compiono in genere per diritto e compito proprio.
Compiuta l'indagine, la competente autorità invii gli atti alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
E questo Sacro Dicastero esaminerà il caso quanto prima e, se riterrà che si debba appoggiare la richiesta, la proporrà al Santo Padre, a cui solo spetta di decidere se si debba o no concedere la riduzione con la dispensa.
3. Quando il sacerdote abita molto lontano dalla propria diocesi o dalla sede del proprio Superiore Maggiore:
a) Se avrà fatto ricorso al proprio Ordinario, diocesano o religioso, sarà cura dello stesso Ordinario domandare all'Ordinario del luogo, nel quale abitualmente il richiedente dimora, di condurre l'indagine, e a tale scopo comunicare a questo Ordinario tutte le cose utili da conoscersi.
b) Se avrà fatto ricorso all'Ordinario del luogo, in cui abitualmente dimora, sarà cura di questo Ordinario fare conoscere il caso all'Ordinario proprio del richiedente, sia diocesano che religioso, e richiedere da lui quelle cose che sono necessarie per compiere l'indagine.
In ambedue i casi, l'Ordinario del luogo, in cui il richiedente abitualmente dimora, trasmetta gli atti dell'interrogatorio al Prelato proprio del richiedente, sia diocesano che religioso, aggiungendovi il suo parere.
4. Per una causa proporzionata, il sacerdote richiedente può chiedere alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede che il caso, al di là della regola esposta, sia sottoposto ad un'altra autorità diversa dal proprio Ordinario, sia diocesano che religioso.
Ma anche in questo caso, l'Ordinario al quale la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede avrà affidato il compito di svolgere l'indagine, deve richiedere sotto segreto dall'Ordinario diocesano o religioso proprio del richiedente le opportune informazioni e il parere; ma in questo caso trasmetta gli atti direttamente alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
5. Sempre quando si tratti di un richiedente religioso e ogni volta che il richiedente sacerdote secolare non dimora nella propria diocesi, l'Ordinario del luogo, in cui quegli abita, sarà interrogato dalla competente autorità per sapere da lui se egli pensi che si debba o meno temere uno scandalo che potrebbe nascere dalla concessione della dispensa e dal matrimonio canonico del richiedente.
Compiuta l'indagine, l'Ordinario proprio del richiedente, sia diocesano che religioso, deve trasmettere alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede i seguenti documenti:
1) la domanda scritta del richiedente;
2) gli atti della sua indagine ( cf. n. II, 3 );
3) il suo parere, nel quale deve anche parlare dei tentativi fatti per aiutare il richiedente a superare le difficoltà, e di quanto intende fare per evitare lo scandalo che poterebbe nascere tra i fedeli a causa della concessione della dispensa;
4) nei casi ricordati sotto il n. III, 5, il parere dell'Ordinario del luogo di residenza del richiedente intorno allo scandalo che, in quel luogo, si deve o meno temere.
Le competenti autorità curino che gli atti siano trasmessi del tutto completi: in tal modo le cause saranno risolte in fretta; se infatti manca qualche documento necessario, la soluzione del caso si protrae.
1. Il Rescritto comprende inseparabilmente la riduzione allo stato laicale e la dispensa dagli oneri provenienti dalla sacra ordinazione.
Mai al richiedente è permesso di separare questi due elementi, e cioè accettarne uno e rifiutare l'altro.
Se il richiedente è religioso, il Rescritto contiene anche la dispensa dai voti.
Esso inoltre, per quanto ce ne sia bisogno, contiene anche l'assoluzione dalle censure contratte e la legittimazione della prole.
Il Rescritto comincia ad avere forza dal momento della notificazione fatta al richiedente dalla competente autorità.
2. Il Rescritto è inviato al Prelato proprio del richiedente, e cioè all'Ordinario diocesano per i sacerdoti secolari e al Superiore Maggiore per i religiosi, perché sia comunicato al richiedente, eccettuato il caso di cui al n. III, 4.
Se il richiedente è un sacerdote diocesano che si trova fuori dei confini della propria diocesi, o un religioso, l'Ordinario del luogo di incardinazione o il Superiore Religioso Maggiore porti a conoscenza dell'Ordinario del luogo di dimora abituale del richiedente la dispensa pontificia e lo preghi, se sia il caso, di comunicare il Rescritto al richiedente e di concedere la necessaria delega per la celebrazione del matrimonio canonico.
Ma se particolari circostanze consigliassero altrimenti, il predetto Ordinario ricorra alla Sacra Congregazione.
