Dialogo della Divina Provvidenza |
- Decto t'ho, carissima figliuola, delle due: ora ti dirò della terza, a la quale Io voglio che tu abbi avertenzia, e riprenda te medesima se alcuna volta el dimonio o el tuo basso vedere ti molestasse di volere mandare e vedere andare tucti e' servi miei per quella via che tu andassi tu; però che questo sarebbe contra la doctrina data a te da la mia Veritá.
Perché spesse volte adiviene che, vedendo andare molte creature per la via della molta penitenzia, tucti gli vorrebbe mandare per quella medesima via; e se vede che non vi vadano, ne piglia dispiacimento e scandalo in se medesimo, parendoli che non faccian bene.
Or vedi quanto è ingannato, però che spesse volte adiverrá che fará meglio colui di cui gli pare male perché fa meno penitenzia, e piú virtuoso sará ( poniamo che non facci tanta penitenzia ) che colui che ne mormora.
E però ti dixi di sopra che coloro che si pascono a la mensa della penitenzia, se non vanno con vera umilitá e che la penitenzia loro non sia posta per principale affecto ma per strumento di virtú, spesse volte per questa mormorazione offendaranno la perfeczione loro.
E però non debbono essere ignoranti, ma debbono vedere che la perfeczione non sta solamente in macerare né in ucidere il corpo, ma in ucidere la propria e perversa volontá.
E per questa via della volontá, annegata e sottoposta a la dolce volontá mia, dovete desiderare, e voglio che tu desideri, che tucti vadano.
Questa è la doctrina della luce di quello glorioso lume, dove l'anima corre inamorata e vestita della mia Veritá.
E non dispregio però la penitenzia: perché la penitenzia è buona a macerare il corpo quando vuole impugnare contra lo spirito.
Ma non voglio però, carissima figliuola, che tu mel ponga per regola a ogniuno.
Però che tucti e' corpi non sonno aguagliati né d'una medesima forte complessione, però che ha piú forte natura uno che un altro; e anco perché spesse volte, sí com'Io ti dixi, adiviene che la penitenzia che si comincia, per molti accidenti che possono adivenire, si conviene lassare.
E se 'l fondamento dunque fusse in te, o che tu el dessi altrui, facessi o facessi fare sopra la penitenzia, verrebbe meno e sarebbe imperfecto; e mancarebbevi la consolazione e la virtú ne l'anima.
Essendo poi privati di quella cosa che amavate e dove avavate facto el vostro principio, vi parrebbe essere privati di me, e, parendovi essere privati della mia bontá, verreste a tedio e a grandissima tristizia, amaritudine e confusione.
Per questo modo perdareste l'exercizio e la fervente orazione, la quale solevate fare quando faciavate la vostra penitenzia.
La quale lassata per molti accidenti che vengono, non vi sa l'orazione di quello sapore che vi sapeva prima.
Questo adiverrebbe, perché il fondamento sarebbe facto ne l'affecto della penitenzia e non ne l'ansietato desiderio: desiderio, dico, delle vere e reali virtú.
Sí che vedi quanto male ne seguitarebbe per fare solo el principio nella penitenzia.
E però sareste ignoranti e cadreste nella mormorazione verso de' servi miei, come decto è, e verrestene a tedio e a molta amaritudine, e studiareste di fare solo operazioni finite a me che so' Bene infinito, e però Io vi richiego infinito desiderio.
Convienvi dunque fare il fondamento in uccidere e annegare la propria volontá, e con essa volontá, sottoposta a la volontá mia, mi darete dolce e afamato e infinito desiderio, cercando l'onore di me e la salute de l'anime.
E cosí vi pascerete a la mensa del sancto desiderio; el quale desiderio non è mai scandalizzato né in sé né nel proximo suo, ma d'ogni cosa gode e trae fructo di tanti diversi e variati modi che Io do ne l'anima.
Non fanno cosí e' miserabili che non seguitano questa doctrina, dolce e dricta via data da la mia Veritá: anco fanno el contrario, giudicando secondo la cechitá e infermo vedere loro; e però vanno come farnetichi, e privansi del bene della terra e del bene del cielo.
E in questa vita, sí come Io ti dixi in un altro luogo, gustano l'arra de l'inferno.
Indice |