Dialogo della Divina Provvidenza |
- Vuogli ti mostri, figliuola, quanto el mondo è ingannato de’ misteri miei?
Or apre l’occhio de l’intellecto, e raguarda in me; e, mirando, vedrai nel caso particulare del quale Io ti dixi che ti narrarei.
E come egli è questo, cosí generalmente ti potrei contare degli altri.
- Alora quella anima, per obbedire al sommo etterno Padre, raguardava in lui con ansietato desiderio.
Alora Dio etterno dimostrava la dannazione di colui per cui era adivenuto el caso, dicendo:
- Io voglio che tu sappia che, per camparlo di questa etterna dapnazione nella quale tu vedi che egli era, Io permissi questo caso, acciò che col sangue suo nel Sangue della mia Veritá unigenito mio Figliuolo avesse vita.
Però che non avevo dimenticato la reverenzia e amore che egli aveva a la dolcissima madre, Maria, dell’unigenito mio Figliuolo.
A la quale è dato questo, per reverenzia del Verbo, da la mia bontá: cioè che qualunque sará colui, o giusto o peccatore, che l’abbi in debita reverenzia, non sará tolto né devorato dal demonio infernale.
Ella è come una esca posta da la mia bontá a pigliare le creature che hanno in loro ragione.
Sí che per misericordia ho facto quello, cioè permessolo, none facta la mala volontá degl’iniqui, che gli uomini tengono crudeltá.
E tucto questo l’adiviene per l’amore proprio di loro medesimi, che l’ha tolto el lume, e però non cognoscono la veritá mia.
Ma, se essi si volessero levare la nuvila, la cognoscerebbero e amarebbero, e cosí avarebbero ogni cosa in reverenzia, e nel tempo della ricolta riceverebbero el fructo delle loro fadighe.
Ma non dubbitare, figliuola mia, ché di quello che tu mi preghi Io adempirò e’ desidèri tuoi e de’ servi miei.
Io so’ lo Dio vostro remuneratore d’ogni fadiga e adempitore de’ sancti desidèri, purché Io trovasse chi in veritá bussasse a la porta de la mia misericordia con lume, acciò che non errassero né mancassero in speranza della mia providenzia.
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