Supplemento alla III parte |
Pare che chi si trova in peccato mortale non possa concedere indulgenze.
1. Nulla scorre in un ruscello che non derivi dalla fonte.
Ora la fonte della grazia, cioè lo Spirito Santo, non opera nel prelato che si trova in peccato mortale.
Quindi questi non può influire sugli altri concedendo indulgenze.
2. È più importante concedere che ricevere le indulgenze.
Ma chi è in peccato mortale non le riceve, come diremo più avanti [ q. 27, a. 1 ].
Quindi neppure le può concedere.
Le indulgenze vengono concesse in forza del potere conferito ai prelati della Chiesa.
Ora il peccato mortale distrugge non il potere, ma la bontà.
Quindi chi è in peccato mortale può concedere indulgenze.
Concedere indulgenze è proprio del potere di giurisdizione.
Ma col peccato non si perde la giurisdizione.
E così le indulgenze concesse da uno che vive in peccato mortale hanno lo stesso valore di quelle concesse da chi è santissimo: la pena infatti viene condonata non per i meriti personali del superiore, ma per i meriti depositati nel tesoro della Chiesa.
1. Il prelato in peccato mortale, concedendo le indulgenze, non dà nulla di suo.
Quindi per il valore delle indulgenze non è necessario che vi sia in lui alcun influsso da parte della fonte [ della grazia ].
2. Concedere indulgenze è più che riceverle rispetto al potere requisito, ma è meno che riceverle rispetto all'utilità propria.
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