Lettere |
Scritta verso l'anno 400.
A. risponde a Gennaro fissando il principio secondo cui comportarsi di fronte alle diverse consuetudini viventi nelle varie regioni ( n. 1-3 ), come per i sacramenti, i giorni festivi, il digiuno, l'Eucaristia e la messa vespertina ecc. ( n. 4-10 ).
Agostino saluta nel Signore il dilettissimo figlio Gennaro
Prima di rispondere ai quesiti da te rivoltimi, avrei preferito sapere come li avresti risolti tu stesso; in tal modo avrei potuto, approvando o correggendo le tue soluzioni, rispondere più brevemente alle tue risposte e con gran facilità rassicurarti o correggerti nelle tue opinioni. Sì, l'avrei proprio preferito!
Tuttavia, per darti subito una risposta, ho preferito fare un discorso più lungo che differire la risposta.
Innanzitutto voglio che tu tenga per fede, cosa questa ch'è il punto principale della presente discussione, che nostro Signore Gesù Cristo, come afferma egli stesso nel Vangelo, ci ha sottoposti al suo giogo soave e al suo lieve peso ( Mt 11,30 ) e perciò ha voluto stabilire, come vincoli dell'alleanza col nuovo popolo, i sacramenti, il cui numero è piccolissimo, facilissimi a praticarsi, eccellentissimi per il loro significato, com'è il battesimo, reso sacro dal nome della Trinità, la comunione del suo corpo e sangue, e tutti gli altri mezzi raccomandati nelle Scritture canoniche, eccetto i riti che si leggono nei libri di Mosè, riti che rendevano più grave la schiavitù dell'antico popolo e convenivano alle disposizioni del loro cuore e dei tempi profetici in cui esso viveva.
Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tal genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa.
Altre pratiche poi variano a seconda dei luoghi e delle regioni, come quelle per cui alcuni digiunano il sabato e altri no, alcuni si comunicano ogni giorno col corpo e sangue del Signore, altri invece lo ricevono in determinati giorni; in alcuni luoghi non si lascia passar nessun giorno senza offrire il Sacrificio, in altri lo si offre solo il sabato e la domenica e in altri solo la domenica: l'osservanza di tutte le altre pratiche che si possono ricordare simili a queste è lasciata alla libertà di ciascuno; la regola migliore cui si può attenere un serio e prudente cristiano è quella di agire nel modo in cui vedrà agire la Chiesa in cui si troverà.
Poiché tutto ciò che non può provarsi essere né contro la fede né contro i buoni costumi, deve considerarsi indifferente e da osservarsi per rispetto verso coloro tra cui si vive.
Credo d'averlo raccontato già una volta: però voglio ricordarlo ancora adesso.
Mia madre, la quale m'aveva seguito a Milano, trovò che quella Chiesa il sabato non digiunava; aveva quindi cominciato a turbarsi ed era in ansia non sapendo che cosa avrebbe dovuto fare: allora io non mi curavo di tali cose, ma, per far piacere a lei, consultai su ciò l'incomparabile Ambrogio di santa memoria ed egli mi rispose che non poteva insegnarmi nient'altro che quant'egli stesso faceva, poiché se avesse conosciuto una norma migliore, l'avrebbe osservata di preferenza.
Io pensavo che senza darmene la ragione egli mi avesse voluto esortare con la sua sola autorità a non digiunare il sabato, ma egli aggiunse dicendomi: "Quando vado a Roma, digiuno il sabato; ma quando sono qui, non digiuno.
Così tu pure, osserva l'uso della Chiesa ove ti capiterà d'andare, se non vuoi essere di scandalo ad alcuno né riceverlo da altri".
Avendo io riferito ciò a mia madre, essa abbracciò quella regola.
Quanto poi a me, pensando spesso a quel parere, l'ho sempre ritenuto come se l'avessi ricevuto da un oracolo celeste.
