Un apostolo di Gesù Crocifisso

La Casa di Carità Arti e Mestieri

Quando il 27 gennaio del 1922 F. Leopoldo Maria Musso, col sorriso dei Santi, chiudeva gli occhi alla luce di quaggiù per riaprirli a quella del cielo, era in pieno sviluppo una battaglia che egli aveva suscitato e condotta con forza e costanza sorprendente, battaglia che gli aveva procurato molti dolori, delusioni e abbandoni.

Tutte le iniziative che nella sua assai lunga vita aveva intrapreso ebbe la gioia di vederle trionfare; questa invece che aveva iniziato fin dal 1919 pareva fallita.

Cosi poteva apparire a chi guardava soltanto con occhio umano, non a lui che in tutto quel tempo non aveva fatto altro che manifestare e difendere la volontà di Dio.

Il Manzoni ricorda il Principe di Condé, che dorme profondamente alla vigilia della battaglia di Rocroi, perché tutto aveva predisposto per la vittoria, che il giorno dopo raccolse come frutto logico delle sue previdenze.

Meglio di lui, F. Leopoldo poteva addormentarsi placidamente in Dio, perché sapeva che Dio stesso tutto aveva predisposto per la vittoria.

Aveva impartito gli ordini avuti da Lui, aveva dato consigli, e lasciava dei luogotenenti che fedelmente avrebbero eseguito.

Chi oggi visita il grandioso edificio che i Fratelli delle Scuole Cristiane edificarono e dirigono in Corso Trapani a Torino, intitolato « Istituto Arti e Mestieri », ove sono istruiti e cristianamente educati operai capi tecnici;38 chi visita in via Feletto un altro edificio dello stesso genere e che porta la scritta : « Casa di Carità Arti e Mestieri »,39 tenuta dai Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata, avrà la prova della vittoria riportata da F. Leopoldo Maria.

Vittoria che va sviluppandosi continuamente in modo sempre più grandioso e nel modo annunziato con sicurezza da lui.

Frate! Teodoreto ne narra minutamente la storia iniziale, piena di contrasti e di difficoltà40 e mette in piena luce la parte che col Servo di Dio ebbero i suoi cooperatori, che credettero in lui.

Ciò che la sapienza e l'abilità umana non seppero risolvere fu ottenuto dalla fede e dalla carità.

Dobbiamo far conoscenza di un altro ammiratore e amico di F. Leopoldo: un'anima di larghe vedute, che conosce i bisogni della società moderna, Fratel Isidoro Maria delle Scuole Cristiane.

Egli era stato nel 1919 mandato a Torino come Direttore della Comunità e delle Scuole di Via delle Rosine.

Maturava nel suo pensiero l'idea di stabilire a Torino una scuola professionale sul tipo di quelle che i suoi Confratelli avevano fondato in Francia e nel Belgio e che si dimostravano tanto utili per salvare la fede cristiana nel ceto operaio.

Tutti sanno quanto sia necessario elevare lo spirito e informarlo ai principi del cristianesimo l'operaio, insidiato nelle fabbriche da teorie materialistiche senza ideali ultraterreni, teorie che non vanno al di là di un benessere finanziario, non curanti della più nobile parte dell'uomo, dell'anima immortale, dei doveri verso il Creatore e il Divin Redentore.

Con zelo di apostolo Fratel Isidoro Maria si diede attorno per trovare il modo di attuare il suo desiderio.

Trovò approvazioni, entusiasmo in molti, ma anche difficoltà non poche.

Gli occorreva sopratutto l'appoggio e l'approvazione dei suoi Superiori, e non era facile, stante la difficoltà di trovare i mezzi finanziarli, che essi non avevano.

Tentativi e assaggi furono fatti da lui dal marzo al dicembre del 1919, senza che potesse conchiudere nulla di positivo.

