Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Fine dell'Unione

La pratica di detta Regola

Nella vita religiosa ordinaria la separazione dalla famiglia è completa, definitiva, ufficiale.

Per noi, il sacrificio non è richiesto, ma se la separazione è meno assoluta, essa non è forse meno costosa, perché dev'essere costantemente rinnovata.

Difatti, se essa non è effettivamente richiesta, deve però essere realizzata di cuore e nella sua pienezza.

Il nostro stato di vita è comune in tutto ciò che appare all'esterno lasciandoci i doveri di famiglia e i doveri sociali.

Questi doveri non devono diminuire la perfetta purità di cuore necessaria alla consacrazione religiosa.

Il consiglio si aggiunge al precetto;

noi conserviamo gli obblighi della pietà filiale nella misura di ciò che può richiedere la maggior gloria di Dio, non avendo mai di mira la nostra soddisfazione o qualche godimento puramente naturale, restando fedeli alla nostra vocazione e al suo doppio dovere:

vita d'unione con Dio per mezzo del sacrificio e della dedizione al prossimo nella carità.

Questo stato di vita racchiude una perfezione più nascosta, nella pratica più difficile di una virtù più personale.

È dunque cosa essenziale il rendersi conto del distacco richiesto e di effettuarlo tanto più nell'interno in quanto siamo meno separati effettivamente.

Le nostre relazioni con la famiglia e con gli amici saranno determinate alla luce delle nostre Regole e Costituzioni, sotto il controllo dell'obbedienza.

Noi dobbiamo prima di tutto accettare generosamente le occasioni di distacco che vengono dall'esterno o dalle circostanze e ci sono imposte nostro malgrado ( R. e C. art. 80, 3º ).

Dio viene, per mezzo di esse, in nostro aiuto e noi non dobbiamo lasciar passare invano tali grazie, ma riceverle con riconoscenza.

Noi dobbiamo inoltre praticare il distacco quando dipende dalla nostra libera scelta e ci è domandato, senza esserci imposto, nei particolari della vita, sia dalle sollecitazioni della grazia, sia dalla perfetta osservanza delle Regole e Costituzioni, dal nostro regolamento personale o dal desiderio dei Superiori.

Alla mancanza di separazione effettiva, la fedeltà continua ai nostri obblighi religiosi apporta una grande quantità di reali occasioni di sacrifici.

Dalla famiglia, bisogna sapersi eclissare, quando occorre, ai suoi desideri affettuosi, ad esempio, lasciare la sera, all'ora voluta, quelli coi quali uno si trova, salvo indicazioni contrarie;

lasciare una presenza amata per recarsi a un dovere, abbreviare espansioni legittime, non tener sempre conto dei gusti, dei sentimenti del cuore, scartare le compiacenze inutili che ridurrebbero il tempo riservato agli esercizi, alle opere, ecc. tutte cose che ci fanno soffrire e fanno soffrire attorno a noi quasi continuamente, a punte di spillo, ma per la maggior gloria di Dio.

Così pure con gli amici, si dovrà arrivare a certe separazioni che potrebbero produrre pena, a rinunciare a tale visita o ricevimento che non sarebbero ordinati al fine.

Sacrifici multipli, tanto più penosi, certe volte, in quanto sono piccoli in sé, ma che richiedono un costante martirio del cuore in un continuo scambio d'amore tra l'anima fedele e Nostro Signore.

Non è forse necessario che sia così perché si possa dire con verità:

"Ecco, Signore, che abbiamo abbandonato tutto per seguirTi"? ( Mc 10,28 ).

Dio ci mantiene in queste disposizioni di generosità e di coraggio indicate come segno di vocazione e ci dà una tempra d'anima abbastanza forte per fare e sostenere tutti i sacrifici richiesti dalla vita religiosa nel mondo ( R. e C. art. 4,1º ) per seguire Nostro Signore più da vicino possibile.

Pigliamo per modello il Cuore purissimo della SS. Vergine nella sua vita nel mondo, dato a Dio senza riserve.

" Per essere ammessi nell'Istituto dei Catechisti, i postulanti devono:

coltivare il desiderio sincero della propria perfezione e la risoluta volontà di fuggire i piaceri e le vanità del secolo " ( R. e C. art. 18,7º ).