3. Nel libro dei battezzati della parrocchia sia del richiedente che della comparte si annoti che ci si deve consultare con l'Ordinario del luogo quando fossero richiesti documenti o notizie.
1. Per sé il sacerdote ridotto allo stato laicale e dispensato dagli oneri connessi con il sacerdozio, e a maggior ragione il sacerdote congiunto in matrimonio, deve allontanarsi dai luoghi nei quali è noto il suo stato sacerdotale.
L'Ordinario del luogo di dimora del richiedente, di comune accordo, per quanto ve ne sia bisogno, con l'Ordinario proprio di incardinazione o con il Superiore Religioso Maggiore, potrà dispensare da questa clausola del Rescritto, se si preveda che la presenza del richiedente dispensato non farà nascere degli scandali.
2. Per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio canonico, l'Ordinario provveda personalmente affinché non vi sia alcuna pompa o apparato fastoso e sia celebrato alla presenza di un sacerdote provato e senza testimoni o, se necessario, con due testimoni; gli atti poi di questo matrimonio siano custoditi nell'archivio segreto della Curia.
Spetta all'Ordinario del luogo di dimora assieme al Prelato proprio del richiedente, sia diocesano che religioso, determinare in che modo la dispensa, e egualmente la celebrazione del matrimonio, sia da tenersi segreta o si possa comunicare, con le dovute cautele, ai vicini, agli amici e ai datori di lavoro in modo da provvedere alla buona fama dello stesso richiedente e ai diritti economico-sociali provenienti dal suo nuovo stato di laico e di sposato.
3. Ma se il sacerdote ridotto allo stato laicale e dispensato dagli oneri connessi con la sacra ordinazione non mantiene la parola data di evitare lo scandalo, ma anzi rende di pubblico dominio il suo caso per provocare uno scandalo ( usando la stampa, i mezzi radio-televisivi e simili ), spinto dalla cattiva volontà di disprezzare il sacro celibato, gli Ordinari a cui spetta, ed anche il Superiore religioso in caso che si tratti di religiosi, avranno il diritto di far sapere che il sacerdote in questione è stato ridotto allo stato laicale e dispensato dagli oneri, dato che la Chiesa non ritenne idoneo quel tale all'esercizio del sacerdozio.
4. L'Ordinario a cui spetta di comunicare il Rescritto al richiedente, esorti costui vivamente a partecipare alla vita del Popolo di Dio in modo confacente alla sua nuova condizione di vita, a dare edificazione, e a mostrarsi così figlio amatissimo della Chiesa.
Inoltre l'Ordinario gli renda noto che a qualsiasi sacerdote ridotto allo stato laicale e dispensato dagli oneri è proibito:
a) svolgere qualsiasi funzione dell'ordine sacro, salvo quanto disposto dai can. 882 e 892 § 2;
b) avere qualsiasi parte liturgica in celebrazioni con il popolo dove la sua condizione è nota, e tenere l'omelia;
c) avere qualsiasi ufficio pastorale;
d) adempiere l'ufficio di Rettore ( o altro compito direttivo ), di Direttore spirituale e di Docente nei Seminari, nelle Facoltà Teologiche e in Istituti simili;
e) avere l'ufficio di Direttore di una scuola cattolica o il compito di maestro di religione in qualsiasi scuola, cattolica o meno.
L'Ordinario del luogo tuttavia, a suo prudente giudizio, può in casi particolari permettere che il sacerdote ridotto allo stato laicale e dispensato dagli oneri connessi con la sacra ordinazione insegni religione nelle scuole pubbliche e in via eccezionale anche nelle scuole cattoliche, purché non sia da temere scandalo o meraviglia.
5. Gli Ordinari a cui spetta, e tra questi il Superiore Maggiore dei religiosi, seguano con paterno e pastorale amore i sacerdoti ridotti allo stato laicale e dispensati dagli obblighi connessi con la sacra ordinazione e, nei limiti del possibile, li aiutino perché possano vivere decorosamente.
Con i dovuti adattamenti, le cose stabilite in queste regole, per i casi nei quali i sacerdoti di loro spontanea volontà chiedono la riduzione allo stato laicale con dispensa dagli obblighi provenienti dalla sacra ordinazione, sono da applicarsi anche per quei casi in cui qualche sacerdote, a causa della sua vita perversa o per errori nella dottrina, o per qualche altra grave causa sembri, dopo necessaria indagine, da ridursi allo stato laicale e insieme da dispensarsi per misericordia, perché non incorra nel pericolo di eterna dannazione.