Summa Teologica - II-II |
Infra, q. 66, a. 7; q. 71, a. 1; q. 87, a. 1, ad 4; q. 118, a. 4, ad 2; In 4 Sent., d. 15, q. 2, a. 1, sol. 4; a. 3, sol. 2, ad 1; Quodl., 6, q. 7, ad 1, 2; 8, q. 6, a. 2
Pare che fare l'elemosina non sia di precetto.
1. I precetti sono distinti dai consigli.
Ma fare l'elemosina è un consiglio, come si rileva dalle parole di Daniele [ Dn 4,24 ]: « Perciò, re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina ».
Quindi fare l'elemosina non è di precetto.
2. Ognuno ha la facoltà di usare e di ritenere la roba propria.
Ma ritenendo la roba propria uno non farà l'elemosina.
Quindi è lecito non fare l'elemosina.
E così fare l'elemosina non è di precetto.
3. Tutto ciò che è di precetto a un certo momento obbliga i trasgressori sotto peccato mortale: poiché i precetti affermativi obbligano in tempi determinati.
Se quindi fare l'elemosina fosse di precetto, si potrebbe determinare un tempo in cui uno peccherebbe mortalmente non dando l'elemosina.
Ma ciò non avviene: poiché si può sempre ritenere probabile che si possa provvedere al povero diversamente, e che quanto dovrebbe essere elargito in elemosine possa risultare necessario a chi deve dare, o al presente o in futuro.
Quindi fare l'elemosina non è di precetto.
4. Tutti i precetti si riducono ai precetti del decalogo.
Ma in nessuno di questi si parla dell'elemosina.
Quindi fare l'elemosina non è di precetto.
Nessuno viene punito con la pena eterna per l'omissione di cose che non sono di precetto.
Ma alcuni, come dice il Vangelo [ Mt 25,41ss ], sono puniti con la pena eterna per avere trascurato l'elemosina.
Quindi fare l'elemosina è di precetto.
Essendo di precetto l'amore del prossimo, è necessario che siano di precetto tutte quelle azioni senza di cui non è possibile salvare tale amore.
Ora, all'amore del prossimo non appartiene solo la benevolenza, ma anche la beneficenza, secondo l'espressione di S. Giovanni [ 1 Gv 3,18 ]: « Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità ».
D'altra parte, perché noi vogliamo e facciamo il bene di una persona si richiede che provvediamo alle sue necessità, il che si compie mediante l'elemosina.
Perciò fare l'elemosina è di precetto.
Siccome però i precetti hanno per oggetto gli atti delle virtù, è necessario che l'elemosina ricada sotto il precetto in quanto i suoi atti sono indispensabili per la virtù, cioè in quanto sono richiesti dalla retta ragione.
E questa esige che si abbiano presenti le circostanze, sia dalla parte di chi deve dare, sia dalla parte di chi deve ricevere l'elemosina.
Dalla parte di chi dà si deve badare che quanto viene erogato in elemosina sia il suo superfluo, secondo le parole evangeliche [ Lc 11,41 Vg ]: « Ciò che è superfluo datelo ai poveri ».
E chiamo superfluo non solo ciò che è tale in rapporto a lui stesso, cioè che eccede le sue necessità individuali, ma che è tale anche in rapporto alle persone affidate alle sue cure: poiché è necessario che uno prima provveda a se stesso e a coloro che gli sono affidati ( rispetto ai quali si parla di necessità personali, in quanto "persona" indica responsabilità ), e con quello che avanza soccorra ai bisogni degli altri.
Come anche la natura prima provvede a se stessa, per il sostentamento del proprio corpo, ciò che è necessario al compito della facoltà nutritiva; il superfluo invece lo eroga per la generazione di altri mediante la facoltà generativa.
Dalla parte poi di chi riceve si richiede che egli sia in necessità: altrimenti non avrebbe ragione di esigere l'elemosina.
Ma poiché nessuno può provvedere da solo a tutti gli indigenti, non qualsiasi indigenza obbliga sotto precetto, ma soltanto quella che se non è soddisfatta lascia l'indigente in condizione di non potersi sostentare.
Infatti in tal caso si avverano le parole di S. Ambrogio [ Serm. 81, su Lc 12,18 ]: « Da' da mangiare a chi muore di fame. Se non lo nutri, tu l'hai ucciso ».
Così dunque è di precetto fare l'elemosina quando si ha del superfluo; e quando si tratta di aiutare chi si trova in estrema necessità.
Invece fare altre elemosine è di consiglio, come è di consiglio qualsiasi altro bene più perfetto.
1. Daniele parlava a un re che non era soggetto alla legge di Dio.
Quindi bisognava proporre a lui sotto forma di consiglio anche cose che rientravano nei precetti di una legge che egli non accettava.
- Oppure si può pensare che si trattasse di uno di quei casi in cui fare elemosina non è di precetto.
2. I beni temporali che uno riceve da Dio appartengono a ciascuno quanto alla proprietà, ma quanto all'uso non devono essere soltanto suoi, bensì anche degli altri, che possono essere sostentati da ciò che egli ha in sovrappiù.
Scrive infatti S. Basilio [ In Lc hom. 6, su 12,18 ]: « Se tu dici che questi beni temporali ti sono venuti da Dio, pensi forse che Dio sia uno che distribuisce a noi le cose senza uguaglianza?
Perché tu abbondi, e quello va mendicando, se non perché tu possa conseguire il merito dell'elargizione, e quegli sia arricchito col premio della pazienza?
È dell'affamato il pane che tu conservi, è del nudo la veste che tieni sotto chiave, sono dello scalzo le scarpe che marciscono presso di te, è dell'indigente l'argento che tu possiedi sepolto.
Insomma, tu commetti tante ingiustizie quante sono le cose che potresti dare ».
E la stessa cosa ripete S. Ambrogio [ l. cit. ], citato dal Decreto [ di Graz., 1,47,8 ].
3. Si può determinare il tempo in cui uno che ometta di fare l'elemosina pecca mortalmente: dalla parte di chi deve ricevere quando il bisogno appare evidente e urgente, e non c'è nessun altro che possa immediatamente prestare soccorso; dalla parte invece di chi deve dare quando uno ha dei beni superflui che secondo ogni probabilità non gli sono necessari nello stato presente.
E non è necessario badare a tutti i casi che potrebbero capitare in seguito: poiché ciò sarebbe un « preoccuparsi del domani », cosa che il Signore proibisce [ Mt 6,34 ].
Si deve invece determinare il necessario e il superfluo in base alle cose probabili e che capitano ordinariamente.
4. Tutti i soccorsi prestati al prossimo si riducono al precetto di onorare i genitori.
Infatti questa è l'interpretazione dell'Apostolo [ 1 Tm 4,8 ], là dove dice: « La pietà è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente come di quella futura »; e parla così perché al precetto di onorare i genitori è aggiunta la promessa [ Es 20,12; Ef 6,2s ]: « perché tu goda di una vita lunga sopra la terra ».
Ora, nel termine pietà è inclusa l'elargizione di qualsiasi elemosina.
Indice |