Durante questi mesi egli aveva conosciuto e frequentato insieme a Fratel Teodoreto il nostro servo di Dio, ma nelle conversazioni mai si era parlato della scuola professionale o fatto allusioni ad essa.

L'iniziativa era tutta sua, senza che F. Leopoldo avesse dato alcuna spinta.

La cosa pareva arenata davanti alla difficoltà insormontabile del Superiori che conoscevano la bontà dell'iniziativa, ma si trovavano nell'impossibilità di attuarla sia per mancanza di mezzi finanziari sia di personale insegnante.

Ed è proprio quando parve doversi rinunziare al progetto che interviene il Servo di Dio.

Un giorno del dicembre di quell'anno egli fece leggere a Fratel Teodoreto e all'ing. Rodolfo Sella, anima ardente di apostolo, propagatore della Devozione al SS. Crocifisso di F. Leopoldo, amico e ammiratore di lui, uno scritto, in cui riferiva alcuni detti rivelategli dal Crocifisso il 24, il 28 novembre e il 2 dicembre.

Sono questi: « Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si deve aprire una Casa di Carità per far imparare al giovani Arti e Mestieri.

Non bisogna lesinare, si richiede qualche milione.

Se non fanno quanto io chieggo si scaveranno una fossa.

Ormai è tempo che lo manifesti la mia volontà: voglio una Scuola Casa di Carità Arti e Mestieri ».

Fratel Teodoreto fece vedere lo scritto all'Assistente del Superiore Generale delle Scuole Cristiane, Fratel Candido, il quale ne rimase colpito, ma proibì di parlarne a Fratel Isidoro, promettendo di studiare la questione e di consigliarsi.

Non possiamo ricordare tutti i particolari che ne seguirono e che si possono leggere nel libro ricordato di Fratel Teodoreto.

Basterà per ciò che riguarda la parte che ebbe F. Leopoldo notare che il permesso del Superiori fu dato, che fu formato un comitato per l'esecuzione del progetto di Fratel Isidoro, e che dai promotori fu preso in considerazione quanto aveva scritto il nostro Servo di Dio.

Anzi una volta tu invitato anche lui a prender parte ad una riunione del Comitato.

Ma se della necessità della scuola professionale tutti erano d'accordo, non lo si fu più quando si venne a trattare sui mezzi per finanziare l'opera.

F. Leopoldo e chi credeva in lui ( oltre Fratel Teodoreto e Fratel Isidoro, anche il Conte Avogadro della Motta, l'ing. De Matteis e l'ing. Sella ) volevano che si tenesse conto completamente di quanto era stato detto dal primo per ordine di Gesù Crocifisso, e cioè che l'opera fosse fondata sulla carità pubblica e privata, vale a dire sulla Divina Provvidenza; altri invece volevano che fossero stabiliti dei fondi sicuri secondo la prudenza umana.

La questione fu dibattuta vivamente a lungo e il Comitato finì di dividersi in due parti opposte, pro e contro F. Leopoldo; le sedute del Comitato andarono deserte.

Gli animi si raffreddarono e l'opera pareva che non potesse in nessun modo mettere radici.

Anche quando Fratel Isidoro ebbe per successore Fr. Aquilino la questione non poté essere risolta.

Il dissidio ebbe conseguenze dolorose per F. Leopoldo.

Egli continuava ad insistere su quanto il Signore gli manifestava, imperterrito, senza smentirsi mai.

Minacciava che se non si fossero osservati lo spirito e la lettera della scuola nel senso che gli era stato rivelato e cioè Casa di Carità, il Signore non l'avrebbe né aiutata né benedetta.

Egli insisteva anche sul nome materiale mentre su ciò anche parecchi del suoi amici erano inclini a passar sopra pur conservandone lo spirito.

Ma neppure in ciò volle cedere e non poteva perché egli aveva coscienza di essere semplicemente il messaggero della volontà del Signore.