Questa "risoluta volontà di fuggire i piaceri e le vanità del secolo" o del mondo, che è la stessa cosa, se è domandata ai postulanti, sarà richiesta con più ragione ai catechisti professi.

Questa regola è di un'importanza capitale.

Essa deve formare come il criterium della nostra vita religiosa.

Quelli che non hanno lo Spirito di Nostro Signore non la comprendono perché va direttamente contro tutte le idee del mondo e pare follia ai suoi occhi.

È altresì difficile da osservare perché è contraria alle inclinazioni della natura la quale ha orrore di tutto ciò che le si oppone.

Dobbiamo dunque considerare, cioè fissare la nostra riflessione seria e profonda, in presenza del nostro Creatore e Signore, per via di orazione, sopra questa condizione primordiale proposta dalle Regole e Costituzioni per progredire veramente nella vita spirituale e seguire seriamente Nostro Signore.

Il mondo, nel senso generale della parola, indica l'universo, l'insieme delle cose create;

nel senso più ristretto l'insieme degli uomini buoni e cattivi, la società umana in mezzo alla quale si vive, e in modo particolare "quelli che sono attaccati alle cose del "secolo".

Tra gli uomini, i cattivi sono quelli formalmente opposti a Nostro Signor Gesù Cristo, il mondo che non l'ha ricevuto, gli atei, gli apostati, i rinnegati e che sono dominati dallo spirito del male:

spirito d'orgoglio e di menzogna che conduce le anime alla loro perdita.

C'è il mondo che ogni cristiano deve abbandonare perché non conosce Dio e ha il diavolo per capo.

C'è altresì un mondo che non ha rinnegato Gesù Cristo e che non vorrebbe rinnegarLo, ma che praticamente Lo abbandona o non Lo segue che da lontano lasciandosi facilmente sedurre, mondo soggetto a influenze deleterie, indifferente inconsciamente.

Mondo che fa consistere la sua saggezza a fuggire ciò che combatte le inclinazioni della natura, a procurarsi ciò che lusinga i sensi;

la sua felicità nei piaceri dei sensi;

la sua gloria nella stima degli uomini; la sua forza e la sua speranza nelle ricchezze periture della terra.

La nostra vocazione non ci ritira di mezzo al mondo, ma vuole che noi ci guardiamo dal suo spirito secondo le parole di Nostro Signore:

"Padre, non chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li guardi dal male" ( Gv 17,15 ).

Il male che c'è nel mondo è condannato e maledetto da Nostro Signore:

"Maledetto il mondo a causa dei suoi scandali", mentre ha pietà delle turbe e muore sulla croce per la salvezza di tutti.

Il mondo non presenta soltanto un ambiente sociale, ma anche uno spirito, una disposizione abituale di pensare, di sentire, di agire secondo un insieme di principi opposti allo spirito di Gesù Cristo.

Lo spirito del mondo ci segue nella vita religiosa e ci porta:

- a cercare le comodità: procurarsi una vita facile, un lavoro piacevole, cura esagerata della salute;

- all'amore di una certa agiatezza: si cerca egoisticamente tutto ciò che può favorire il conforto, e per timore di esserne privi si pigliano le precauzioni con prudenza troppo umana contro gli incidenti della vita;

- a stimare onori vani: si vuole bensì lavorare, ma a condizione di esserne lodati e di ricavarne qualche considerazione presso gli uomini, si cerca di dominare, si coltiva un segreto attacco alla propria volontà, una certa indipendenza di giudizio e una libertà d'azione non abbastanza controllata dall'obbedienza.

In tutto questo si ha per fine una falsa pace naturale.

È la pace del mondo basata sui beni ingannevoli, pace pigra, pericolosa, ingannatrice, invece della vera pace di Nostro Signore che non è senza combattimento ma che ha per frutti il trionfo dell'ordine e della carità nell'anima nostra.

Questo spirito è la sorgente del male del mondo condannato da Gesù Cristo, male di ogni tempo, male attuale, come disse Sua Santità Pio XII:

"Il mondo attuale, immerso nel culto dei beni passeggeri, si perde a si esaurisce in una fredda ricerca di un ideale terrestre, si distacca dalla fede in Gesù Cristo e più ancora dalla riconoscenza e dall'osservanza della sua legge …"

"Rifiuta di seguire Nostro Signore o lo segue con indifferenza e lentezza, rinnega o dimentica nella pratica le verità vivificatrici e i valori morali racchiusi nella fede in Dio e in Gesù Cristo come lo spirito del Discorso sul monte e quello della Croce" ( SS. Pio XII Enciclica Summi Pontificatus, 20 ottobre 1939 ).

