Del gran mezzo della preghiera |
L’altra condizione che il Santo assegna è che si domandino quelle grazie, che bisognano alla salute: cose necessarie alla salute; poiché la promessa alla preghiera non è fatta per le grazie temporali, che non sono necessarie alla salute dell’anima.
Dice S. Agostino spiegando le parole del Vangelo, nel nome mio, riferite di sopra, che "non si chiede nel nome del Salvatore, tutto ciò che si chiede contro l’affare della salute" ( Tract., 102 in Joan. ).
Alle volte noi cerchiamo alcune grazie temporali, e Dio non ci esaudisce; ma non ci esaudisce, dice lo stesso S. Dottore, perché ci ama, e vuole usarci misericordia ( Ap. S. Prosp. Sent. 212 ).
Il medico che ama l’infermo, non gli concede quelle cose, le quali vede che gli farebbero nocumento.
Oh quanti se fossero infermi o poveri, non cadrebbero nei peccati, in cui cadono essendo sani o ricchi!
E perciò il Signore taluni che gli cercano la sanità del corpo, o i beni di fortuna, glieli nega, perché li ama, vedendo che quelli sarebbero loro occasione di perdere la sua grazia, o almeno d’intiepidirsi nella vita spirituale.
Del resto con ciò non intendo dire, essere difetto il chiedere a Dio le cose necessarie alla vita presente, per quanto convengono alla salute eterna, come lo chiedeva il Savio, dicendo: Concedimi quel che è necessario al mio vivere ( Pr 30,8 ).
Né è -difetto, dice S. Tommaso ( 2.a, 2.ae, q. 83. a. 16 ) l’avere per tali beni una sollecitudine ordinata.
Il difetto sta nel desiderare e cercare questi beni temporali, e l’aver per essi una sollecitudine disordinata; come in essi consistesse tutto il nostro bene.
Perciò quando noi domandiamo a Dio queste grazie temporali, dobbiamo domandarle sempre con rassegnazione, e colla condizione se sono per giovarci all’anima.
E quando vediamo che il Signore non ce le concede, teniamo per certo ch’egli ce le nega per l’amore che ci porta, e perché vede che ci sarebbero dannose alla salute spirituale.
Molte volte noi chiediamo a Dio che ci liberi da qualche tentazione pericolosa, e Dio neppure ci esaudisce, e permette che la tentazione seguiti a molestarci.
Intendiamo che allora Dio ciò permette anche per nostro maggior bene.
Non sono le tentazioni ed i mali pensieri, che ci allontanano da Dio, ma i mali consensi.
Quando l’anima nella tentazione si raccomanda a Dio, e col suo aiuto resiste, oh, come avanza allora nella perfezione, e viene a stringersi di più con Dio! e perciò il Signore non l’esaudisce.
Pregava san Paolo istantemente per essere liberato dalle tentazioni d’impurità: Mi è stato dato lo stimolo della carne, un angelo di Satana che mi schiaffeggia.
Sopra di che tre volte pregai il Signore, che me ne fosse tolto ( 2 Cor 12,7-8 ).
Ma il Signore gli rispose: Basta a te la mia grazia.
Sicché anche nelle tentazioni dobbiamo pregare Dio con rassegnazione, dicendo: Signore, liberatemi da questa molestia, se è espediente il liberarmene: e se no, almeno datemi l’aiuto per resistere.
E qui fa quel che dice S. Bernardo, che quando noi cerchiamo a Dio qualche grazia, Egli o ci dona quella, o qualche cosa più utile di quella.
Dio molte volte ci lascia a patire nella tempesta, al fine di provare la nostra fedeltà, e per nostro maggior profitto.
Sembra, che allora Egli sia sordo alle nostre preghiere; ma no, stiamo sicuri, che Dio allora ben ci sente e ci aiuta di nascosto, fortificandoci con la sua grazia a resistere ad ogni insulto dei nemici.
Ecco come Egli stesso ce ne assicura per bocca del Salmista: M’invocasti nella tribolazione, ed io ti liberai: ti esaudii nella cupa tempesta: feci prova di te alle acque di contraddizione ( Sal 81,7 ).
Le altre condizioni finalmente, che assegna S. Tommaso alla preghiera, sono che si preghi devotamente, e con perseveranza.
Devotamente, s’intende con umiltà e confidenza; con perseveranza, senza lasciar di pregare sino al la morte.
Or di queste condizioni, cioè dell’umiltà, confidenza e perseveranza, che sono le più necessarie alla preghiera, bisogna qui di ciascuna distintamente parlare.
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