Insegnamento del Diritto Canonico per gli aspiranti al Sacerdozio
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In questi ultimi anni lo studio del diritto canonico ha subito, per diverse cause, una perdita di interesse, specialmente tra gli studenti ecclesiastici, con un certo disorientamento nella Chiesa.
La Congregazione per l'educazione cattolica, sollecitata da varie parti e conscia della responsabilità che le incombe nel campo della formazione sacerdotale e teologica, si sente in dovere di attirare l'attenzione anzitutto degli ecc.mi ordinari e gerarchi del luogo nonché dei rev.mi superiori religiosi sulla necessità dello studio del diritto canonico, sia per la dovuta preparazione dei futuri pastori d'anime sia per assicurare alla Chiesa uomini qualificati nel settore canonistico, competenti interpreti, diligenti tutori ed esecutori del diritto ora vigente e del futuro Codice di diritto canonico.
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Non sembri superfluo far qui un breve cenno alle difficoltà che piú comunemente serpeggiano oggi, anche tra gli studenti aspiranti al sacerdozio, circa tale studio.
Esse possono ridursi a due:
supposta desuetudine del Codice di diritto canonico e mancanza di un codice nuovo;
imperfetta e talora falsa interpretazione dell'ecclesiologia del concilio Vaticano II.
La prima difficoltà svanisce se si ha presente che, non solo il codice di diritto canonico non è finora abrogato, ma che non è possibile avere prudenti pastori d'anime, docenti, giudicidi tribunali ecclesiastici, cultori ed esecutori del diritto della Chiesa, se essi sono sprovvisti della dovuta preparazione giuridico-storica e di una dovuta conoscenza del codice tuttora vigente.
Inoltre, è da considerare che dopo il concilio sono stati pubblicati molteplici documenti ufficiali attinenti all'applicazione delle disposizioni conciliari, i quali rivestono carattere propriamente giuridico, e debbono ovviamente essere approfonditi ed insegnati.
Per cui ampia appare la materia da sottoporre allo studio, oltre che dei competenti, anche degli aspiranti al sacerdozio e degli studenti delle facoltà teologiche e canonistiche.
La seconda difficoltà - che si presenta piú sottile, in quanto tocca le ragioni stesse del disinteresse verso le discipline canonistiche - richiede qualche breve riflessione, volta a far comprendere come sia proprio l'ecclesiologia del Vaticano II a sollecitare la promozione del diritto nella Chiesa.
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Il concilio ecumenico Vaticano II ha dato, particolarmente con la costituzione dogmatica "Lumen gentium", una conoscenza piú approfondita della Chiesa nel suo duplice aspetto: carismatico e istituzionale.
La visione è anzitutto cristocentrica: la Chiesa è la continuazione dell'opera della incarnazione e del mistero pasquale.
Tra gli elementi coessenziali alla Chiesa il primo posto è dato nettamente alla ontologia di grazia come comunicazione di vita divina.
A questa comunicazione di vita divina la struttura sacramentariae gerarchica serve di mezzo.
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Il concilio, infatti, dopo aver messo in rilievo la struttura sacramentaria della Chiesa, ha sottolineato che la società costituita di organi gerarchici ed il corpo mistico di Cristo, la comunità visibile e quella spirituale formano una sola complessa realtà, risultante di un duplice elemento, l'umano ed il divino.
La Chiesa viene paragonata per analogia al mistero del Verbo incarnato: "Come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo, che la vivifica per la crescita del suo corpo …";
" ( La Chiesa) unita in vista dei beni celesti, e da questi arricchita … fu da Cristo costituita e organizzata come società in questo mondo e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale.
Perciò la Chiesa, che è insieme società visibile e comunità spirituale, cammina insieme con tutta l'umanità …".
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Questa visione della Chiesa fa meglio comprendere come, nella sua totalità e nella sua unità, la Chiesa sia indissolubilmente, sebbene sotto diversi aspetti, comunità di grazia e società gerarchica, e come le sue strutture siano e debbano essere profondamente determinate nella loro natura dall'aspetto soprannaturale.
Tra l'elemento divino e l'elemento umano deve sempre mantenersi quella relazione che Cristo stesso ha stabilito.
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Alla luce dell'ecclesiologia conciliare, pertanto, risulta piú chiaro il giusto posto e la necessità del diritto canonico.
La "legge" acquista maggiore valore perché è meglio compresa la sua funzione nella vita della Chiesa.