Ho sentito spesso con dolore e pena che si generano nei deboli molti turbamenti per la cocciutaggine nel litigare o per la superstiziosa timidezza di qualcuno dei nostri fratelli: litigano per questioni di tal genere che non possono arrivare a nessuna determinata soluzione né basandosi sull'autorità della Sacra Scrittura né sulla Tradizione della Chiesa universale né sull'utilità di rendere più santa la vita.
Alla base delle loro opinioni c'è solo un'argomentazione qualunque soggettiva o l'usanza che si osserva nella propria patria o perché uno ha visto l'usanza in qualunque altro luogo e si crede d'esser diventato tanto più istruito quanto più s'è allontanato dai suoi col viaggiare; così sollevano questioni dibattute con tanto attaccamento alle proprie opinioni, che non ritengono giusto se non quel che fanno essi.
Qualcuno dirà che non si deve ricevere l'Eucaristia tutti i giorni.
Se tu gli domandassi perché, ti potrebbe rispondere: "Perché si devono scegliere i giorni in cui si vive con maggior purezza e continenza per accostarsi degnamente a un sì augusto sacramento, poiché chi mangerà indegnamente, mangia e beve la propria condanna". ( 1 Cor 11,29 )
Un altro invece potrebbe dire: "Al contrario, se la piaga del peccato è così grave e tale la violenza del morbo spirituale, che si debbano differire siffatte medicine, uno dev'essere allontanato dall'altare per ordine del vescovo affinché faccia penitenza; solo in seguito dev'essere riconciliato con Dio con l'assoluzione impartita dalla medesima autorità: si riceverebbe infatti indegnamente il sacramento, se si ricevesse nel tempo in cui uno deve far penitenza; nessuno dovrebbe di proprio arbitrio astenersi dalla comunione o accostarsene quando gli aggrada.
A ogni modo, se i peccati non sono così gravi da meritare la scomunica, nessuno deve star lontano dalla medicina quotidiana del Corpo del Signore".
Fra i due forse risolve meglio la questione chi inculca di rimanere soprattutto nella pace di Cristo; ciascuno poi faccia quel che crede dover fare secondo la propria fede e il sentimento della sua pietà.
Nessuno dei due oltraggia il corpo e il sangue del Signore; tutti e due al contrario fanno a gara per onorare il sacramento ch'è fonte della nostra salvezza.
Nemmeno Zaccheo e il Centurione si trovarono in contrasto fra loro né alcuno di essi si ritenne superiore all'altro, anche se l'uno pieno di gioia accolse il Signore ( Lc 19,6 ) nella sua casa e l'altro disse: Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto: ( Mt 8,8 ) tutt'e due onorarono il Salvatore in maniera diversa e per così dire contraria: ambedue erano miserabili peccatori, ambedue ottennero misericordia.
Come simbolo di ciò può servire quanto accadde all'antico popolo ebraico: come la manna aveva in bocca il sapore che ciascuno voleva, ( Sap 16,20 ) così pure nel cuore di ciascun cristiano ha diversi sapori il Sacramento con cui è stato vinto il mondo.
Poiché l'uno, per onorarlo, non osa riceverlo quotidianamente, l'altro invece, per onorarlo, non osa tralasciarlo alcun giorno.
Questo cibo esclude solo il disprezzo, come la manna la ripugnanza.
Ecco perché l'Apostolo dice che fu ricevuto indegnamente da coloro che non lo distinguevano dagli altri cibi con la particolare devozione dovutagli: poiché dopo aver detto: Mangia e beve la propria condanna, subito soggiunge dicendo: perché non fa distinzione di tal corpo ( 1 Cor 11,29 ) come appare chiaro da tutto quel passo della prima Lettera ai Corinti, se si considera attentamente.
Poniamo il caso che un forestiero si trovasse in un luogo ove i fedeli, continuando nell'osservanza della Quaresima, non si bagnano né mitigano il digiuno il giovedì.
Se costui dicesse: "Oggi non digiunerò" e chiedendogli io il motivo, rispondesse: "Perché nella mia patria non si digiuna", in tal caso costui non farebbe che anteporre la propria usanza a quella altrui.
Non potrà certo provarmi la sua condotta con citazioni della Sacra Scrittura, né potrà mettersi a litigare ad alta voce con la Chiesa universale dovunque essa è diffusa!
