Summa Teologica - I-II |
Supra, q. 24, a. 3, ad 3; q. 73, a. 6; De Verit., q. 26, a. 7, ad 1; De Malo, q. 3, a. 2; In 5 Ethic., lect. 13
Pare che la passione non diminuisca il peccato.
1. Col crescere della causa cresce anche l'effetto: se infatti il calore dissolve, un calore più grande dissolve maggiormente.
Ma la passione è causa del peccato, come si è visto [ aa. prec. ].
Quindi più essa è intensa, più il peccato è grande.
Perciò la passione non diminuisce, ma aggrava il peccato.
2. La passione cattiva sta al peccato come la passione buona sta al merito.
Ma la passione buona aumenta il merito: infatti più grande è la misericordia con la quale uno soccorre il povero, più cresce il suo merito.
Perciò anche la passione cattiva è fatta più per aggravare che per diminuire il peccato.
3. Un peccato è tanto più grave quanto più intensa è la volontà con cui uno lo commette.
Ma la passione che spinge la volontà la porta con maggiore intensità all'atto del peccato.
Quindi la passione aggrava il peccato.
La passione della concupiscenza è chiamata anche tentazione della carne.
Ma quanto più forte è la tentazione da cui uno è prostrato, tanto meno gravemente pecca, come insegna S. Agostino [ cf. De civ. Dei 14,12; De nat. et gratia 25.28 ].
Quindi la passione diminuisce il peccato.
Il peccato consiste essenzialmente in un atto del libero arbitrio, che è « una facoltà del volere e della ragione » [ P. Lomb., Sent. 2,24 ].
Invece la passione è un moto dell'appetito sensitivo.
Ora, l'appetito sensitivo può essere antecedente o conseguente rispetto al libero arbitrio.
È antecedente quando la passione dell'appetito sensitivo trascina o inclina la ragione e la volontà, come sopra [ aa. 1,2; q. 9, a. 2; q. 10, a. 3 ] si è spiegato.
È conseguente invece quando i moti delle facoltà superiori, per la loro intensità, ridondano sulle facoltà inferiori: infatti la volontà non può muoversi intensamente verso un oggetto senza eccitare una passione nell'appetito sensitivo.
Quindi se consideriamo la passione in quanto precede l'atto peccaminoso, allora è necessario che diminuisca il peccato.
Infatti un atto è peccato nella misura in cui è volontario ed è in nostro potere.
Ora, una cosa è in nostro potere in forza della ragione e della volontà.
Quindi più la ragione e la volontà agiscono per se stesse, senza impulsi di passione, più l'atto è volontario, e in nostro potere.
E sotto questo aspetto la passione diminuisce il peccato, riducendone la volontarietà.
- Invece la passione conseguente non diminuisce il peccato, ma piuttosto lo aggrava; o meglio, è un segno della sua gravità, poiché mostra l'intensità del volere nell'atto del peccato.
E da questo lato è vero che uno pecca tanto più gravemente quanto più forte è il piacere e la concupiscenza con cui pecca.
1. La passione è causa del peccato sotto l'aspetto della conversione [ alle creature ].
Invece la gravità del peccato si considera piuttosto dal lato dell'allontanamento [ da Dio ]: il quale deriva dalla conversione per accidens, cioè senza intenzione da parte di chi pecca.
Ora, non accresce il peccato il crescere delle cause per accidens, ma solo l'accrescersi delle cause per se.
2. Una passione buona conseguente al giudizio della ragione aumenta il merito.
Se invece lo precede, in modo che uno è portato ad agire bene più dalla passione che dal giudizio della ragione, allora essa diminuisce la bontà e il valore dell'atto.
3. Sebbene il moto della volontà suscitato dalla passione sia più intenso, tuttavia appartiene alla volontà meno propriamente che se questa fosse stata mossa a peccare dalla sola ragione.
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