Una storia a due: Gesù Crocifisso e Fra Leopoldo |
Eppure il tempo in cui fra Leopoldo annota queste parole del Crocifisso, è un tempo terribile, non solo per la guerra che continua implacabile, nonostante gli sforzi di pacificazione di Papa Benedetto XV, del giovane imperatore d'Austria Carlo d'Asburgo ( oggi "beato" ) e di tanti uomini di buona volontà.
In estate 1917, in Italia, anche a Torino, per opera soprattutto dei socialisti, scoppiano insurrezioni motivate anche dalle privazioni della guerra, ma volte al sovvertimento di tutto.
Leopoldo ne soffre terribilmente.
Così ne scrive in una lettera della fine agosto 1917: "Riguardo alla rivoluzione, scoppiò pure qui il giorno 23 agosto: a mezzanotte, un gran rumore per la via Pietro Micca mi svegliò.
Mi portai alla finestra: era il finimondo.
Vennero a suonare il campanello, ma poi tirarono avanti; dove passavano, facevano da popolo barbaro: insegne, lampioni, tutti andarono in frantumi.
La rivoluzione incominciò in tre punti; S. Bernardino ( borgo S. Paolo ), barriera di Milano, e via Pietro Micca, ma la più danneggiata fu S. Bernardino.
Si vede che i socialisti erano preparati a tutto: assalirono da tre parti la Chiesa e il convento e tutto distrussero.
Ciò che addolora e che non fecero in tempo a salvare il SS.mo Sacramento, profanarono in modo orribile i sacri vasi e le Sacre Ostie.
Fra le molte donne cattive, una ha avuto il coraggio di gettare giù la Madonna e le tagliò la testa; le statue di S. Antonio e di S. Bernardino andarono distrutte dalle fiamme con i banchi e tutto ciò che trovarono in convento.
Tavoli, tavolini e tutto quanto capitò per mano, tutto bruciarono; il cuoco in quel momento era in cantina, non sapendo di che cosa si trattasse, andò in cucina e trovò minestra e stoviglie tutto versato, tutto rotto".
Insomma, una cosa mai vista, una devastazione orribile, in odio alla fede e alla vita religiosa.
Fra Leopoldo continua: "Fortuna che metà del convento era occupato dai soldati e quando i frati seppero di essere cercati a morte per essere bruciati vivi in mezzo alla piazza, Dio di bontà ha permesso che si rifugiassero in mezzo ai buoni soldati e là trovarono l'arca di salvezza travestiti da militari ...
Alle ore due dopo mezzanotte, i frati entrarono in automobile chiuso e furono condotti dai militari al quartiere della Cernaia, dove passarono il rimanente della notte.
Alle ore dieci del mattino, furono condotti di nuovo in automobile a S. Antonio, in via S. Quintino, perché i socialisti li volevano a morte; spararono infatti pochi colpi contro il convento di S. Antonio, ma ben presto fu dall'autorità ordinato ai militari di proteggere il convento".
Fra Leopoldo vede, soffre e prega.
Adora il Crocifisso e intercede per tutti, in primo luogo per l'Italia in guerra e percorsa da violenti fremiti di rivoluzione "rossa".
Davvero il "flagello" minacciato da Gesù a chi non si converte si è abbattuto con severità.
Leopoldo sa che lo stornerà solo con la preghiera, la penitenza e la santità della vita: da parte sua, dei Catechisti dell'Unione, degli adoratori del Crocifisso.
Il 1° agosto 1917, il S. Padre Benedetto XV, con una "Nota" alle nazioni belligeranti ha definito la guerra in corso "un'inutile strage" e ne ha chiesto la conclusione immediata.
Inascoltato. Gesù rivela a Leopoldo che "il flagello sarà ancora lungo".
Il 24 ottobre 1917, è la disfatta di Caporetto.
Nei medesimi giorni, in Russia i comunisti si impadroniscono del potere con "la rivoluzione d'ottobre".
Fra Leopoldo annota da par suo: " La Vergine santa mi disse: "Scrivi a caratteri grandi: Io ti aiuto, poiché essi sacerdoti hanno messo in disprezzo il mio amore" ".
E sulla guerra e il generale dissesto del mondo: "La mestizia del mio divin Figlio è perché gli uomini non vogliono riconoscere il flagello che viene da Dio; e la guerra continuerà ancora" ( 26 nov. 1917 ).
Ma questa non è l'ultima parola.
Infatti, dice Gesù: "Dopo il flagello, riconosceranno il trionfo della Croce" ( 7 febb. 1918 ).
Nel 1918 si comincia, un po' alla volta, a intravedere che la guerra volge al termine, ma fra Leopoldo, il 30 settembre 1918, scrive in una lettera, lucido come sempre, perché Dio stesso parla al suo cuore: "Molte signore non rientrano a Torino, stante la spaventosa epidemia che incomincia a dilatarsi.
Essa sta dando la morte a centinaia di persone al giorno, solo tra i civili; sabato scorso, in un ospedale militare furono colpiti 40 poveri giovani.
Il flagello della guerra non ha giovato, eccone un secondo e questo ci impressiona, giacché vuol dire che in tre giorni per detto fatto bisogna già avere tutto pronto per l'eternità ...
Verrà la pace, se così vuole Iddio, ma Gesù è molto scontento del suo popolo, perché non vogliono più Dio e nelle officine si divertono a bestemmiarlo con Maria SS.ma nostri adorati tesori. Intrighi e misfatti di ogni colore, le chiese deserte, il vizio impudico e ogni male trionfano per le vie.
Gli uomini stessi, civili e militari, sono impensieriti di questi disgraziati tempi che attraversiamo: c'è proprio bisogno di ritornare a Dio con la preghiera e con le buone opere".
È "la spagnola", la terribile influenza che comincia e che dilagherà per tutto il 1919, con migliaia di morti, oltre quelli, già troppo numerosi della guerra.
Ma fra Leopoldo - e con lui fratel Teodoreto - non si scoraggia: Gesù continua a segnare la via: per loro, per l'Unione Catechisti, per gli adoratori.
Anzi ora, Gesù sta per avviare, nel silenzio e nelle contraddizioni, un'altra grande opera.
Indice |