Del gran mezzo della preghiera |
Noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo non siamo più poveri.
Se noi siamo poveri, Dio è ricco, e Dio è tutto liberale, dice l’Apostolo, con chi lo chiama in aiuto ( Rm 12).
Giacché dunque, ci esorta S. Agostino, abbiamo a che fare con un Signore d’infinita potenza, e d’infinita ricchezza; non gli cerchiamo cose piccole e vili, ma domandiamogli qualche cosa di grande ( In Ps. 63 ).
Se uno cercasse al re una vile moneta, un quattrino, mi pare che costui farebbe al re un disonore.
All’incontro noi onoriamo Dio, onoriamo la sua misericordia e la sua liberalità, allorché vedendoci miseri come siamo, ed indegni di ogni beneficio, gli cerchiamo nondimeno grazie grandi, affidati alla bontà di Dio, ed alla sua fedeltà per la promessa fatta di concedere a chi lo prega qualunque grazia che gli domanda: qualunque cosa vorrete, la chiederete e vi sarà concessa ( Gv 15,7 ).
Diceva S. Maria Maddalena de’ Pazzi, che il Signore si sente così onorato, e tanto si consola quando gli cerchiamo le grazie, che in certo modo egli ci ringrazia, poiché così allora pare che noi gli apriamo la via a beneficarci ed a contentare il suo genio, ch’è di fare bene a tutti.
E persuadiamoci, che quando noi cerchiamo le grazie a Dio, egli ci dà sempre più dì quello che domandiamo: Che se alcuno di voi è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente e non lo rimprovera ( Gc 1,5 ).
Così dice S. Giacomo, per dimostrarci che Dio non è come gli uomini, avaro dei suoi beni.
Gli uomini ancorché ricchi, ancorché pii e liberali, quando dispensano elemosine, sono sempre stretti di mano, e per lo più donano meno di ciò che loro si domanda, perché la loro ricchezza, per quanto sia grande, è sempre ricchezza finita, onde quanto più danno, tanto più loro viene a mancare.
Ma Dio dona i suoi beni, quando è pregato, abbondantemente, cioè, con la mano larga, dando sempre più di quello che gli si cerca, perché la sua ricchezza è infinita; quanto più dà, più gli resta da dare.
Perché soave sei tu, o Signore, e benigno e di molta misericordia per quei che t’invocano ( Sal 86,4 ).
Voi, mio Dio, diceva Davide, siete troppo liberale e cortese con chi v’invoca.
Le misericordie che voi gli usate sono tanto abbondanti, che superano le sue domande.
In questo adunque, dice il Crisostomo, ha da consistere tutta la nostra attenzione, in pregare con confidenza, sicuri che pregando si apriranno a nostro favore tutti i tesori del Cielo.
L’orazione è un tesoro: chi più prega, più ne riceve.
Dice S. Bonaventura, che ogni volta che l’uomo ricorre devotamente a Dio con la preghiera, guadagna beni che valgono più che tutto il mondo ( De perf. vitae, c. S ).
Alcune anime devote impiegano gran tempo nel leggere e in meditare, ma poco attendono a pregare.
Non v’ha dubbio, che la lettura spirituale, e la meditazione delle verità eterne siano cose molto utili, ma assai più utile, dice S. Agostino, è il pregare.
Nel leggere e meditare noi intendiamo i nostri obblighi, ma con l’orazione otteniamo la grazia di adempirli ( In Ps. 76 ).
Che serve conoscere ciò che siamo obbligati a fare, e poi non farlo, se non renderci più rei innanzi a Dio?
Leggiamo e meditiamo quanto vogliamo, non soddisferemo mai le nostre obbligazioni, se non chiediamo a Dio l’aiuto per adempirle.
E perciò, riflette S. Isidoro, che in nessun altro tempo il demonio più s’affatica a distoglierci col pensiero delle cure temporali, che quando si accorge, che noi stiamo pregando, e cercando le grazie a Dio ( Lib. 3, Sent. e. 7 ).
E perché? perché vede il nemico che in nessun altro tempo noi guadagniamo più tesori di beni celesti che quando preghiamo.
Il frutto più grande dell’orazione mentale è questo: il domandare a Dio le grazie che ci abbisognano per la perseveranza, e per la salute eterna.