Il 27 febbraio, undici mesi prima della sua morte scriveva a Fratel Isidoro ( non per lui, che già aveva sostenuto con fermezza la tesi di Fra Leopoldo, ma per gli altri ): « Con grande rincrescimento debbo farle noto il detto del Signore ove dice: Non vorrei che la Casa di Carità Arti e Mestieri venisse ostacolata per opera d'uomo.

Ora si presenta tanta difficoltà per un nome sì minimo e umile.

Non dare il nome come vuole il Signore è disconoscere l'opera di Dio.

Il non conformarsi al voleri di Dio è allontanare dalla Casa la sua benedizione e in tale mancanza come e che cosa faremo noi?

Ossequi nel Signore ».

La Questione del titolo che a prima vista parrebbe di poca importanza e non Idonea a dividere cosi nettamente gli animi, era invece nel nostro caso essenziale.

Il titolo era l'espressione di due concetti molto chiari: uno che senza escludere la fiducia nella divina Provvidenza voleva che la scuola avesse fondi sicuri e fissi, l'altro che al contrario, senza badare alla prudenza umana, voleva che tutto fosse affidato alla Divina Provvidenza.

Era questa la fede di S. Francesco d'Assisi, del S. Cottolengo e F. Leopoldo la difese per ordine del Signore senza debolezze, e come è delle opere, di Dio gli eventi gli diedero ragione.

È bene dire che non sono solo i suoi intimi amici che lo compresero ed ebbero fede in lui, ma altri.

Nel suo Diario F. Leopoldo porta una lettera inviata da Fratel Candido, Assistente del Superiore Generale dei FF. SS. Cristiane di cui abbiamo fatto cenno più sopra, al Direttore dei Fratelli di Torino.

Essa è del 14 marzo 1921, quando dunque la lotta ferveva.

Senza nominare mai F. Leopoldo, la lettera è un autorevole documento della convinzione che egli aveva sulla veridicità delle rivelazioni avute dal Servo di Dio.

« La questione, scrive F. Candido, del titolo da darsi alla scuola professionale è di un'importanza capitale.

Ma appunto per questa importanza si deve badare bene a non sbagliare.

In questo caso mi pare però che non vi si debba essere titubanza o esitazione di sorta.

Il titolo è strettamente legato alle origini della grandiosa opera.

Viene o non viene da Dio? Chi è che l'ha ispirata? Non è Dio?

Chi ci pensava se Dio non manifestava il suo desiderio, anzi la sua volontà?

Si può in certo modo applicare a tale istituzione le parole del Vangelo: « Non per la volontà della carne né per la volontà dell'uomo, ma da Dio essa è venuta ». ( Gv 1,13 )

Ammesso che Dio l'ha voluta, vi è da vedere se Dio ha anche indicato il nome da darsi all'opera.

Ora risulta che l'ha dato in modo ben determinato ed esplicito.

Ma dunque chi siamo noi per opporci a Dio? Faremo l'opera sua a nostro modo?

Oseremo dar lezione a Dio? Il difficile per l'uomo talvolta è conoscere la volontà di Dio, ma quando è nota non vi è più difficoltà né ostacolo che debba opporsi.

Forse Dio non ha mostrato di ottenere sovente degli effetti insperati con mezzi affatto inadatti al fine? ...

Una prova si ha anche nella Società del SS. Crocifisso: chi avrebbe pensato a tanto sviluppo? ... dove mette il suo dito Dio nulla vi ha da temere e tutto da sperare ...

La loro dev'essere assolutamente un'opera di Dio; solo a queste condizioni il nostro Istituto ha fatto il sacrificio di lasciar intraprendere un'opera di tal fatta in questi momenti in cui tanto difettiamo di personale.

Ma Dio lo vuole e noi abbiamo fatto il sacrificio.

Ora non si guasti l'opera di Dio con andar contro alla sua volontà con un titolo che non sarebbe quello dettato da Dio ...

Sia quello che vuole Dio che ha voluto l'opera ».

