La Genesi alla lettera - Incompiuto |
E Dio fece le bestie della terra secondo la loro specie e il bestiame minuto secondo la propria specie e tutti i rettili secondo la loro specie. ( Gen 1,25 )
La ripetizione della frase: E Dio fece, dal momento che già era stato detto: E così avvenne, ( Gen 1,24 ) dev'essere esaminata alla stregua della norma esposta in precedenza.
Io credo che in questo passo con il termine "bestiame" sono indicati i quadrupedi d'ogni specie che vivono allevati dagli uomini.
L'espressione: E Dio vide ch'è una cosa buona, ( Gen 1,25 ) deve intendersi come al solito.
E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. ( Gen 1,26 )
Anche a proposito di questo passo deve notarsi da un lato una certa unione e da un altro una certa separazione degli esseri viventi, poiché la Scrittura dice che l'uomo fu fatto lo stesso giorno che furono fatte le bestie; essi infatti sono insieme tutti esseri viventi della terra.
Ciononostante a causa della superiorità della ragione, conforme alla quale l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, si parla separatamente di lui dopo che a proposito di tutti gli altri la Scrittura conclude come al solito dicendo: E Dio vide ch'è una cosa buona. ( Gen 1,25 )
Si deve anche notare il fatto che, a proposito degli altri animali, Dio disse: Sia fatto.
E così fu; qui invece Dio disse: Facciamo, volendo lo Spirito Santo indicare anche in questo modo la superiorità della natura umana.
Ora a chi si è rivolta adesso la parola: Facciamo, se non a chi era la Parola: Sia fatto, trattandosi delle altre creature?
Poiché tutto è stato fatto per mezzo di Lui e nulla è stato fatto senza di Lui. ( Gv 1,3 )
Ma perché pensiamo che in altri casi è stato detto: Sia fatto, se non fosse egli in persona a creare per ordine del Padre, mentre in questo caso è detto: Facciamo, solo perché entrambi facessero insieme e nello stesso tempo?
O forse, perché tutto ciò che fa il Padre lo fa per mezzo del Figlio, in questo caso è detto: Facciamo affinché in tal modo all'uomo, per il quale è stata fatta la stessa Scrittura, fosse mostrato, proprio nel caso riguardante lui stesso, che quando parla il Padre, lo stesso Padre fa ciò che fa il Figlio?
In tal modo, per quanto riguarda l'espressione: Sia fatto.
E fu fatto usata negli altri casi, qui verrebbe spiegato che la parola creatrice non fu distinta dall'atto creatore ma furono entrambi simultanei, dal momento che qui è detto: Facciamo.
Dio poi disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. ( Gen 1,26 )
Ogni immagine è simile a colui del quale è immagine, ma non tutto ciò che è simile a un qualcuno è anche immagine di lui.
Così quando si tratta d'immagini riflesse in uno specchio o riprodotte in una pittura, in quanto esse sono immagini sono necessariamente anche simili a colui del quale sono immagini; ma due persone, anche se sono simili tra loro, tuttavia se una non è nata dall'altra, nessuna delle due può dirsi immagine dell'altra.
In effetti si ha un'immagine quando essa è la riproduzione di qualcuno.
Perché dunque la Scrittura, dopo aver detto: a immagine, aggiunse: a somiglianza, come se ci potesse essere un'immagine dissimile?
Sarebbe quindi bastato dire: a immagine.
O forse una cosa è ciò che è simile e una cosa diversa è la somiglianza, come una cosa è una persona casta e una cosa diversa è la castità, una cosa è una persona forte, un'altra cosa è la fortezza e perciò, allo stesso modo che tutto ciò ch'è forte lo è per effetto della fortezza e tutto ciò che è casto lo è per effetto della castità, così tutto ciò che è simile lo è per effetto della somiglianza?
Tuttavia non si può dire, in senso del tutto appropriato, che la nostra immagine sia la nostra somiglianza pur potendosi dire, ciononostante, in senso proprio ch'essa è simile a noi; per conseguenza vi è la somiglianza, in virtù della quale è simile tutto ciò che è casto.
La castità invece è casta senza che sia partecipe di null'altro, mentre tutto ciò che è casto lo è in quanto partecipe di essa.
La castità risiede certamente in Dio in cui è anche la Sapienza, la quale è la Sapienza ma non a causa d'una partecipazione, mentre, in quanto è partecipe di essa, è sapiente l'anima di chiunque.
Anche la Sapienza di Dio, per mezzo della quale tutto è stato fatto, si chiama quindi "Somiglianza" in senso proprio, essendo simile non perché è partecipe di qualche altra somiglianza, ma perché è essa stessa la somma Somiglianza; essendo partecipi della quale sono simili tutte le cose fatte da Dio per mezzo di essa.