"Il primato appartiene certamente alla carità; ma la carità senza giustizia, la quale si esprime nelle leggi, non può sussistere.
Ambedue ( carità e giustizia ) devono procedere congiuntamente e completarsi vicendevolmente, emanando dall'unica fonte, che è Dio.
Del resto, come dice s. Paolo, il regno di Dio è "giustizia, e pace, e gioia nello Spirito santo" ( Rm 14,17 ).
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Il primato è dello spirito e dell'interiorità, ma l'inserimento organico nel corpo ecclesiale, la presenza dell'autorità e la sottomissione ad essa restano sempre un elemento insopprimibile, voluto dallo stesso fondatore della Chiesa.
Nella Chiesa "libertà ed autorità non sono termini che si contrastano, ma valori che si integrano; ed il loro mutuo concorso favorisce ad un tempo la crescita della comunità e le capacità d'iniziativa e di arricchimento dei singoli membri.
Con il richiamo del principio di autorità e della necessità dell'ordinamento giuridico, nulla si sottrae al valore della libertà ed alla stima in cui essa deve essere tenuta; si sottolineano bensí le esigenze di una sicura ed efficace tutela dei beni comuni, tra i quali quello fondamentale dell'esercizio della stessa libertà, che solo una convivenza bene ordinata può adeguatamente garantire.
La libertà, infatti, che cosa varrebbe all'individuo se non fosse protetta da norme sapienti ed opportune?".
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Inoltre è lo stesso concilio Vaticano II, particolarmente nella costituzione dogmatica "Lumen gentium", a far meglio comprendere la funzione ed il ruolo del diritto canonico anche nelle chiese locali.
Il principio di sussidiarietà evidenzia che, oltre le norme valide per l'intera Chiesa, vi siano pure norme particolari per le chiese locali.
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Le precedenti considerazioni ci possono aiutare a mettere in maggiore luce la necessità della promozione del diritto canonico non soltanto in una prospettiva universale, ma anche a tutti i livelli dell'organizzazione ecclesiale.
Occorre disporre di canonisti competenti nell'insegnamento teologico, nelle strutture organizzative delle curie diocesane, nei tribunali ecclesiastici regionali, nel governo delle famiglie religiose, ecc.
Le stesse conferenze episcopali, i sinodi, i singoli ordinari diocesani e i superiori religiosi hanno bisogno di persone giuridicamente preparate, che possano aiutarli non soltanto a formare canonisticamente i loro futuri sacerdoti ed a interpretare rettamente il diritto comune ma anche a formulare con competenza il diritto particolare, cioè a redigere nel modo migliore, sia dal punto di vista del contenuto che da quello della forma, le leggi particolari, e ad applicarle.
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Vale la pena ricordare che gli istituti religiosi, in seguito al periodo di sperimentazione previsto dal motu proprio "Ecclesiae sanctae" del 1966, stanno lavorando alla revisione del diritto particolare proprio e si stanno studiando anche nuove strutture.
Si tratta pertanto di una collaborazione insostituibile all'autorità ecclesiastica nella sua funzione di governo ( la quale è inseparabile dalla "pastorale" ),
per lo sviluppo ordinato e pacifico della vita sociale della comunità cristiana,
la promozione dell'apostolato e
la retta tutela dei legittimi diritti di tutti.
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Non deve però sfuggire a nessuno la necessità che anche il sacerdote in cura di anime disponga di una adeguata formazione giuridica per svolgere convenientemente il ministero pastorale spettante alla sua qualità di sacerdote.
Di qui l'urgenza che vescovi e superiori religiosi prendano maggiore coscienza dell'obbligo che loro incombe di incoraggiare e promuovere gli studi canonistici.
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È quindi agli ecc.mi ordinari e gerarchi del luogo nonché ai rev.mi superiori religiosi che la Congregazione per l'educazione cattolica, d'intesa con le congregazioni per le chiese orientali, per l'evangelizzazione dei popoli, per i religiosi e gli istituti secolari, affida queste riflessioni, nella certezza che la loro attenta e solerte premura pastorale, pienamente conscia di questo problema di Chiesa, recherà il decisivo contributo per l'auspicata soluzione.
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Affinché sia facilitato il compito della concreta attuazione dei su indicati intenti, si dispone quanto segue:
1. In nessun seminario maggiore o scolasticato ( e a maggior ragione in nessuna facoltà o dipartimento teologici ) mancherà la cattedra di diritto canonico; insegnamento che dovrà essere annoverato tra le discipline necessarie.