Neppure potrà dimostrarmi che quello agisce contro la fede, mentre lui agirebbe conforme alla fede; e tanto meno mi convincerà che quello vìola ottime usanze e ch'egli invece le osserverebbe.
È proprio lui, al contrario, a violare la propria tranquillità e pace litigando per una questione tanto futile.
Io preferirei tuttavia che in simili casi, se un Tizio fosse nella patria di un Caio e un Caio fosse nella patria di Tizio, si conformassero alle pratiche osservate da tutti quelli del paese.
Se al contrario uno, viaggiando in un paese straniero ove è più numeroso e più assiduo e più fervoroso il popolo di Dio, vedesse per esempio che si offre il Sacrificio due volte, cioè la mattina e la sera nel giovedì dell'ultima settimana di Quaresima, e tornato poi in patria, ove è costume che si offra solo alla fine del giorno, pretendesse di sostenere che quella è un'usanza cattiva e illecita per il fatto che altrove ha visto fare diversamente, la sua sarebbe una mentalità puerile da evitarsi e da correggere nei nostri.
Fa' dunque attenzione a quale di queste tre specie appartiene il primo quesito del tuo pro-memoria, espresso in questi termini: "Che cosa deve farsi il giovedì dell'ultima settimana di Quaresima?
Si deve offrire il Sacrificio al mattino e di nuovo la sera dopo la cena per il fatto che è stato detto: Similmente dopo che ebbero cenato, ( Lc 22,20; 1 Cor 11,25 ) oppure si deve digiunare e poi celebrare dopo la cena?
Oppure si deve digiunare anche e cenare solo dopo la Messa, come siamo soliti fare?".
A queste domande ti rispondo che, se l'autorità della Sacra Scrittura prescrive quel che s'ha da fare, non dev'esserci alcun dubbio che dobbiamo fare quel che leggiamo in essa, in modo che dovremmo discutere non come si debba celebrare il rito, ma come penetrare il significato del rito medesimo.
Lo stesso dicasi di riti e usanze osservate da tutta la Chiesa.
Poiché mettere in dubbio se si debbano o non si debbano seguire, sarebbe segno d'insolentissimo insania.
Ma nelle tue domande non si tratta né dell'uno né dell'altro caso.
Resta quindi ch'esse riguardano un terzo caso, quello cioè delle usanze che variano secondo i luoghi o le regioni.
Faccia dunque ciascuno quel che trova nella chiesa ove verrà a trovarsi.
Nessuna di quelle usanze è in realtà contraria né alla fede né ai costumi, che non diventano migliori per un'usanza religiosa o per un'altra.
Solo infatti per questi motivi, cioè in vista della fede o dei costumi, bisogna correggere un'usanza contraria al bene o istituirne un'altra prima non esistente.
Poiché ogni cambiamento di usanze, anche se ci aiuta con la sua utilità, apporta scompiglio con la sua novità; ecco perché un cambiamento che non è utile, per il fatto stesso che è causa d'infruttuoso scompiglio è pure nocivo.
Non si deve credere che l'usanza osservata in molti luoghi di celebrare dopo la refezione del giovedì santo sia stata introdotta perché sta scritto: Similmente prese pure il calice dopo la cena dicendo ecc., poiché l'evangelista poté chiamare cena il fatto che avevano già ricevuto il corpo prima di ricevere il calice; infatti l'Apostolo in un altro passo dice: Quando adunque vi radunate insieme, non è un mangiare la cena del Signore, ( 1 Cor 11,20 ) chiamando cena del Signore il ricevere la stessa Eucaristia.
Poté però ingenerare maggior perplessità se si debba celebrare o ricevere l'Eucaristia dopo aver già mangiato, quel che si dice nel Vangelo: Mentr'essi mangiavano, Gesù prese il pane e lo benedisse, ( Mt 26,26 ) poiché l'evangelista soggiunge: Venuta la sera, si mise a mensa coi dodici e mentre mangiavano disse: Uno di voi mi tradirà; ( Mt 26,20 ) dopo infatti diede loro l'Eucaristia.