Per questo principalmente l’orazione mentale è moralmente necessaria all’anima per conservarsi in grazia di Dio, se la persona non si raccoglie in tempo della meditazione a domandare gli aiuti che gli sono necessari per la perseveranza, non lo farà in altro tempo.
Infatti senza meditare, non penserà al bisogno che ha di chiederli.
All’incontro chi ogni giorno fa la sua meditazione ben vedrà i bisogni dell’anima, i pericoli in cui si trova, la necessità che ha di pregare; e così pregherà ed otterrà le grazie che lo faranno poi perseverare e salvarsi.
Diceva parlando di sé Padre Segneri, che a principio della meditazione egli più si tratteneva in fare affetti, che in preghiere; ma conoscendo poi la necessità, e l’immenso utile della preghiera, d’indi in poi per lo più, nella molta orazione mentale ch’egli faceva, si applicava a pregare.
Io strideva come un tenero rondinino, diceva il devoto re Ezechia ( Is 38,14 ).
I pulcini delle rondini non fanno altro che gridare, cercando con ciò l’aiuto e l’alimento alle loro madri.
Così dobbiamo sempre gridare, chiedendo a Dio soccorso per evitare la morte del peccato, e per avanzarci nel suo santo amore.
Riferisce il padre Rodriguez, che i padri antichi, i quali furono i nostri primi maestri di spirito, fecero consiglio fra di loro, per vedere qual fosse l’esercizio più utile e più necessario per la salute eterna, e risolsero esser il replicare spesso la breve orazione di Davide: Muoviti, o Dio, in mio soccorso ( Sal 70,1 ).
Lo stesso ( scrive Cassiano ) deve fare chi vuol salvarsi, dicendo sempre: Dio mio, aiutatemi, Dio mio, aiutatemi.
Questo dobbiamo fare dal principio che ci svegliamo la mattina, poi seguitarlo a fare in tutti i nostri bisogni e in tutte le applicazioni in cui ci troviamo, così spirituali, come temporali; e più specialmente poi quando ci vediamo molestati da qualche tentazione o passione.
Dice S. Bonaventura, che alle volte più presto si ottiene la grazia con una breve preghiera, che con molte altre opere buone ( De prof. rel. 1. 2. c. 65 ).
Soggiunge S. Ambrogio, che chi prega, già ottiene, poiché lo stesso pregare è ricevere.
Quindi scrisse S. Crisostomo che non vi è uomo più potente di un uomo che prega; perché costui si rende partecipe della potenza di Dio.
Per salire alla perfezione, diceva S. Bernardo, vi bisogna la meditazione e la preghiera; con la meditazione vediamo quel che ci manca, con la preghiera riceviamo quel che ci bisogna ( De S. Andr. Serm. I ).
Il salvarsi insomma senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile, come abbiamo veduto, secondo la divina Provvidenza ordinaria, ma pregando, il salvarsi è cosa sicura e facilissima.
Non è necessario per salvarsi andare tra gli infedeli e dar la vita; non è necessario ritirarsi nei deserti a cibarsi di erbe.
Che ci vuole a dire: Dio mio, aiutami, assistimi, abbi pietà di me?
Vi è cosa più facile di questa? e questo poco basterà a salvarci, se saremo attenti a farlo.
Specialmente esorta S. Lorenzo Giustiniani, a sforzarci di fare orazione almeno in principio di qualunque azione ( Lig. vit. de or. e. 16 ).
Attesta Cassiano, che i Padri esortavano sommamente a ricorrere a Dio con brevi ma frequenti preghiere.
"Niuno faccia, diceva S. Bernardo, poco conto della sua orazione, giacché ne fa conto Iddio il quale, o ci dona allora ciò che cerchiamo, o ciò che è più utile per noi" ( Serm. v, De Quadrag. ).
Ed intendiamo, che se non preghiamo, per noi non v’è scusa, perché la grazia di pregare è data a ognuno: in mano nostra sta l’orare, sempre che vogliamo, come di sé parlando, diceva Davide: Meco avrò l’orazione a Dio, che è mia vita; dirò a Dio: tu sei mio aiuto ( Sal 42,9-10 ).
Dio dona a tutti la grazia di pregare, acciocché pregando possiamo poi ottenere tutti gli aiuti, anche abbondanti, per osservare la divina Legge, e perseverare sino alla morte; se non ci salveremo, tutta la colpa sarà nostra, perché non avremo pregato.
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