Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la correzione fraterna sia un atto di carità

Supra, q. 32, a. 2, ad 3; infra, a. 3; In 4 Sent., d. 19, q. 2, a. 1, ad 6

Pare che la correzione fraterna non sia un atto di carità.

Infatti:

1. Nel commentare quel passo evangelico [ Mt 18,15 ]: « Se il tuo fratello pecca contro di te », la Glossa [ ord. ] afferma che il fratello va rimproverato « per lo zelo della giustizia ».

Ma la giustizia è una virtù diversa dalla carità.

Quindi la correzione fraterna non è un atto di carità, ma di giustizia.

2. La correzione fraterna viene fatta con un'ammonizione segreta.

Ma l'ammonizione è un consiglio, e questo appartiene alla prudenza: poiché secondo Aristotele [ Ethic. 6,5 ] è proprio del prudente « essere pronto a dare buoni consigli ».

Perciò la correzione fraterna non è un atto di carità, ma di prudenza.

3. Atti contrari non appartengono a una medesima virtù.

Ma sopportare chi pecca è un atto di carità, come risulta dalle parole di S. Paolo [ Gal 6,2 ]: « Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo », che è la legge della carità.

Quindi correggere il fratello che pecca, essendo il contrario della sopportazione, non è un atto di carità.

In contrario:

Correggere chi sbaglia è un'elemosina spirituale.

Ma l'elemosina, come si è visto [ q. 32, a. 1 ], è un atto di carità.

Quindi anche la correzione fraterna è un atto di carità.

Dimostrazione:

La correzione di chi sbaglia è un rimedio da usarsi contro il peccato altrui.

Ora, questo peccato può essere considerato sotto due aspetti:

primo, in quanto è nocivo a chi lo compie;

secondo, in quanto è nocivo agli altri, che ne vengono lesi o scandalizzati;

oppure in quanto compromette il bene comune, la cui giustizia viene turbata dal peccato.

Perciò vi sono due modi di correggere il peccatore.

Il primo che applica un rimedio al peccato in quanto questo è un male di chi pecca: e questa è propriamente la correzione fraterna, che è ordinata all'emendamento del colpevole.

Ora, togliere il male di una persona equivale a procurarle il bene, e d'altra parte procurare il bene del proprio fratello appartiene alla carità, con la quale vogliamo e facciamo del bene agli amici.

Quindi la correzione fraterna è un atto di carità: poiché con essa combattiamo il male del fratello, cioè il peccato.

E ciò appartiene alla carità più che l'eliminazione di qualsiasi danno esterno e di qualsiasi male corporale: nella misura cioè in cui il bene corrispettivo della virtù è più affine alla carità di quanto lo sia il bene del corpo o delle cose esterne.

Per cui la correzione fraterna è un atto di carità superiore alla cura delle malattie del corpo, o alle elemosine che tolgono la miseria esteriore.

- C'è invece una seconda correzione che applica un rimedio al peccato del colpevole in quanto è un male altrui, e specialmente in quanto nuoce al bene comune.

E tale correzione è un atto di giustizia, la quale ha il compito di custodire la rettitudine dell'onestà nei rapporti reciproci.

Analisi delle obiezioni:

1. Quel commento parla della seconda correzione, che è un atto di giustizia.

- Oppure, se parla della prima, si riferisce alla giustizia presa quale virtù in generale, come vedremo [ q. 58, a. 5 ]: cioè nel senso in cui « ogni peccato è un'ingiustizia » in quanto contrario alla giustizia, come dice S. Giovanni [ 1 Gv 3,4 ].

2. Come spiega il Filosofo [ Ethic. 6,12 ], « la prudenza rende retti i mezzi ordinati al fine », dei quali si occupano il consiglio e la scelta.

Tuttavia, siccome con la prudenza si agisce con rettitudine in ordine al fine di determinate virtù morali, come la temperanza o la fortezza, così l'atto appartiene principalmente alla virtù di cui esso persegue il fine.

Poiché dunque l'ammonizione che viene fatta nella correzione fraterna è ordinata a togliere il peccato dal proprio fratello, il che appartiene alla carità, è evidente che tale ammonizione è principalmente un atto di carità, in quanto questa lo comanda, mentre appartiene alla prudenza in modo secondario, in quanto questa esegue e dirige l'atto.

3. La correzione fraterna non è contraria alla sopportazione dei deboli, ma piuttosto deriva da essa.

Infatti uno in tanto sopporta il colpevole in quanto non si turba contro di lui, ma conserva per lui della benevolenza.

E da ciò nasce il tentativo di condurlo a emendarsi.

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