Dialogo della Divina Provvidenza |
- Hotti narrato e hai veduto, meno che l’odore d’una sprizza che è non cavelle a comparazione del mare, come Io proveggo le mie creature, avendoti parlato in generale e in particulare.
E ora per questi stati, contandoti prima del Sagramento, come Io proveggo e per che modo a fare crèsciare la fame ne l’anima, e come Io procuro dentro nel sentimento de l’anime, ministrando lo’ la grazia col mezzo del servidore dello Spirito sancto: allo iniquo per riducerlo in stato di grazia, allo inperfecto per farlo giognere a perfeczione, al perfecto per augmentare e crescere la perfeczione in lui, perché sète acti a crescere, e per farli buoni e perfecti mezzi tra l’uomo, che è caduto in guerra, e me.
Perché giá ti dixi, se ben ti ricorda, che col mezzo de’ servi miei Io farei misericordia al mondo e col molto sostenere riformarei la sposa mia.
Veramente questi cotali si possono chiamare un altro Cristo crocifixo unigenito mio Figliuolo, perché hanno preso a fare l’offizio suo.
Egli venne come tramezzatore, per levare la guerra e reconciliare in pace con meco l’uomo, col molto sostenere infino a l’obbrobriosa morte della croce.
Cosí questi cotali vanno crociati, facendosi mezzo con l’orazione, con la parola e con la buona e sancta vita, ponendola per exempro dinanzi a loro.
Rilucono le pietre preziose delle virtú con pazienzia, portando e sopportando i loro difecti.
Questi sonno e’ lami con che essi pigliano l’anime.
Essi gictano la rete da la mano dricta e non da la manca, come dixe la mia Veritá a Pietro e agli altri discepoli doppo la resurreczione; però che la mano manca del proprio amore è morta in loro, e la mano dricta è viva d’uno vero e schiecto, dolce e divino amore, col quale gictano la rete del sancto desiderio in me, mare pacifico.
E giugnendo la storia che fu inanzi a la resurreczione con quella che fu doppo, sappi che, tirando a loro la rete, richiudendola nel cognoscimento di loro, pigliano tanta abondanzia di pesci d’anime, che si conviene che chiamino il compagno perché gli aiti a trarli della rete, però che solo non può.
Perché nello strignere e nel gittare gli conveniva la compagnia della vera umilitá, chiamando il proximo per dileczione, chiedendo che gli aiti a trare questi pesci de l’anime.
E che questo sia vero, tu il vedi ne’ servi miei e pruovi: ché sí grande peso lo’ pare a tirare queste anime che sonno prese nel sancto desiderio loro, che chiamano compagnia, e vorrebero che ogni creatura che ha in sé ragione gli aitasse, con umilitá reputandosi insufficienti.
E però ti dixi che chiamavano l’umilitá e la caritá del proximo, ché gli aitasse a trare questi pesci.
Tirando, ne trae in grandissima abondanzia: poniamo che molti per li loro difecti n’escono, che non stanno rinchiusi nella rete.
La rete del desiderio gli ha ben tucti presi, perché l’anima, affamata de l’onore mio, non si chiama contenta a una particella, ma tucti gli vuole: e’ buoni di manda perché gli aitino a mectere e’ pesci nella rete sua, acciò che si conservino e crescano la perfeczione.
Gl’imperfecti vorrebbe che fussero perfecti, e’ gattivi vorrebbe che fussero buoni, gl’infedeli tenebrosi vorrebbe che tornassero al lume del sancto baptesimo.
Tucti gli vuole: di qualunque stato o condizione si siano, perché tucti gli vede in me, creati dalla mia bontá in tanto fuoco d’amore e ricomprati del sangue di Cristo crocifixo unigenito mio Figliuolo.
Sí che tucti gli ha presi nella rete del sancto desiderio suo.
Ma molti n’escono, come decto è, che si partono dalla grazia per li difecti loro: e gl’infedeli e gli altri che stanno in peccato mortale.
Non è però che essi non siano in quello desiderio per continua orazione: però che, quantunque l’anima si parta da me per le colpe sue, e da l’amore e conversazione che debbono avere a’ servi miei, e debita reverenzia; non è però diminuito, né debba diminuire, l’affecto della caritá in loro.
Sí che essi gictano questa dolce rete dalla mano dricta.
O figliuola carissima, se tu considerrai punto l’acto che fece il glorioso appostolo Pietro, il quale si conta nel sancto Evangelio, che gli fece fare la mia Veritá quando gli comandò che gittasse la rete nel mare, Pietro rispose che tucta nocte s’era afadigato e neuno n’aveva potuto avere, dicendo:
- « Ma nel comandamento e alla parola tua, io la gittarò »; - gittandola, ne prese in tanta abondanzia, che solo non poté tirarla fuore, e chiamò e’ discepoli che l’aitassero.
Dico che in questa figura, la quale fu in veritá cosí ( ma figura te per quello che decto Io t’ho ), tu la troverai che ella t’è propria.
E fotti sapere che tucti e’ misteri e modi che tenne la mia Veritá nel mondo, e co’ discepoli e senza e’ discepoli, erano figurativi dentro ne l’anima de’ servi miei, e in ogni maniera di genti; acciò che in ogni cosa poteste avere regola e doctrina, speculandovi col lume della ragione: e a’ grossi e a’ sottili, a quegli che hanno basso intendimento e alto; ogniuno può pigliare la parte sua, pure che voglia. Dixiti che Pietro al comandamento del Verbo gittò la rete. Sí che fu obbediente, credendo con fede viva poterli pigliare; e però ne prese assai, ma non nel tempo della nocte.
Sai tu qual è il tempo della nocte?
È la scura nocte del peccato mortale, quando l’anima è privata del lume della grazia.
In questa nocte veruna cosa prende, però che gitta l’affecto suo non nel mare vivo, ma nel morto, dove truova la colpa, che è non cavelle.
Indarno s’affadiga con grandi e intollerabili pene, senza veruna utilitá: fannosi márteri del dimonio e non di Cristo crocifixo.
Ma, apparendo el dí, che egli esce della colpa e torna a lo stato della grazia, gli appariscono nella mente sua e’ comandamenti della Legge, e’ quali li comandano che gitti questa rete nella parola del mio Verbo, amando me sopra ogni cosa e il proximo come se medesimo.
Allora con obbedienzia e col lume della fede, con ferma speranza, la gitta nella parola sua, seguitando la doctrina e le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo, e discepoli.
E come gli piglia, e cui egli chiama, giá te l’ho decto di sopra, e però non te gli ricapitolo piú.
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