Dialogo della Divina Provvidenza |
- Voglio che siano larghi e non avari, cioè che per cupiditá e avarizia vendano la grazia mia dello Spirito sancto.
Non debbono fare, né Io voglio che faccino cosí: anco, come di dono e larghezza di caritá hanno ricevuto da la bontá mia, cosí in dono e in cuore largo, per affecto d’amore verso l’onore mio e salute de l’anime, debbono donare caritativamente a ogni creatura che ha in sé ragione, che umilemente l’adimandi.
E non debbono tollere alcuna cosa per prezzo, però che non l’hanno comprata, ma ricevuta per grazia da me perché ministrino a voi; ma ben possono e debbono tollere per limosina.
E cosí debba fare il subdito che riceve: che debba da la parte sua, quando egli può, dare per limosina; però che essi debbono essere pasciuti da voi delle cose temporali, sovenendo alla necessitá loro.
E voi dovete essere pasciuti e notricati da loro della grazia e doni spirituali, cioè de’ sancti sacramenti che Io ho posti nella sancta Chiesa, perché ve li ministrino in vostra salute.
E fovi a sapere che, senza veruna comparazione, donano piú a voi che voi a loro; però che comparazione non si può ponere da le cose finite e transitorie, delle quali sovenite loro, a me, Dio, che so’ infinito, el quale per mia providenzia e divina caritá ho posti loro che il ministrino a voi.
E non tanto di questo misterio, ma di qualunque cosa si sia, e da qualunque creatura vi fusse ministrato grazie spirituali, o per orazione o per alcuna altra cosa; con tucte le vostre substanzie temporali non agiongono né potrebbero agiognere a quello che ricevete spiritualmente, senza veruna comparazione.
Ora ti dico che la substanzia, che essi ricevono da voi, essi sonno tenuti di distribuirla in tre modi, cioè farne tre parti: l’una per la vita loro, l’altra a’ poveri e l’altra mectere nella Chiesa nelle cose che sonno necessarie; e per altro modo no.
Facendone altrementi, offenderebbero me.
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