Da ciò appare chiaro che la prima volta che i discepoli ricevettero il corpo e il sangue del Signore non erano digiuni.
E allora si dovrebbe per questo criticare la Chiesa universale perché l'Eucaristia si riceve sempre a digiuno?
È stato proprio lo Spirito Santo a volere che, in onore di sì augusto Sacramento, nella bocca del cristiano entrasse il corpo del Signore prima di ogni altro cibo, e perciò quest'usanza è osservata in tutta la Chiesa Cattolica.
Ma per il fatto che il Signore distribuì l'Eucaristia dopo la cena, i fedeli non debbono adunarsi a riceverla dopo aver pranzato o cenato, oppure, come facevano coloro che l'Apostolo denuncia come colpevoli e redarguisce, mischiare la comunione col desinare.
Il Salvatore infatti per mettere più efficacemente in risalto la profondità di questo mistero, lo volle imprimere come ultimo segno del suo amore nel cuore e nel ricordo dei discepoli, dai quali era sul punto di separarsi per avviarsi alla sua passione.
Egli non prescrisse neppure alcuna norma secondo la quale l'Eucaristia fosse ricevuta dopo la sua morte, proprio per lasciare che le condizioni per accostarvisi fossero regolate dagli Apostoli, per mezzo dei quali aveva disposto che fossero governate le Chiese.
Poiché io credo che nessuno avrebbe mutato quell'usanza, se il Signore ci avesse ordinato di comunicarci sempre dopo aver mangiato altre vivande.
Quando invece l'Apostolo parla di questo sacramento dice: Perciò, fratelli, quando vi radunate per mangiare, aspettatevi a vicenda: chi ha fame, mangi a casa sua, il nostro raduno non vi sia di condanna; e subito dopo soggiunse: Le altre cose poi le regolerò alla mia venuta; ( 1 Cor 11,33-34 ) sarebbe infatti stato troppo lungo esporre loro in una lettera tutte le norme da seguire e che la Chiesa osserva in tutto il mondo.
Da ciò si può comprendere che fu lui a stabilire il digiuno eucaristico che non è modificato da alcuna diversità di usanze.
Ma ad alcuni piacque come lodevole la norma che in quell'unico giorno dell'anno, in cui il Signore diede la stessa Eucaristia, fosse lecito offrire e ricevere il corpo e il sangue del Signore dopo il desinare, come per commemorarlo più solennemente.
Io credo però che sia meglio celebrare in un'ora in cui pure chi ha digiunato, dopo la refezione dell'ora nona, possa recarsi al Sacrificio.
Perciò non costringiamo nessuno a mangiare prima della Cena del Signore, ma non osiamo nemmeno opporci a chi fa diversamente.
Credo comunque che quest'usanza sia stata introdotta solo perché molti, anzi quasi tutti, in molti luoghi hanno l'abitudine di fare il bagno in quel giorno.
E poiché alcuni osservano anche il digiuno, la mattina si offre il Sacrificio per quelli che mangiano, perché non possono tollerare nello stesso tempo il digiuno e il bagno; la sera invece si celebra per quelli che fanno [ solo ] digiuno.
Se poi mi domandi l'origine dell'usanza di fare il bagno, a pensarci bene non mi viene in mente altra spiegazione più probabile se non che, siccome la pulizia dei battezzandi durante il digiuno quaresimale era trascurata, sarebbero andati al fonte battesimale provocando un senso di disgusto, se non avessero preso un bagno qualche giorno prima: a questo scopo fu scelto di preferenza il giorno in cui si celebra l'anniversario della cena del Signore.
E poiché ciò fu concesso a quelli che si erano preparati a ricevere il battesimo, molti vollero prendere il bagno con essi e rompere il digiuno.
Dopo quanto ti ho esposto nei limiti delle mie possibilità, ti raccomando di osservare per quanto puoi le norme esposte al principio, come si addice a un prudente e pacifico figlio della Chiesa.
Agli altri tuoi quesiti risponderò - se Dio vorrà - un'altra volta.
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