Summa Teologica - II-II |
In 2 Sent., d. 22, q. 1, a. 3
Pare che il peccato di Adamo sia stato più grave di quello di Eva.
1. S. Paolo [ 1 Tm 2,14 ] afferma che « non fu Adamo a essere ingannato, ma fu la donna a lasciarsi ingannare »: quindi il peccato della donna fu un peccato di ignoranza, mentre l'uomo peccò a ragion veduta.
Ma questo è un peccato più grave, come si rileva dal Vangelo [ Lc 12,47s ]: « Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche ».
Quindi Adamo peccò più gravemente di Eva.
2. Scrive S. Agostino [ Serm. 9,3 ]: « Se l'uomo è il capo, deve anche vivere meglio, e in ogni opera buona dare l'esempio alla propria moglie, in modo che questa possa imitarlo ».
Ma chi è tenuto a fare meglio, se pecca, pecca più gravemente.
Perciò Adamo peccò più gravemente di Eva.
3. I peccati contro lo Spirito Santo sono i più gravi.
Ora, Adamo peccò contro lo Spirito Santo: poiché peccò contando sul perdono di Dio il che costituisce un peccato di presunzione.
Quindi Adamo peccò più gravemente di Eva.
La pena corrisponde alla colpa.
Ora, la donna fu punita più gravemente dell'uomo [ cf. Gen 3,16ss ].
Quindi peccò più gravemente di lui.
Come si è visto sopra [ a. prec. ], la gravità di un peccato viene desunta più dalla sua specie che dalla circostanza di persona.
Considerando dunque la condizione della persona, cioè dell'uomo e della donna, risulta più grave il peccato dell'uomo, essendo egli più perfetto.
Rispetto invece al genere di peccato la colpa fu uguale: poiché il peccato dell'uno e dell'altra fu un peccato di superbia.
Per cui S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,35.47 ] afferma che la donna scusò il suo peccato « compiuto da un sesso più debole, ma con pari orgoglio ».
Quanto però alla specie della superbia il peccato della donna fu più grave, per tre motivi.
Primo, perché fu maggiore il suo orgoglio.
Essa infatti credette che fosse vero ciò che le suggerì il serpente, cioè che Dio avesse proibito di mangiare di quell'albero perché non arrivassero a una somiglianza con lui: quindi, mentre cibandosi del frutto vietato volle conseguire la somiglianza con Dio, la sua superbia si innalzò al punto di volere qualcosa contro la volontà di Dio.
Invece l'uomo non credette che ciò fosse vero.
Per cui non pretese di conseguire la somiglianza con Dio contro la volontà divina: peccò tuttavia di superbia volendola conseguire da se stesso.
- Secondo, perché la donna non si accontentò di peccare essa stessa, ma suggerì il peccato anche all'uomo: peccando così contro Dio e contro il prossimo.
- Terzo, perché il peccato dell'uomo ebbe un'attenuante nel fatto che egli vi acconsenti « per un certo quale legame di amicizia », come dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,42.58 ], « a motivo del quale il più delle volte accade che si offenda Dio solo perché un amico non ci diventi nemico: cosa che egli però non doveva fare, come risulta dalla sentenza divina di condanna ».
- Perciò è evidente che il peccato della donna fu più grave di quello dell'uomo.
1. L'inganno della donna fu posteriore al suo atto di superbia.
Perciò tale ignoranza non scusa, ma aggrava il suo peccato, producendo una superbia maggiore.
2. L'argomento considera le circostanze di persona, secondo le quali fu più grave il peccato dell'uomo.
3. L'uomo non contò sulla misericordia di Dio fino a disprezzare la sua giustizia, come fa il peccato contro lo Spirito Santo, perché « essendo inesperto della severità di Dio, pensò che quel peccato fosse veniale », cioè facile a essere perdonato, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 14,11 ].
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