La vita religiosa e l'insegnamento della Chiesa |
18. La consacrazione religiosa stabilisce una particolare comunione tra il religioso e Dio e, in lui, tra i membri di uno stesso istituto.
Questa comunione è l'elemento basilare che costituisce l'unità della famiglia religiosa.
Una tradizione condivisa da tutti; attività comuni, strutture ben ponderate, risorse messe a disposizione di tutti, costituzioni comuni e un unico spirito; tutto ciò contribuisce a costruire e a rafforzare l'unità.
Suo fondamento, tuttavia, è la comunione in Cristo stabilita dall'unico carisma originario.
La comunione affonda le sue radici nella stessa consacrazione religiosa, si anima dello spirito evangelico, si nutre della preghiera, si manifesta nella generosa mortificazione e si caratterizza a motivo della gioia e della speranza che emanano dalla fecondità della croce ( cfr. ET 41 ).
19. Per i religiosi la comunione in Cristo si esprime in un modo stabile e visibile nella vita comunitaria.
È, questa, un elemento tanto importante per la consacrazione religiosa, che ogni religioso, qualunque sia il suo impegno apostolico, è obbligato a essa in forza della professione.
Normalmente egli deve quindi vivere sotto l'autorità di un superiore locale in una comunità dell'istituto a cui appartiene.
La vita comunitaria comporta ordinariamente anche una condivisione quotidiana di vita in conformità alle strutture specifiche e alle norme previste dalle costituzioni.
Condivisione di preghiera, lavoro, pasti e tempi di riposo, « spirito di gruppo, rapporti di amicizia, collaborazione in un medesimo apostolato, sostegno vicendevole in una comunanza di vita, scelta per un migliore servizio del Cristo, sono altrettanti coefficienti preziosi di questo cammino quotidiano » ( ET 39 ).
Una comunità unita come una vera famiglia nel nome del Signore, gode della sua presenza ( cfr. Mt 18,25 ) tramite l'amore di Dio elargito dallo Spirito Santo ( cfr. Rm 5,5 ).
La sua unità è segno della venuta di Cristo ed è fonte di grande energia apostolica ( cfr. PC 15 ).
In una simile comunità la vita consacrata può prosperare nelle condizioni ottimali ( cfr. ET 38 ) e vi è assicurata la formazione permanente dei membri.
La capacità di vivere la vita comunitaria con le sue gioie e i suoi limiti è una qualità che distingue una vocazione religiosa per un dato istituto ed è un importante elemento di giudizio per riconoscere l'opportunità di accettare un candidato.
20. La comunità locale è il luogo dove la vita religiosa è vissuta in prevalenza; essa deve perciò essere organizzata in modo tale da rendere evidenti i valori religiosi.
Suo centro è l'Eucaristia.
I membri della comunità vi partecipano, per quanto possibile, ogni giorno.
Essa è venerata in un oratorio dove possa aver luogo la celebrazione eucaristica e dove venga pure conservato il Santissimo ( cfr. ET 48 ).
La preghiera quotidiana in comune, basata sulla parola di Dio, in unione con la preghiera della Chiesa, soprattutto la liturgia delle Ore, è un sostegno ulteriore della vita comune.
A questa contribuisce pure una più intensa preghiera a ritmo fisso settimanale e mensile, nonché il ritiro annuale.
Per la vita religiosa è anche importante ricevere frequentemente il sacramento della riconciliazione.
Oltre all'aspetto personale del perdono di Dio e del suo amore rinnovante da parte del singolo, il sacramento rafforza lo spirito di comunione mediante il suo potere di riconciliazione ed esprime pure un vincolo speciale con la Chiesa.
In conformità al diritto proprio dell'istituto, sia riservato ogni giorno uno spazio per la preghiera del singolo e per una buona lettura spirituale.
Così pure siano offerti mezzi per un approfondimento delle devozioni particolari dell'istituto, in modo speciale a Maria, Madre di Dio.
I religiosi portino nella preghiera tutte le necessità dell'istituto e abbiano un particolare ricordo affettuoso per i membri che il Padre ha già chiamato da questa vita.
Incrementare questi valori essenziali alla vita comunitaria e assicurare le condizioni indispensabili per promuoverli, è responsabilità di tutti i membri, ma in modo particolare del superiore locale ( cfr. ET 26 ).
21. Lo stile della vita comunitaria corrisponderà alla forma di apostolato in cui i membri sono impiegati, alla cultura e alla società in cui si svolge tale impegno.
Il genere stesso di apostolato potrà determinare l'entità e il luogo d'insediamento della comunità, le sue esigenze particolari, il suo tenore di vita.
Ma, qualunque esso sia, la famiglia religiosa cercherà di vivere in semplicità e in sintonia con le norme stabilite a livello di istituto e di provincia, applicate alle sue esigenze peculiari.
Sarà importante integrare, nel suo tenore di vita, l'ascesi propria della consacrazione religiosa.
La comunità provvederà alle necessità dei suoi membri secondo le sue risorse, sempre considerando le responsabilità nei riguardi dell'intero istituto e dei poveri.
22. Di fronte all'importanza cruciale della vita comunitaria, va notato che la sua qualità è condizionata, in modo positivo o negativo, da due fattori: la diversità dei membri e la diversità delle opere.
Si allude con ciò alla diversità del Corpo di Cristo, per riprendere un'immagine di San Paolo, o a quella del popolo peregrinante di Dio, secondo un'immagine del Concilio.
In entrambi i casi, la diversità costituisce una varietà di doni che deve arricchire un'unica realtà.
Il criterio per accettare in un istituto religioso sia i futuri membri che eventuali opere è, pertanto, ciò che costituisce unità ( ME 12 ).
Il problema, sul piano pratico è il seguente: i doni di Dio in questa persona o progetto o gruppo, producono unità e approfondiscono la comunione?
Se sì, possono essere bene accolti.
In caso contrario, quantunque buoni possano apparire in se stessi e quantunque desiderabili possano sembrare ad alcuni membri, essi non sono adatti per questo particolare istituto.
È un errore il cercare di far rientrare ogni cosa nel carisma originario.
Un dono che verrebbe virtualmente a separare un membro dalla comunione di vita della comunità non può essere incoraggiato.
Come pure non è saggio tollerare linee di sviluppo molto divergenti che non offrano un saldo fondamento di unità nell'istituto.
La diversità che non genera divisione e l'unità aliena da uniformità sono una ricchezza e una sfida che incrementano la comunione e la preghiera, la gioia e il servizio quale testimonianza della realtà di Cristo.
È una particolare responsabilità dei superiori e di quanti sono preposti alla formazione, assicurare che le differenze generanti disgregazione non siano erroneamente scambiate per il valore autentico della diversità.
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