Ambrogio di Milano
S. AmbrogioVescovo di Milano e dottore della Chiesa, santo ( Treviri, Germania, ca 339 - Milano 397 ); festa: 7 dicembre. Una serie di avvenimenti che lo coinvolsero e lo fecero emergere come protagonista, talora senza suo desiderio, offre le coordinate della personalità di Ambrogio, vescovo di Milano tra il 374 e il 397. Il suo modo di interpretare gli eventi e di imprimervi direzione rivelano la sua personalità e ne hanno consegnato la memoria alla storia. Da governatore a vescovoNel 374 Ambrogio, governatore da tre o quattro anni della provincia di Liguria ed Emilia con sede a Milano, fu chiamato dal suo ufficio a vigilare sulla tranquillità dell'assemblea radunata per indicare il nome del nuovo vescovo. Il peso della controversia ariana ( v. Arianesimo ), che solo in parte il defunto vescovo Aussenzio aveva potuto attenuare con una condotta incerta e conciliante, creava forti contrasti. In questo clima maturò il consenso sulla persona di Ambrogio, ancora catecumeno. Probabilmente lo raccomandò per quel compito la saggezza mostrata in quegli anni nel governo a Milano e respirata già nel clima di famiglia alla corte imperiale di Treviri ove il padre aveva ottenuto la prefettura delle Gallie. La scelta della comunità ecclesiale di Milano chiese ad Ambrogio uno sforzo straordinario: "Strappato ai tribunali e alle insegne dell'ufficio pubblico in vista del sacerdozio, ho incominciato ad insegnarvi quanto io stesso non avevo appreso" ( I Doveri, I, 3 ). Buon conoscitore della lingua greca, sotto la guida di un presbitero di valore, Simpliciano, egli approfondì lo studio della Scrittura e della teologia appoggiandosi sulle acquisizioni maturate in Oriente, da Origene e Basilio in modo particolare. L'azione episcopaleNella veglia pasquale del 387 Ambrogio conferì il battesimo a un uomo d'eccezione: Agostino, il futuro vescovo di Ippona. In una celebre pagina delle Confessioni ( V, 13,23 ) Agostino ricorda come il suo arrivo a Milano, vincitore della cattedra di retorica, coincise in realtà con l'incontro con Ambrogio. L'accoglienza cordiale e la profondità dell'insegnamento svolsero un ruolo di primo piano nella sua adesione alla fede cattolica. L'episodio offre un esempio singolare dell'azione pastorale di Ambrogio, fatta ugualmente di serietà e di studio di fronte ai problemi e di larga disponibilità ad ogni persona. La porta della sua stanza di lavoro rimaneva sempre aperta ( Agostino, Confessioni VI, 3,3 ). Nel Natale del 390 Ambrogio riammise alla comunione l'imperatore Teodosio dopo che questi aveva accettato di sottoporsi alla penitenza per l'eccidio della popolazione di Tessalonica. Particolarmente questo episodio, ricordato con toni commossi da Ambrogio nell'orazione funebre di Teodosio, morto nel 395, valse a scolpire nelle generazioni successive le rispettive competenze dell'autorità imperiale ed ecclesiale. Non tutte le prese di posizione di Ambrogio in questo campo sono ugualmente condivisibili dalla sensibilità moderna. Se non tutti gli interventi di Ambrogio sono accomunabili dalla critica moderna nella stessa valutazione positiva, la sua figura di vescovo che chiede all'imperatore di tutelare la libertà e il diritto, e agli uomini di chiesa il servizio della verità, rimane indubbiamente patrimonio di valore per le epoche successive. Abile nel governare, vescovo "a sorpresa", volle essere soprattutto pastore, impegnato a familiarizzare la comunità cristiana con la Scrittura ( Commento a Luca, al Salmo 118, a dodici Salmi ), e con il significato dei sacramenti e il loro dinamismo vitale ( I misteri, i sacramenti ). Seppe custodire la Chiesa di Milano nella retta comprensione della fede ( La fede, Lo Spirito Santo, L'incarnazione ), alimentandone anche il gusto per la bellezza ( gli Inni ) e sostenendola con la forza dei suoi gesti. Un uomo che pensò e pregò con la porta aperta, come lo conobbe Agostino: così fu Ambrogio vescovo di Milano. |