Contrizione
Dal latino contérere, "triturare", "ridurre in polvere", "logorare" ( spiritualmente ), da cui il senso di umiliazione dolorosa e di rimpianto dinanzi alle proprie colpe. Essa è infatti il dolore dell'animo che detesta il peccato commesso e propone di non più ricadervi: risiede nella volontà e nella coscienza, non nel sentimento e nell'emotività. Implica un rammarico fondato sull'amore di Dio, nel dispiacere di averlo offeso, e cancella subito di per sé i peccati anche gravi, prima ancora della confessione, sebbene di essa permanga l'obbligo non appena possibile. Ad un livello inferiore si colloca l'attrizione, che respinge il peccato per la sua intrinseca bruttezza o per le pene dell'inferno a cui espone: è imperfetta, perché basata su motivi solo naturali e sull'interesse personale, e perciò non basta da sola a rimettere i peccati mortali, per i quali ha bisogno della confessione. |
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La contrizione è il dolore dell'animo e il rifiuto del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire. La contrizione è detta "perfetta" quando è mossa dall'amore per Dio sopra ogni cosa. Tale contrizione ottiene il perdono dei peccati anche mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere appena possibile al sacramento della riconciliazione. La contrizione detta "imperfetta" ( o attrizione ) nasce, invece, dal timore della perdizione eterna o dalla considerazione della bruttura del peccato. Da sola essa non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della riconciliazione. |
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Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Il sacramento del perdono | 1448 |
La contrizione | 1451ss |
La celebrazione del sacramento della Penitenza | 1480 |
Comp. 300; 303 | |
Summa Teologica |
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In sé | Spl q. 1 |
Oggetto | Spl q. 2 |
Intensità | Spl q. 3 |
Durata | Spl q. 4 |
Effetti | Spl q. 5 |
v. Penitenza |