Queste deviazioni raggiungono quelli che si dicono discepoli di Cristo, ma che, cristiani di nome più che di fatto sono presi da terrore di fronte ai sacrifici che loro sono imposti dalla professione di fede cristiana.

L'ignoranza religiosa, conseguenza d'una formazione cristiana insufficiente, se non inesistente, lascia lo spirito umano abbandonato a se stesso, portato ad accogliere l'errore che lo perde, a respingere la semplice verità che salva, accessibile a tutte le infiltrazioni deleterie e perfide del naturalismo, del modernismo, del marxismo.

Ignorante del proprio fine e del suo destino, lo spirito del mondo s'inganna nelle sue ricerche, si ferma alle realtà materiali e umane, cerca se stesso in tutto:

ricerca delle comodità, cura esagerata del corpo, assenza di pudore, di riserva, curiosità sfrenata e malsana, indisciplina dello spirito e della volontà, orrore dell'obbedienza, materializzazione dei sentimenti che spengono o distruggono il senso del dovere, dell'onore, del rispetto, della fedeltà alla parola data, errori, illusioni, verità diminuite, falsi apprezzamenti dei valori: è il secolo della confusione.

Lo spirito del mondo non accettando ciò che lo limita o lo domina, ciò che gli ricorda il suo nulla, la sua impotenza, la morte, l'eternità, il mistero, rifiuta tutto ciò che è infinito, eterno, divino, per avere il campo libero per ammirarsi, servirsi, quindi ogni pretensione, smarrimenti, disordini.

Corre alla sua perdita in quanto alla vita del tempo, dove non trova che falsa pace, delusione profonda, regresso invece di progresso;

in quanto all'eternità, nulla di assicurato per il cielo, mani vuote.

"Così il mondo perde l'anima sua".

Questo spirito del mondo è l'opera abbinata della natura e dello spirito del male:

legge della triplice concupiscenza, attività del demonio, tentazioni, illusioni.

Questo spirito è dunque in noi.

Noi siamo nel mondo per il corpo, il mondo è in noi per lo spirito.

Tale spirito è nel nostro io inferiore, l'io della natura decaduta.

Il pericolo è tale che una lotta senza tregua s'impone.

Bisogna arrivare ad avere un'avversione intera e senza riserve per tutto ciò che il mondo ama e abbraccia.

Avversione, odio, disprezzo che consiste non solo nel distaccarsi, ma nell'allontanarci e nel respingere tutto ciò che il mondo ama e abbraccia.

Avversione intera, riguardo a tutti i beni esterni e interni.

Avversione senza riserva perché anche una sola riserva può danneggiare la nostra vita spirituale.

"Comunque piccolo possa essere un oggetto, se si mira e si ama disordinatamente, ritrae l'anima dal sommo Bene, e la deturpa" ( Imit. III, 42 ).

Questo deve estendersi a tutto ciò che il mondo ama e abbraccia.

Noi vi abbiamo rinunciato pel fatto stesso che abbiamo corrisposto alla chiamata e seguito Gesù Cristo.

Vivendo nel mondo, senza la separazione esteriore, cioè senza l'allontanamento dalla famiglia, senza clausura né vestito diverso, noi non abbandoniamo il mondo che nell'interno e nella misura in cui il suo spirito non è più in noi, ciò che richiede un'attitudine costante di difesa e di lotta.

Dobbiamo necessariamente essere nel mondo, ma non dobbiamo essere del mondo, non regolarci secondo le sue massime, non avere i suoi gusti, condurci con un altro spirito, gloriarci di appartenere a Gesù Cristo.

Per essere sicuri di allontanare da noi lo spirito del mondo cioè non amare ciò che il mondo ama e abbraccia dobbiamo accettare e desiderare con tutte le nostre forze ciò che Gesù Cristo ha amato e abbracciato.

" I catechisti prendono il nome dal SS. Crocifisso perché ciascuno di essi deve, con la parola e con l'esempio, "predicare Gesù Cristo e Gesù Cristo Crocifisso" sforzandosi di permeare di spirito cristiano la società in cui vive " ( R. e C., art. 2 ).

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