Piacere
Il piacere è uno stato di appagamento che l'uomo raggiunge rispondendo positivamente agli stimoli propri della sua struttura biofisica. Esso o perciò strettamente collegato a bisogni che fanno anzitutto riferimento alla sfera della sensibilità umana. Tuttavia la complessità dei meccanismi che presiedono allo sviluppo della personalità dell'uomo fa sì che la percezione del piacere non possa mai ridursi alla semplice reazione fisiologica, ma coinvolga, più radicalmente, le dimensioni psichiche, sociali e spirituali dell'esperienza umana. Per questo le diverse modalità di espressione del piacere ( da quello del cibo a quello del riposo fino a quello sessuale ecc. ) hanno risonanze allargate, che si estendono più o meno profondamente alle varie stratificazioni della persona, e il cui obiettivo è la realizzazione di un'armonia derivante dalla piena integrazione di sé. L'atteggiamento di sospettoLa tradizione cristiana è stata a lungo contrassegnata da un atteggiamento prevalentemente negativo nei confronti del piacere. A determinare tale atteggiamento hanno senz'altro concorso alcune correnti di pensiero, che hanno esercitato un'influenza decisiva sui processi di inculturazione del cristianesimo, sia all'epoca dei Padri della Chiesa sia in epoca medievale. Si pensi, da un lato, alla filosofia greca ( in particolare al platonismo e allo stoicismo ) e, dall'altro, alle varie forme di gnosticismo largamente diffuse nel bacino mediorientale del Mediterraneo. L'interpretazione dualistica a esse soggiacente, con la conseguente svalutazione del corpo, conduceva inevitabilmente al rifiuto pregiudiziale di tutto ciò che ha origine al di fuori dello spirito e dell'intelletto. Di qui la tendenza a guardare con sospetto le passioni, per il loro radicamento nel mondo degli istinti e delle emozioni, e a considerare il piacere come espressione di pulsioni che precipitano l'uomo nella dissolutezza e nell'alienazione, e pertanto come realtà peccaminosa. Il dato biblicoQuesta visione non corrisponde ai dati più genuini della rivelazione ebraico- cristiana. La concezione unitaria dell'uomo propria della Bibbia, che considera corporeità e spirito come dimensioni costitutive della persona, comporta una forte e costante valorizzazione degli aspetti materiali e corporei dell'esperienza umana. La fruizione dei piaceri della vita, lungi dall'essere demonizzata, è spesso esaltata come "benedizione", come conseguenza cioè della fedeltà dell'uomo al disegno di Dio. Il libro del Qoelet sollecita l'uomo al godimento del cibo e dei beni della terra, mentre il Cantico dei cantici tesse gli elogi della bellezza e della prestanza fisica ed esalta, con sorprendente realismo, l'amore erotico in tutta la ricchezza delle sue manifestazioni. Gesù stesso non disdegna la gioia della mensa e il piacere della convivialità, al punto di diventare per questo bersaglio di pesanti critiche da parte dei grandi moralisti. Il piacere appare pertanto come una dimensione dell'esperienza umana, che il cristianesimo non solo non respinge, ma concepisce come dono di Dio volto a impreziosire l'esistenza. Una visione positivaIl carattere storico e terrestre della salvezza, che ha il suo momento culminante nel mistero dell'Incarnazione, apre a una visione positiva del corpo e del mondo come realtà appartenenti alla piena realizzazione dell'uomo anche nell'ordine soprannaturale. La grazia non mortifica la natura, ma la suppone e la conduce al suo definitivo compimento. Il piacere è perciò radicalmente riscattato e inserito nel contesto del progetto divino sull'uomo. Compito dell'etica è allora quello di assegnare a esso il giusto posto, evitando sia di renderlo un tabù, sia di mitizzarlo: in ambedue i casi infatti ciò che finisce per essere compromesso è l'autentico equilibrio umano. Il piacere non ha di per sé un valore autonomo; non deve, in altri termini, essere immediatamente identificato ne con il bene ne con il male, e quindi ricercato o fuggito per se stesso. La sua qualifica morale acquista rilievo soltanto all'interno di una precisa gerarchia di valori e in dipendenza da essa. La vera crescita umana si attua solo laddove si fa spazio agli stimoli dei dinamismi psicofisici, non ritenendoli come qualcosa di automatico o di eterogeneo allo spirito, ma come elementi da integrare nel progetto globale della propria esistenza per conferire a essa pienezza di senso. |
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Summa Teologica |
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Passione |
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In sé | I-II, q. 31 |
Cause | I-II, q. 32 |
Effetti | I-II, q. 33 |
Bontà e malizia | I-II, q. 34 |
… e temperanza | II-II, q. 141 |