La lettera era scritta dalla casa generalizia nel Belgio, e F. Leopoldo la trascrive senza fare alcun commento né prima né dopo, ma essa gli portò certo un po' di soddisfazione in quei giorni che egli stesso chiama di persecuzione, di vespaio.

E aggiunge: « Pazienza verso di me che sono peccatore e merito molto di più di quello che vanno spargendo, ma ciò che di più mi addolora è che non vogliono credere che è volere di Dio il dare il nome di carità e qualcuno di loro è uscito con termini poco rispettosi contro il SS. Nome di Dio Gesù Crocifisso, mio amabilissimo amore e mio tutto ».

Gli eventi gli dettero completamente ragione.

La scuola professionale fu fondata poi secondo le sue indicazioni e anche il nome di Casa di Carità trionfò e col nome anche quanto aveva promesso: la benedizione di Dio, perché appena accettata la denominazione cominciarono a giungere ogni sorta di aiuti materiali e morali.41

Ma non piacque al Signore che egli vedesse quaggiù tutto ciò.

Anzi la lotta che dovette sostenere servì solo a purificare l'anima sua e arricchirla di meriti per la chiamata al premio eterno.

Difatti gli oppositori non solo abbandonarono il Comitato, ma vi fu chi volle chiudere la bocca per sempre al Servo di Dio.

Oltre a parlarne poco favorevolmente e a considerare come noioso, importuno e incompetente il suo intervento in questioni scolastiche ( e poteva giudicare diversamente un povero cuoco, che non aveva neppure compiuto il corso elementare, chi non lo considerava se non un visionario? ), fece pressione sul suoi Superiori affinché proibissero a lui di occuparsi della scuola di arti e mestieri.

E così fu ordinato. Il fatto che neppure i Superiori si erano accertati di avere tra i loro sudditi un vero Santo spiega e in parte scusa quell'atto precipitoso e per nulla giustificato, perché F. Leopoldo non aveva che trasmesso a chi lo interrogava i detti che il Signore gli faceva scrivere, né si poteva per questo parlare di interventi importuni.

Ed egli tacque. Gli si proibì di ricevere persone; si parlò anche di un'inchiesta sulla sua vita, che poi non venne; per equivoco egli si credette anche abbandonato dal suo amico più intimo, Fratel Teodoreto, che invece, e non lui solo, lo difendeva con quell'affetto che viene dalla sicurezza di essere l'amico di un santo e conoscitore perfetto dell'anima di lui.

Non si lagnò con nessuno, non protestò, non si difese.

I suoi lamenti li faceva solo col suo Signore nei colloqui e preghiere di ogni giorno.

Il 14 dicembre 1921 nel fare l'Adorazione solita ( così si legge nei suoi scritti ) si lagnò con Lui dicendo: « O mio Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice tutti mi hanno abbandonato!

Disse Gesù: Fa coraggio! non siamo due amici?

Oh grazie Gesù! a Te hanno fatto ben di peggio! »

Ai dolori morali per la questione della scuola professionale si aggiunsero anche quelli fisici.

Da tempo la malattia di cuore lo tormentava e gli toglieva le forze.

Eppure continuava nel suoi lavori con la stessa assiduità.

In quei mesi di dolori, il Guardiano gli aveva dato anche l'incarico di preparare i numeri per un banco di beneficenza.

Narra il suo aiutante di cucina Sebastiano Ellena che nell'arrotolare i biglietti e infilarli negli occhielli faceva fatica e sovente gli cadevano le mani come inerti.

Si rifiutavano di ubbidire e spesso ripeteva: Non riesco più! Eppure la volontà perseverava e il lavoro fu fatto lo stesso.

Chi conosce la storia del Santi non si stupisce dì tutto ciò.

È l'opera di Dio che purifica i suoi eletti.

Sono gli ultimi tocchi del Divino Artista alla sua creazione.

