Supplemento alla III parte |
Pare che la contrizione non sia un atto di virtù.
1. Le passioni non sono atti di virtù poiché, come dice Aristotele [ Ethic. 2,5 ], per esse « noi non veniamo né lodati né vituperati ».
Ma il dolore è una passione.
Essendo quindi la contrizione un dolore, pare che non sia un atto di virtù.
2. Contrizione deriva da terere [ triturare ], come anche il termine attrizione.
Ora l'attrizione non è un atto di virtù, come tutti ammettono.
Quindi neppure la contrizione.
Nulla è meritorio all'infuori dell'atto virtuoso.
Ma la contrizione è un atto meritorio.
Quindi è un atto di virtù.
La contrizione nel significato proprio del termine non sta a significare un atto di virtù, ma piuttosto una certa passione corporale; qui però non si fa questione di etimologia, bensì dell'uso che per metafora viene fatto di questo nome.
Ora, come la baldanza della propria volontà nel fare il male implica qualcosa che per sua natura è un male, così l'annientamento e lo sbriciolamento di tale volontà implica qualcosa che per sua natura è un bene, poiché significa la detestazione della propria volontà con cui si è commesso il peccato.
Perciò è un atto di virtù: e precisamente di quella virtù che ha il compito di detestare e di distruggere i peccati commessi, ossia della penitenza, come risulta da quanto detto [ In 4 Sent., d. 14, q. 1, a. 1, sol. 3; cf. III, q. 85, aa. 2,3 ].
1. Nella contrizione si riscontrano due dolori del peccato.
Il primo nella parte sensitiva, che è una passione.
E questo non costituisce essenzialmente la contrizione quale atto di virtù, ma ne è piuttosto l'effetto.
Infatti la virtù della penitenza, come infligge al proprio corpo un castigo esterno per compensare l'offesa commessa contro Dio mediante le membra corporee, così infligge al concupiscibile stesso il castigo del dolore dei peccati, poiché anche il concupiscibile ha cooperato a commetterli.
- Tuttavia questo dolore può rientrare nella contrizione in quanto quest'ultima fa parte del sacramento: poiché i sacramenti non si limitano agli atti interni, ma sono fatti per compiersi in atti esterni e mediante realtà sensibili.
Il secondo dolore è nella volontà, e non è altro che il dispiacere di qualche male: secondo quel processo per cui, come si è spiegato [ In 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 5 ], gli affetti della volontà vengono denominati con i nomi delle passioni.
E in questo senso la contrizione è essenzialmente un dolore, ed è un atto della virtù della penitenza.
2. L'attrizione sta a indicare una tappa verso la contrizione perfetta: per cui nell'ambito dei corpi si parla di cose tritate [ attrita ] quando esse sono sminuzzate in qualche modo, ma non perfettamente: mentre si parla di contrizione [ ossia di triturazione ] quando tutti i pezzi sono ridotti in parti minutissime.
E così nel campo spirituale l'attrizione significa un certo dispiacere dei peccati commessi, però non perfetto; la contrizione invece [ il dolore ] perfetto.
Indice |