Summa Teologica - I-II |
Pare che l'ira non si rivolga solo contro chi ha con noi rapporti di giustizia.
1. Non esistono rapporti di giustizia tra l'uomo e gli esseri irrazionali.
E tuttavia l'uomo qualche volta si adira con gli esseri irrazionali: come fa lo scrivano che adirato butta via la penna, o il cavaliere che frusta il cavallo.
Quindi l'ira non si rivolge soltanto a chi ha con noi rapporti di giustizia.
2. Come dice Aristotele [ Ethic. 5,6 ], « l'uomo non ha legami di giustizia con se medesimo, né con le proprie cose ».
Ma talora l'uomo si adira con se stesso, come fa il penitente per i suoi peccati: infatti sta scritto nei Salmi [ Sal 4,5 ]: « Adiratevi, e non peccate ».
Quindi l'ira non si rivolge soltanto contro chi ha con noi rapporti di giustizia.
3. Si possono avere rapporti di giustizia e di ingiustizia con tutto un genere, o con una comunità intera: come quando lo stato ha danneggiato qualcuno.
Invece l'ira non riguarda mai un genere, ma soltanto « qualche singolare », come dice il Filosofo [ Reth. 2,4 ].
Quindi l'ira non riguarda propriamente coloro che sono legati a noi da rapporti di giustizia e di ingiustizia.
C'è l'insegnamento del Filosofo [ Reth. 2, cc. 2,3 ].
Abbiamo già detto [ a. 6 ] che l'ira vuole il male sotto l'aspetto di giusta vendetta.
Perciò l'ira riguarda coloro che hanno rapporti di giustizia e di ingiustizia.
Infatti vendicare è proprio della giustizia, mentre offendere è proprio dell'ingiustizia.
Quindi sia dalla parte della causa, cioè dell'offesa, sia dalla parte della vendetta che l'adirato desidera, è evidente che l'ira si rivolge contro coloro con cui abbiamo rapporti di giustizia e di ingiustizia.
1. Come si è già detto [ a. 4, ad 2 ], pur implicando la ragione, l'ira può trovarsi anche negli animali privi di ragione, poiché essi dall'istinto naturale, e mediante l'immaginativa, sono portati a compiere cose che assomigliano agli atti della ragione.
Perciò, siccome nell'uomo c'è sia la ragione che l'immaginativa, i moti dell'ira possono insorgere in lui in due modi.
Primo, in seguito alla presentazione del danno da parte della sola immaginativa.
E così può insorgere qualche scatto d'ira anche verso gli esseri irrazionali e inanimati, simile ai moti istintivi degli animali contro le cose nocive.
- Secondo, in seguito alla presentazione del danno da parte della ragione.
E così, come dice il Filosofo [ Reth. 2,3 ], « in nessun modo l'ira si può rivolgere contro le cose inanimate, né contro i morti ».
E ciò sia perché manca la sofferenza, che chi è adirato soprattutto tenta di infliggere a chi ha causato la sua collera, sia perché nei loro riguardi non ci può essere vendetta, essendo essi incapaci di offendere.
2. Come osserva il Filosofo [ Ethic. 5,11 ], « esiste una certa giustizia o ingiustizia metaforica dell'uomo verso se stesso », in quanto alla ragione spetta il dominio sull'irascibile e sul concupiscibile.
E in questo senso si può dire che uno si vendica di se stesso, e quindi si adira con se stesso.
Parlando però propriamente nessuno può adirarsi con se stesso.
3. Nel libro citato il Filosofo [ Reth. 2,4 ] porta questa sola differenza tra l'odio e l'ira, che « l'odio può riguardare tutto un genere: si odia, p. es., tutto il genere dei briganti, mentre l'ira si rivolge solo contro il singolo ».
E il motivo sta nel fatto che l'odio deriva dal considerare la qualità di una data cosa come contraria alla nostra disposizione, e questa considerazione può essere universale o particolare.
L'ira invece è prodotta dall'offesa compiuta da qualcuno col proprio atto.
Ora, gli atti sono tutti individuali.
Perciò l'ira si rivolge sempre al singolare concreto.
- Se poi è tutto lo stato che ci offende, allora lo stato intero è considerato come un ente singolo.
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