Summa Teologica - III |
Supra, q. 49, a. 3, ad 3; q. 52, a. 5, ad 2; infra, a. 7, ad 3; I-II, q. 85, a. 5, ad 2; q. 87, a. 7, ad 1; q. 109, a. 9; II-II, q. 104, a. 6, ad 1; In 2 Sent., d. 32, q. 1, a. 2 d. 44, q. 2, a. 2, ad 2, 3;In 3 Sent., d. 19, q. 1, a. 3, sol. 2; In 4 Sent., d. 4, q. 2, a. 1, sol. 3; d. 46, q. 2, a. 2, sol. 1, ad 3;C. G., IV, c. 55; De Malo, q. 4, a. 6, ad 4; Quodl., 6, q. 9, a. 1
Pare che il battesimo debba eliminare le penalità della vita presente.
1. Il dono di Cristo, come insegna S. Paolo [ Rm 5,15ss ], è superiore al peccato di Adamo.
Ma col peccato di Adamo « è entrata nel mondo la morte » [ Rm 5,12 ], come osserva lo stesso Apostolo, e al suo seguito tutte le altre penalità della vita presente.
Quindi a più forte ragione per il dono di Cristo che si riceve nel battesimo l'uomo deve essere liberato dalle sofferenze di questa vita.
2. Il battesimo toglie sia la colpa originale sia la colpa attuale, come si è detto sopra [ a. 1 ].
Ora, esso cancella la colpa attuale in modo da liberare da ogni debito di pena che vi sia annesso.
Quindi libera anche dalle sofferenze della vita presente, che sono la pena del peccato originale.
3. Tolta la causa è tolto anche l'effetto.
Ma la causa delle attuali penalità è il peccato originale, che viene eliminato dal battesimo.
Perciò queste penalità non devono rimanere.
A commento di quel testo di S. Paolo [ Rm 6,6 ]: « Perché fosse distrutto il corpo del peccato », la Glossa [ P. Lomb. ] afferma: « Il battesimo fa sì che l'uomo vecchio sia crocifisso e il corpo del peccato distrutto non nel senso che nella vita mortale la concupiscenza, diffusa e innata nella carne, resti improvvisamente assorbita e sparisca, ma nel senso che essa non può nuocere all'uomo dopo la morte, pur essendo stata presente in lui fin dalla nascita ».
Per la stessa ragione dunque non vengono tolte nel battesimo nemmeno le altre penalità.
Il battesimo ha la virtù di togliere le penalità della vita presente: tuttavia non le toglie nella vita presente, ma grazie ad esso i santi ne verranno liberati il giorno della risurrezione, quando « questo corpo corruttibile sarà rivestito di incorruttibilità », secondo le parole di S. Paolo [ 1 Cor 15,54 ].
Ed è giusto che sia così.
Primo, perché col battesimo l'uomo viene incorporato a Cristo e diventa suo membro, come si è detto sopra [ a. 2; q. 68, a. 5 ].
È quindi conveniente che nelle membra incorporate si compia ciò che si è compiuto nel capo.
Ora, Cristo fin dal principio del suo concepimento fu pieno di grazia e di verità, però ebbe un corpo passibile, che fu risuscitato alla vita gloriosa passando attraverso la passione e la morte.
Allo stesso modo dunque il cristiano riceve nel battesimo la grazia per la sua anima, ma conserva un corpo passibile con il quale possa soffrire per Cristo; alla fine però tale corpo sarà risuscitato a una vita impassibile.
Per cui l'Apostolo scriveva ai Romani [ Rm 8,11 ]: « Colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali, per mezzo del suo Spirito che abita in voi ».
E poco dopo [ Rm 8,17 ] aggiunge: « Eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria ».
Secondo, ciò è conveniente per l'esercizio della vita spirituale: in modo cioè che l'uomo combattendo contro la concupiscenza e le altre penalità ottenga la corona della vittoria.
E in proposito la Glossa [ P. Lomb. ], a commento di quel passo di S. Paolo [ Rm 6,6 ]: « perché fosse distrutto il corpo del peccato », scrive: « Se dopo il battesimo l'uomo continua a vivere in questa terra, ha la concupiscenza da combattere e da vincere con l'aiuto di Dio ».
E tale combattimento fu così prefigurato nel libro dei Giudici [ Gdc 3,1s ]: « Sono queste le nazioni che il Signore risparmiò allo scopo di mettere alla prova gli Israeliti per mezzo loro, affinché imparassero a combattere contro i nemici e si abituassero alla guerra ».
Terzo, ciò era conveniente perché gli uomini non andassero al battesimo in vista dell'immunità dal dolore nella vita presente, piuttosto che per la gloria della vita eterna.
Da cui le parole dell'Apostolo [ 1 Cor 15,19 ]: « Se abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini ».
1. La Glossa [ P. Lomb. ] così commenta le parole di S. Paolo [ Rm 6,6 ]: « Non siamo più schiavi del peccato »: « Come chi fa prigioniero un suo nemico ferocissimo non lo uccide subito, ma lo lascia vivere un po' di tempo nella vergogna e nel dolore, così Cristo prima ha messo i ceppi alla pena del peccato, e da ultimo la distruggerà ».
2. Come spiega la Glossa nel luogo citato [ ad 1 ], « la pena del peccato è duplice: infernale e temporale.
La pena infernale Cristo l'ha distrutta in modo che i battezzati e i veri penitenti non la soffrano per nulla.
La pena temporale invece non l'ha eliminata del tutto: rimangono infatti la fame, la sete e la morte.
Ne ha però abbattuto il regno e il dominio », in modo cioè che l'uomo non ne abbia paura; « da ultimo poi la sterminerà completamente »
3. Come si è visto nella Seconda Parte [ I-II, q. 81, a. 1; q. 82, a. 1, ad 2; cf. III, q. 8, a. 5, ad 1 ], il peccato originale ha seguito questo decorso: prima la persona contagiò la natura, poi la natura contagiò la persona.
Cristo invece, invertendo l'ordine, prima ripara ciò che è della persona, e in seguito riparerà in tutti simultaneamente ciò che è della natura.
Quindi la colpa del peccato originale, e anche la pena della privazione della visione divina, che riguardano la persona, le elimina subito dall'uomo per mezzo del battesimo.
Le penalità della vita presente invece, come la morte, la fame, la sete e altri mali consimili, riguardano la natura, che causa tutto ciò in forza dei suoi princìpi, essendo destituita della giustizia originale.
Perciò questi difetti non saranno eliminati se non nella restaurazione finale della natura mediante la risurrezione gloriosa.
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