Summa Teologica - II-II |
Pare che la rissa non sia sempre un peccato.
1. La rissa pare non essere altro che una contesa, poiché secondo S. Isidoro [ Etym. 10 ] « il rissoso prende il nome dal ringhiare del cane: egli infatti è sempre pronto a contraddire, gode degli alterchi e provoca alla contesa ».
Ma la contesa non sempre è peccato.
Quindi neppure la rissa.
2. Nella Genesi [ Gen 26,21 ] si legge che i servi di Isacco « scavarono un altro pozzo, e anche per quello vi fu rissa ».
Ora, non si può credere che i domestici di Isacco rissassero pubblicamente, senza che lui si opponesse, se ciò fosse stato un peccato.
Perciò la rissa non è un peccato.
3. La rissa è una specie di guerra privata.
Ma la guerra non sempre è peccaminosa.
Quindi anche la rissa non sempre è peccato.
Le risse sono ricordate da S. Paolo [ Gal 5,20s ] tra le opere della carne, « che impediscono a chi le compie di ereditare il regno di Dio ».
Quindi le risse non soltanto sono peccati, ma sono anche peccati mortali.
Come la contesa implica un contrasto di parole, così la rissa implica un contrasto per vie di fatto: per cui la Glossa [ interlin. ] spiega che si hanno le risse « quando per l'ira si arriva alle percosse reciproche ».
Quindi la rissa è una specie di guerra privata, condotta tra persone private e promossa non dall'autorità pubblica, ma da un volere disordinato.
Perciò la rissa comporta sempre un peccato.
E in colui che aggredisce ingiustamente è un peccato mortale: nuocere infatti al prossimo anche con le mani non è senza peccato mortale.
Invece in colui che si difende la rissa può essere senza peccato, mentre talvolta è peccato veniale e altre volte anche mortale: secondo le diversità dei sentimenti e il diverso modo di difendersi.
Se uno infatti si difende col solo desiderio di respingere l'ingiuria e con la debita moderazione, non è peccato: e propriamente non si può parlare di rissa da parte sua.
Se invece uno si difende col desiderio di vendicarsi, o con odio, oppure passando i limiti della debita moderazione, allora è sempre peccato: peccato veniale quando si infiltra un moto leggero di odio o di vendetta, oppure quando non si esagera molto nel difendersi; peccato mortale invece quando con animo risoluto uno insorge contro l'aggressore per ucciderlo, o per ferirlo gravemente.
1. La rissa non dice semplicemente contesa, ma nel testo riferito di S. Isidoro troviamo tre elementi che spiegano il disordine della rissa.
Primo, la predisposizione dell'animo a litigare, e ciò nell'espressione: « sempre pronto a contraddire », qualsiasi cosa l'altro abbia fatto, in bene o in male.
Secondo, il piacere che si prova nel contrastare: per cui si dice che « gode degli alterchi ».
Terzo, il fatto che il rissoso provoca gli altri, per cui si aggiunge che « provoca alla contesa ».
2. In quel testo non si dice che i servi di Isacco fecero una rissa, ma che gli abitanti del luogo rissarono contro di loro.
Perciò furono costoro a peccare, non già i servi di Isacco che subirono l'offesa.
3. Perché la guerra sia giusta si richiede che venga fatta con l'autorizzazione dei pubblici poteri, come si è detto [ q. 40, a. 1 ].
La rissa invece scaturisce dalle passioni private dell'ira e dell'odio.
Se infatti i funzionari del principe o del giudice mettono le mani addosso, in forza dell'autorità pubblica, su qualcuno che si difende, non si può dire che fanno una rissa, ma piuttosto la fanno quanti resistono alla forza pubblica.
E così quelli che aggrediscono non rissano e non peccano: peccano invece quelli che si difendono ingiustamente.
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