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2. Nell'insegnamento vengano indicati i fondamenti teologici generali del diritto canonico e quelli particolari di ogni istituto giuridico.
Intal modo ed in tale linea, sarà messo in evidenza lo spirito che anima il diritto della Chiesa, a differenza degli altri diritti, e la sua funzione pastorale.
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3. L'insegnamento del diritto canonico sia svolto in modo che il futuro sacerdote giunga ad assimilare i principi e le norme del diritto canonico in ordine alla vita pastorale.
Quando occorre, non si esiti a tracciare anche la storia della norma, ponendola in relazione con la teologia dei vari periodi storici.
Sia anche offerta una sufficiente cognizione del diritto civile della propria nazione circa problemi trattati dal diritto canonico, particolarmente quelli di competenza mista della Chiesa e dello Stato ( oltre il diritto concordatario, ove questo esista ).
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4. Attese le esigenze dell'ecumenismo e nel rispetto della relativa legislazione ecclesiastica, l'insegnamento del diritto canonico deve trattare le questioni attinenti all'ecumenismo stesso, aventi implicazioni giuridiche, con particolare riferimento al campo liturgico-sacramentale.
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5. Affinché l'insegnamento non rimanga astratto, occorre che gli studenti siano introdotti alla pratica anche mediante la conoscenza e l'uso di appositi e ben precisi formulari, dei vari procedimenti giuridici ( con analizzate le rispettive fasi di sviluppo ), ecc., tanto sul piano amministrativo che su quello giudiziario.
Allo scopo, di grande utilità saranno le visite organizzate degli studenti alle cancellerie e tribunali diocesani o regionali, come anche inviti in seminario di giudici, difensori del vincolo, ecc.
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6. Piú particolarmente, quanto al metodo d'insegnamento:
a) L'impostazione dell'insegnamento sarà diversa da quella attuata nelle facoltà o scuole canonistiche, essendone diverse le finalità.
Saranno pertanto scartate, per quanto possibile, le questioni disputate e le ricerche propriamente monografiche, a meno che rivestano particolare importanza ai fini pastorali.
b) Nei "Regolamenti di formazione sacerdotale" di ogni singola nazione e di ogni famiglia religiosa dovrà apparire specificata la materia da insegnarsi.
A maggior ragione ciò dovrà essere fatto nei programmi di studio di ciascun seminario maggiore e studentato religioso, con aggiunta la precisazione delle ore assegnate all'insegnamento canonistico.
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7. I docenti di diritto canonico si manterranno sempre in contatto con i docenti delle altre discipline teologiche, cosí che, in un clima di fraterna collaborazione, possano avvalersi del loro contributo per la formulazione annuale del programma di insegnamento e per la sua attuazione ( il tutto, ovviamente, in esecuzione del "Regolamento di formazione sacerdotale" ).
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8. Gli ordinari diocesani, gerarchi e religiosi dispongano che i loro docenti di diritto canonico partecipino diligentemente ai corsi di aggiornamento organizzati allo scopo dalle facoltà canoniche o simili, e dalle conferenze episcopali o religiose.
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9. Nel promuovere la formazione permanente del clero, nei vari corsi di aggiornamento per il clero ( cosí anche rispettivamente negli istituti pastorali ), siano inclusi argomenti riguardanti questioni canonistiche.
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10. Gli ordinari e gerarchi del luogo, e i superiori religiosi, infine, non manchino di inviare loro sacerdoti alle facoltà o istituti di diritto canonico, in vista di farne idonei docenti.
Altri poi ne inviino a specializzarsi nei settori giuridici richiesti dall'attività diocesana o religiosa.
Questi ordinari latini, nelle cui diocesi si trovano fedeli appartenenti alle chiese orientali, cattoliche o ortodosse, abbiano cura che alcuni loro sacerdoti frequentino corsi di specializzazione del diritto canonico orientale vigente nel Pontificio Istituto di studi orientali in Roma.
Sicuri della collaborazione che la Signoria Vostra Reverendissima vorrà darci per la soddisfacente soluzione di questo preoccupante problema, la ringraziamo sentitamente fin d'ora, mentre con distinti ossequi ci confermiamo suoi devotissimi.
Roma, 2 aprile 1975.
+ Gabriel-Marie card. Garrone
+ J. Schroffer , Segretario