Supplemento alla III parte |
Pare che il consenso che costituisce il matrimonio abbia per oggetto il rapporto sessuale.
1. S. Girolamo [ Decr. di Graz. 1,27,4; 2,17,1,2 ] afferma che « per coloro i quali hanno fatto voto di verginità è riprovevole non solo lo sposarsi, ma [ anche ] il volersi sposare ».
Ora, ciò non sarebbe riprovevole se non fosse contrario alla verginità: a cui le nozze si contrappongono solo a motivo del rapporto sessuale.
Perciò il consenso della volontà richiesto per le nozze ha per oggetto il rapporto sessuale.
2. Tutti i rapporti tra marito e moglie possono essere leciti tra fratello e sorella, a eccezione dell'atto sessuale.
Ma tra fratello e sorella non ci può essere il consenso matrimoniale.
Quindi il consenso matrimoniale ha per oggetto quell'atto.
3. Se la donna dicesse all'uomo: « Acconsento a sposarti, purché tu rinunzi a conoscermi », non si avrebbe un consenso coniugale; poiché c'è qualcosa contro la natura di tale consenso.
Ora, ciò non sarebbe se detto consenso non avesse per oggetto il rapporto sessuale.
Quindi ecc.
4. In ogni cosa l'inizio corrisponde al compimento.
Ora, il matrimonio viene consumato con il rapporto sessuale.
Essendo quindi esso iniziato con il consenso, sembra che questo abbia per oggetto tale rapporto.
1. Dando il consenso al rapporto sessuale non si può essere vergini di anima e di corpo.
Ora, l'Evangelista S. Giovanni dopo il consenso coniugale rimase vergine di anima e di corpo.
Quindi non diede il consenso al rapporto sessuale.
2. L'effetto corrisponde alla causa [ Phys. 2,3 ].
Ma la causa del matrimonio è il consenso [ q. 45, a. 1 ].
Non essendo quindi l'atto coniugale essenziale al matrimonio, sembra che neppure il consenso, il quale causa il matrimonio, abbia per oggetto tale atto.
Il consenso che costituisce il matrimonio ha per oggetto il matrimonio: poiché l'effetto proprio della volizione è la cosa voluta.
Quindi il consenso che causa il matrimonio sta al rapporto sessuale come questo sta al matrimonio.
Ora, abbiamo già dimostrato [ q. 42, a. 2; q. 44, a. 1; q. 45, a. 1, ad 2 ] che il matrimonio non consiste essenzialmente nel rapporto sessuale, ma in una certa unione del marito e della moglie in ordine all'atto coniugale e a tutti gli altri compiti che derivano a entrambi in quanto viene loro conferito il dominio reciproco riguardo a quell'atto.
E questa unione viene detta « unione coniugale ».
Perciò ha ragione chi dice che acconsentire al matrimonio è acconsentire al rapporto sessuale in maniera non esplicita, ma implicita.
Nel senso cioè in cui l'effetto è incluso implicitamente nella sua causa: poiché la facoltà di compiere l'atto coniugale, alla quale si acconsente, è causa di quell'atto come la facoltà di usare una cosa è causa del suo uso.
1. Dopo il voto di verginità è riprovevole acconsentire al matrimonio proprio perché con tale consenso si dà la facoltà su una cosa che non è lecita.
Come peccherebbe chi desse a un altro la facoltà di prendere ciò che è depositato presso di lui, anche prima di darlo attualmente.
Quanto poi al consenso matrimoniale della Beata Vergine, ne abbiamo parlato in un altro luogo [ cf. In 4 Sent., d. 30, q. 2, a. 2; III, q. 29, a. 2].
2. Tra fratello e sorella, come non è lecito il rapporto sessuale, così non è ammissibile nemmeno la facoltà correlativa.
Perciò l'argomento non regge.
3. Tale condizione esplicita è contraria non soltanto all'atto, ma anche alla facoltà relativa all'atto coniugale.
Quindi è incompatibile col matrimonio.
4. Il matrimonio iniziato sta alla sua consumazione come l'abito operativo o la facoltà sta all'operazione.
Quanto agli argomenti in contrario, essi dimostrano che il consenso non riguarda il rapporto sessuale in modo esplicito.
E questo è vero.
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