L'aggiunta dell'espressione: a somiglianza, a quella precedente, cioè: a immagine, è forse una spiegazione al fine di mostrare che quella ch'è denotata col termine di immagine non è tanto simile a Dio come se fosse partecipe di qualche altra somiglianza, ma che questa è la stessa somiglianza, di cui sono partecipi tutte le creature che sono chiamate simili.
Allo stesso modo esiste in Dio anche la stessa castità, essendo partecipi della quale sono caste le anime, e così vi è pure la sapienza, essendo partecipi della quale sono sapienti le anime, come vi è la bellezza, essendo partecipi della quale sono belle tutte le cose che sono belle.
Ora, se Dio avesse parlato solo di somiglianza, non avrebbe fatto capire ch'essa è stata generata da lui; se invece avesse parlato solo d'immagine, avrebbe certo fatto capire ch'essa è stata generata da lui; se invece avesse parlato solo d'immagine, avrebbe certo fatto capire ch'essa è talmente simile, da essere non solo simile, ma la stessa Somiglianza.
Come inoltre nulla è più casto della stessa castità, nulla più sapiente della stessa sapienza e nulla più bello della stessa bellezza, così non può chiamarsi o pensarsi o esserci assolutamente nulla di più simile alla stessa somiglianza.
Si comprende perciò che al Padre è talmente simile la propria Somiglianza, da corrispondere nella misura più completa e perfetta alla natura di lui.
Ma quanta potenza abbia per imprimere la forza specifica alle realtà create la Somiglianza di Dio, per mezzo della quale tutte le cose sono state fatte - sebbene ciò superi immensamente i pensieri dell'uomo - lo possiamo giudicare in certo qual modo se consideriamo che ogni natura, non solo quella che si mostra agli esseri che percepiscono le cose unicamente con i sensi, ma anche quella che si mostra a coloro che ragionano, conserva la forma specifica della totalità risultante delle parti simili tra loro.
Conforme appunto alla Sapienza di Dio, si chiamano sapienti le anime razionali, ma questo appellativo non si estende ad altri esseri che non siano razionali, poiché non possiamo chiamare sapiente nessuna bestia e molto meno gli alberi o il fuoco o l'aria o l'acqua o la terra, sebbene anche tutte queste cose, in quanto esistono, esistono proprio per mezzo della Sapienza di Dio.
Noi però diciamo simili tra loro non solo le pietre ma anche gli animali, gli uomini, gli angeli.
Orbene, parlando di ciascuna cosa diciamo che la terra è la terra per il fatto di avere i propri elementi simili tra loro, come pure l'acqua non potrebbe essere acqua, se in qualsiasi di tutti i suoi elementi non fosse simile a tutti gli altri suoi elementi, e qualsiasi - per quanto piccola - parte d'aria non potrebbe essere aria, se fosse dissimile da tutta la restante massa e così pure una particella di fuoco o di luce è quel che è per il fatto che non è dissimile dalle altre parti.
Così, a proposito d'ogni pietra, d'ogni albero o del corpo di qualunque animale, si può riconoscere o comprendere che non esisterebbe con gli altri esseri della propria specie, ma neppure ciascuno di essi in se stesso, qualora non avesse le parti simili tra loro.
Inoltre tanto più bello è un corpo, quanto più simili sono le parti di cui risulta.
D'altronde non solo l'amicizia delle anime con altre anime, risultante da costumi somiglianti, ma anche in ciascun'anima le azioni e le virtù somiglianti - senza le quali non può esserci la stabilità del carattere - sono la dimostrazione della felicità.
Tutte queste cose possiamo chiamarle certamente somiglianti, ma non la " somiglianza " vera e propria.
Ecco perché, se l'universo risulta di cose simili tra loro in modo che, pur essendo ciascuna di esse quel che è, costituiscano tutte lo stesso universo non solo creato ma anche governato da Dio, certamente per mezzo della suprema, immutabile e incontaminabile Somiglianza di lui che creò tutte le cose, furono fatte di tal natura da essere belle a causa delle parti simili tra loro; non tutte però sono fatte a somiglianza di lui, ma solo la sostanza razionale: tutto perciò è stato fatto per mezzo di essa, ma non tutto a somiglianza di essa.
La sostanza razionale fu quindi fatta non solo per mezzo della Somiglianza di Dio ma anche a somiglianza d'essa, poiché non fu interposta alcun'altra natura, dal momento che l'anima intellettiva dell'uomo - cosa questa che non comprende se non quando è purissima e beatissima - non si unisce con nessun'altra cosa se non con la Verità in persona, che si chiama Somiglianza, Immagine e Sapienza del Padre.