Quei dolori servirono a distaccare F. Leopoldo da qualunque, anche leggero legame della terra.

Più nulla doveva occupare il suo cuore e la sua mente fuori dello, Sposo Celeste.

Indice

38 La Scuola non è gratuita, ma i Fratelli riducono al minimo possibile le rette da pagarsi dai frequentatori.
Anch'essa tiene presente lo spirito di carità e la fiducia nella Divina Provvidenza perché non è fondata su capitali fissi, ma sulle rette e sulle offerte che vengono dai benefattori.
39 La Casa di Carità Arti e Mestieri di Via Feletto è completamente secondo la lettera e lo spirito di F. Leopoldo.
Essa è in tutto gratuita. I frequentatori pagano all'iscrizione L. 300 in tutto, ma anche questa leggerissima somma viene restituita se l'allievo saprà dimostrare diligenza e fare progresso. Come apparirà da quanto si dice in questo capitolo, è il miracolo che potremo chiamare permanente di F. Leopoldo, e argomento per provare la sua santità e anche la veridicità delle sue rivelazioni.
40 V. op. cit., pag. 179-197 e pag. 287-295.
41 Nel 1925 i Catechisti del SS. Crocifisso aprirono una scuola festiva per gli operai di tipo industriale nella Parrocchia di Nostra Signora della Pace in Torino, ove già esercitavano il loro apostolato catechistico.
La scuola si sviluppò meravigliosamente in pochi anni tanto che essi furono costretti a cercare un locale più ampio per soddisfare alle domande di iscrizione.
Fu allora che si decise di dare il titolo completo voluto da F. Leopoldo di Casa di Carità Arti e Mestieri, causa di tante discussioni e opposizioni e di scriverlo a grandi caratteri sul locale che sarebbe stato acquistato.
Appena scelto quel titolo incominciarono gli aiuti d'ogni genere in favore dell'iniziativa. Nel mese di maggio 1929 i Catechisti senza alcun fondo in cassa firmarono il compromesso per l'acquisto dello stabile di Via Feletto 8, e pochi mesi dopo poterono dare al venditore l'acconto di oltre centomila lire in contanti.
Per la rimanenza del debito fecero un mutuo con la Cassa di Risparmio di Torino e firmarono una cambiale che scadeva il 31 dicembre 1929, la quale se ritirata prima della scadenza sarebbe stata bonificata di L. 20.000.
I Catechisti fecero una novena all'Immacolata ed ecco nel corso di essa una zelatrice della Devozione a Gesù Cristo Crocifisso consegnare le 80 mila lire necessarie e così la cambiale si poté ritirare il 7 dicembre con la bonifica pattuita. ( V. op. cit. pag. 292-293 ).
In Via Feletto nel 1931 fu traslocata anche la scuola serale tipo industriale che ebbe un crescendo continuo da 300 allievi nel 1932 a 800 nel 1939, per cui si sentì il bisogno di pensare ad altri locali per non respingere le domande.
I Catechisti decisero di adottare anche per il nuovo edificio che si sarebbe edificato il titolo di Casa di Carità e anche allora fu trovato il terreno provvidenzialmente per intercessione di F. Leopoldo e su esso sta elevandosi un grandioso locale per la Scuola professionale.
Esso è in Via Orvieto.
Avrà quanto è necessario secondo i bisogni odierni per una « Scuola tecnica professionale » con cinque anni di studio e con programma eminentemente pratico, per una « Scuola pratica di aggiustaggio e torneria » con tre anni di studio.
Gli Insegnanti sono tutti apprezzati professionisti e prestano gratuitamente la loro opera a favore dei figli del popolo.
Questa grandiosa « Casa di Carità » sorge vicino agli Stabilimenti Fiat, Savigliano, Michelin, Simbi, ecc., in Borgata Vittoria e vivrà come vive ora in quella Via Feletto come volle e indicò F. Leopoldo di beneficenza pubblica e privata.