Manzoni
Alessandro ...Scrittore italiano ( Milano 1785-1873 ). Quasi tutte le opere di Manzoni portano il segno di un profondo sentimento religioso, espresso non solo in temi e personaggi, dall'Adelchi ( 1822 ) agli Inni sacri ( 1812-22 ) ai Promessi sposi ( 1827 e 1840 ), ma anche rigorosamente teorizzato. Nelle Osservazioni sulla morale cattolica ( 1819 e 1855 ) Manzoni si spingeva, e con molta differenza Ciò comunque non sarebbe bastato a radicarlo, come nessun altro, nella sensibilità e nella memoria degli italiani ( fuori d'Italia la conoscenza di Manzoni fu scarsa, a eccezione di Goethe, e ancor oggi rimane debole la sua fortuna letteraria ). Ha scritto uno dei più fini lettori manzoniani, C. Angelini: "L'arte del Manzoni ha così acquistato una risonanza universale, e la sua voce è diventata la stessa voce del popolo; il punto più alto a cui possa mirare ambizione di poeta". A questo risultato Manzoni arrivò anche o soprattutto tramite l'istintiva capacità, che seppe tradurre in modo magistrale sulla pagina, e a cui sarebbe rimasto fedele nell'arco della sua produzione letteraria, di rappresentare un paesaggio cristiano. Perché niente rimane più vivo nella memoria del lettore di Adelchi del viaggio del diacono Martino per l'alta giogaia fitta di abeti che lo porterà al campo di re Carlo: "Qui nulla/Traccia d'uomo apparta; solo foreste/D'intatti abeti, ignoti fiumi, e valli/Senza sentier: tutto tacea; null'altro/Che i miei passi io sentiva, e ad ora ad ora/Lo scrosciar dei torrenti, o l'improvviso/Stridir del falco, o l'aquila, dall'erto/Nido spiccata sul mattin, rombando/Passar sovra il mio capo...". Il silenzio dei monti, la nuda solitudine del viaggiatore sono una metafora viva dello sgomento di ogni esistenza che attende l'improvviso dono della grazia, e il "rumor di viventi" che irrompe nello scenario alpino è prefigurazione dell'altra Voce che accompagna e sostiene Martino nella sua missione. Così Renzo, nei Promessi sposi, in fuga da Milano, tormentato da vicende che ormai hanno per lui i contorni dell'incubo, sa ritrovare per qualche istante la pace, forma e promessa di una felicità compiuta: "Il cielo prometteva una bella giornata: la luna, in un canto, pallida e senza raggio, pure spiccava nel campo immenso d'un bigio ceruleo, che, giù giù verso l'oriente, s'andava sfumando leggermente in un giallo roseo... da mezzogiorno altre nuvole ravvolte insieme, leggieri e soffici, per dir cosi, s'andavan lumeggiando di mille colori senza nome: quel cielo di Lombardia, così bello quand'è bello, così splendido, così in pace". Animato da una fede che non si ritraeva davanti alla contemplazione del dolore e non s'illudeva sull'animo degli uomini, Manzoni affidava al paesaggio la testimonianza di una certezza e di una nostalgia. |