Per conseguenza la frase: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, ( Gen 1,26 ) la s'intende nel giusto senso solo relativamente a ciò che nell'uomo è intimo ed essenziale, ossia in relazione all'anima razionale.
Tutto l'uomo infatti dev'essere valutato in base a ciò che in lui ha la preminenza e lo distingue dalle bestie: tutto il resto ch'è nell'uomo, invece, benché sia bello nel suo genere, è tuttavia comune alle bestie e perciò nell'uomo deve stimarsi poco; salvo che il fatto per cui la figura del corpo umano è eretta, rivolta a guardare verso il cielo, non contribuisca, in qualche misura, a farci credere che anche lo stesso corpo fu fatto a somiglianza di Dio, nel senso cioè che, allo stesso modo che la Somiglianza di Dio non è opposta al Padre, così il corpo umano non è opposto al cielo come è il corpo degli altri animali: questi infatti, proni come sono verso terra, si sdraiano sul ventre.
Questo fatto però non dev'essere inteso in senso assoluto, poiché il nostro corpo è di gran lunga differente dal cielo; quanto invece alla Somiglianza, ch'è il Figlio, non può avere nulla di dissimile da Colui al quale egli è simile.
Tutte le altre cose infatti, simili tra loro, sono tra loro anche dissimili in parte; al contrario la Somiglianza vera e propria di Dio non è a lui dissimile sotto alcun riguardo.
Il Padre però è solo il Padre e il Figlio non è altro che il Figlio, poiché anche quando si chiama " la Somiglianza " del Padre, sebbene ciò provi che non c'è tra loro alcuna differenza, il Padre tuttavia non è solo, dal momento ch'egli ha la propria Somiglianza.
E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. ( Gen 1,26 )
Quanto abbiamo detto più sopra spiega molto bene queste parole della Scrittura, in cui leggiamo che Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, nel senso che per "Somiglianza" di Dio, conforme alla quale fu fatto l'uomo, si può intendere lo stesso Verbo di Dio, ossia il Figlio unigenito, non certo nel senso che l'uomo è la medesima Immagine e Somiglianza uguale al Padre.
Anche l'uomo tuttavia è immagine di Dio come assai chiaramente ci mostra l'Apostolo che dice: L'uomo, veramente, non deve coprirsi il capo essendo immagine e gloria di Dio. ( 1 Cor 11,7 )
Questa immagine però, fatta ad immagine di Dio, non è uguale e coeterna a Colui del quale è immagine, anche se non avesse peccato assolutamente mai.
Ora, il senso preferibile da dare a queste parole di Dio è quello d'intendere che la frase è espressa al plurale e non al singolare: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, per la ragione che l'uomo è fatto a immagine non del solo Padre o del solo Figlio o del solo Spirito Santo, ma della stessa Trinità.
Questa Trinità è Trinità in modo da essere l'unico Dio, allo stesso modo che Dio è unico in modo da essere Trinità.
Dio infatti non disse, rivolgendosi al Figlio: "Facciamo l'uomo a tua immagine ", oppure: " a immagine mia", ma disse: a immagine e somiglianza nostra; da questa pluralità chi oserebbe separare lo Spirito Santo?
Ma poiché questa pluralità non costituisce tre dèi ma un solo Dio, per questo dobbiamo comprendere che la Scrittura subito dopo soggiunse la frase al singolare e disse: E Dio fece l'uomo a immagine di Dio, affinché non s'intendesse come se Dio Padre facesse l'uomo a immagine di Dio, cioè di suo Figlio; altrimenti in qual modo sarebbero vere le parole a immagine nostra, se l'uomo fu fatto a immagine del solo Figlio?
Per conseguenza, perché è vero ciò che disse Dio: a immagine nostra, la Scrittura dice così: Dio fece l'uomo a immagine di Dio, come se dicesse: "a immagine sua", cioè a immagine della stessa Trinità.
Alcuni però pensano che non è ripetuta la parola " somiglianza" e non è detto: " E Dio fece l'uomo a immagine e a somiglianza di Dio", poiché solo in quel momento fu fatto a immagine, mentre la somiglianza gli era riservata alla risurrezione dei morti, come se ci fosse un'immagine in cui non c'è somiglianza.
Ora, se non è del tutto simile, senza dubbio non è neppure un'immagine.
Tuttavia, perché non sembri che trattiamo questo argomento solo alla luce della ragione, dobbiamo avvalerci anche dell'autorità dell'apostolo Giacomo che, parlando della lingua dell'uomo, dice: Con essa benediciamo Dio e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. ( Gc 3,9 )
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