Maestro di vita oltre la scuola |
Come gli altri ragazzi del paese, Giovannino faceva parte del gruppo dei chierichetti, non solo, ma per la sua serietà e compostezza, fu ammesso fin dall'età di tredici anni, nella così detta Confraternita dei «Battuti», e quindi impegnato anche nella recita del piccolo Ufficio della Madonna, ogni domenica, prima dei Vespri.
Da tutti era ritenuto il ragazzo modello, «sempre in Chiesa...; aiutava tutti...; ci tirava intorno per portarci al bene...; guai a parlare male con lui...; in paese lo quotavano molto...».
Queste sono alcune delle espressioni raccolte dalla viva voce di Michele Pavese, coetaneo e compagno di Giovannino.
Le testimonianze sono moltissime e improntate del sigillo dell'autenticità, perché raccolte direttamente dal primo biografo di Fratel Teodoreto, il Postulatore Generale Fratel Leone di Maria, in una sua visita a Vinchio il 4 ottobre 1954, alla ricerca dei pochi coetanei di Giovanni, ancora viventi.
La vita della piccola borgata, modellata ad invidiabile tranquillità, non era però monotona per i ragazzi i quali, frequentando la scuola, s'incontravano, si conoscevano e non disdegnavano di partecipare alle divagazioni e ai giochi della loro età.
A fornirci alcuni particolari dell'adolescenza di Giovanni, è il nipote Bartolomeo Vercelli, figlio di sua sorella Teresa ( il quale era appena di quattro anni più giovane ) e che divenne poi anch'egli Fratello delle Scuole Cristiane con il nome di Fr. Bonaventura: fu religioso attivissimo ed esemplare.
Mori due anni dopo Fratel Teodoreto, a Grugliasco ( Torino ) il 10 febbraio 1956 a 81 anni.
Egli ci dice che Giovanni aveva una spiccata inclinazione per la musica, per cui, ancor giovanissimo e sotto la guida dello zio materno, il M° Giolito, riuscì un bravo suonatore di chitarra, in grado di accompagnare, coi pizzicati armoniosi, le canzoncine popolari della Madonna, verso la quale sentiva una particolare attrattiva.
Il nipote Bartolomeo, soprannominato Tamlin, ci descrive anche i pellegrinaggi ai vari Santuari, specialmente a quello della Madonna di Costigliole.
«Se ne parlava parecchio tempo prima.
Ottenuto il consenso, mamma Eleonora preparava per colazione e pranzo un coniglio arrostito e una bella focaccia.
Si partiva di buon mattino, per arrivare presto e fare la Santa Comunione.
Udita anche più di una Messa, si andava in cerca di un cantuccio di prato tranquillo e fiorito e facevamo onore al nostro appetito...
Tornavamo a casa balzellonando, tra canti e preghiere alla Vergine Santa.
Subito dopo cena, con tanti chilometri tra le gambe, cascavamo dal sonno e dormivamo come ceppi fino al tardo mattino».
Oltre alla passione per la musica popolare, Giovanni sentiva potente l'attrattiva per la natura tutta, e una predilezione per gli uccelli.
Bastava vedere come s'arrampicava sugli alberi in cerca di nidi..., mica per sterminarli!
Allevava con cura i «cantarini» e aveva riservato nientemeno che una camera per le tortorelle.
Un giorno però mal gliene incolse, perché in compagnia del nipotino Tamlin, che dopo la precoce morte della mamma Teresa, a 29 anni, lasciando tre figli in giovanissima età, tra cui Bartolomeo di 7 anni, abitava con lui al Bricco Saraceno, si recò presso un grosso e vecchio ciliegio, con le tasche piene di semi e di granaglie, per nutrire un nido di passeri che c'era ragione di ritenere orfani e soli... ( qualche cacciatore aveva sicuramente fatto fuori la madre ).
Salirono dunque sul vecchio tronco.
Il nipote, più svelto, fu tosto in cima.
Sotto di lui a pochi palmi il nostro Giovanni porge il becchime con ambo le mani.
Ma il grosso ramo, stanco e appesantito, vacilla.
Tamlin ebbe appena il tempo di gettare un grido d'allarme, che la gran chioma del ciliegio sbanda su d'un lato e piomba al suolo con impeto, seppellendo nella rovina, i nostri due contadinelli.
Tamlin si rialza incolume.
Giovanni sembra ferito al fianco da un ramo scheggiato... Da casa tutti accorrono al ciliegio.
L'è andata bene, commentano, l'albero era alto: la caduta mortale.
Ed è tutto se già non vogliamo scorgere la mano della Provvidenza, che sottraendo dal grave pericolo i due ragazzi, li serbava ad altre nidiate...; che anche Tamlin diverrà, accanto allo zio, Fratello Bonaventura, e uomo di Dio, e con il cuore largo come la Provvidenza.
Raccontando, molti anni dopo, questa avventura, continuava a ringraziare l'Angelo Custode che l'aveva cosi ben protetto.
La mamma, prima che Giovanni andasse nei campi o che uscisse di casa per qualche commissione, si univa a lui nel raccomandarsi all'Angelo custode.
E nei campi il nostro giovane arrampicatore non ricercava solo i nidi: dotato d'un fisico saldo e forte, era un assiduo e diligente lavoratore, che pur adattandosi volentieri alle abitudini contadine dei familiari, non tralasciava di studiare e arricchire l'intelligenza.
Inoltre, stando alle testimonianze, quei vasti e luminosi panorami campestri, facilitavano nell'animo del pio giovinetto, l'incontro interiore con il Signore, preludio certo di quell'intimità che Fr. Teodoreto manterrà inalterabile anche nei momenti più vessati dalle divagazioni e dal frastuono del mondo.
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