Relazione slla Casa di Carità arti e Mestieri
( Sessennio 1954-1960 )
Sviluppo dei Corsi. Popolazione scolastica
( ved. allegato )
Durante il sessennio 1954 - 1960 la Casa di Carità Arti e Mestieri ha raggiunto integralmente la caratteristica di Scuola Professionale intesa all'insegnamento di specifici mestieri tra i più richiesti localmente.
Questo indirizzo è stato confermato e consolidato non solo per Corsi Diurni - che già all'origine comprendevano insegnamenti pratici e non solo teorici ma anche per tutti gli altri Corsi svolti dopo il normale orario di lavoro.
Secondo questa linea di sviluppo i Corsi Festivi, sono stati con gradualità estinti, in quanto fra le altre ragioni la brevità dell'orario non consentiva l'attuazione di programmi pratici.
Che la caratterizzazione sempre più effettiva di Scuola Professionale corrisponda alle necessità dei giovani di fronte alle attuali contingente economiche e produttive, lo dimostrano soprattutto il crescerte afflusso degli allievi e le crescenti richieste di lavoratori preparati rivolte direttamente dalle Aziende alla Casa di Carità.
I Corsi Diurni hanno raggiunto come sviluppo il massimo delle capacità consentite dalle attuali disponibilità di locali e soprattutto di mezzi.
I Corsi Serali sono stati sdoppiati in Corsi Preserali di Addestramento e di Qualificazione per Meccanici ed Elettromeccanici e in Corsi Serali per Disegnatori Particolaristi e Meccanici, a cui si sono aggiunti a partire dall'anno scolastico 1957/58 i Corsi per Operatori Elettronici Industriali.
La ripartizione dei Corsi Preserali e Serali è stata operata tenendo conto delle diverse esigenze di orario esistenti tra apprendisti e lavoratori qualificati, e si è favorito per i primi il rientro in famiglia in ore maggiormente consone alla loro più giovane età.
Anche per i Corsi Preserali e Serali la richiesta dei giovani supera largamente la disponibilità dei posti di lavoro.
A partire dall'anno scolastico 1957/58 hanno avuto inizio anche presso di noi i Corsi Complementari di II Grado per Apprendisti, con orario di tre ore settimanali a cui abbiamo aggiunto, per i volontari, mezz'ora di religione.
Sempre con la speranza di conseguire insieme mete comuni, sono stati invitati i Fratelli dell'Istituto Arti e Mestieri a svolgere presso la loro Scuola una parte dei Corsi per Apprendisti assegnatici con insistenza e in forte numero dal locale Ufficio Regionale del Lavoro.
Accanto ai Corsi "Normali" e per Apprendisti hanno pure avuto luogo - e con felice successo - una serie di Corsi Speciali organizzati per varie categorie professionali su richiesta delle stesse Aziende, allo scopo di conseguire o un primo addestramento, o la riqualificazione, o il perfezionamento di loro dipendenti.
Una delle idee che ha guidato l'allacciarsi dei più stretti rapporti con le Aziende è stata appunto quella di presentare un'azione addestrativa e formativa pronta ad ogni evenienza, tempestiva nei suoi interventi, al punto da consentire aggiornate ed efficaci soluzioni, in senso cristiano, di determinati problemi anche occasionali, concernenti l'efficienza professionale ed il miglior orientamento dei lavoratori.
L'intento dominante è stato quello di approfondire la conformità dell'Opera al messaggio di Fra Leopoldo, agli orientamenti lasalliani del Venerato Fratello Teodoreto.
Con particolare insistenza si è mirato ad esplicitare l'insegna programmatica "Casa di Carità Arti e Mestieri" con l'intento di ricavarne suggestioni e orientamenti fondamentali.
Il frutto di tale lavoro è in parte condensato nei numero unico illustrativo dell'Opera pubblicato in occasione del primo trentennio della Casa di Carità, e nell'articolo "Esperienza programmatiche di una scuola professionale" apparso nella "Rivista lasalliana" Vol. XXXII fase. 3 settembre 1958.
Come informazione per coloro che ne fossero sprovveduti, e come avvio ad una costruttiva discussione, riprendiamo alcune affermazioni e segnalazioni a questo riguardo più significative.
Ci sembra più chiaramente affiorata l'esigenza di operare una sintesi tra formazione professionale ed educazione cristiana.
Più precisamente ci è sembrato di dover concepire e attuare la formazione professionale "come" educazione cristiana, lo sviluppo della vita di grazia "mediante" l'attività professionale, e considerare la vita eterna il fondamento ultimo e massimamente costruttivo e liberatore del lavoro.
Si è cercato di insegnare il lavoro come "professione", non solo nel senso corrente del termine, ma anche come "testimonianza", come "apertura" e "risposta" religiosa al divino appello suscitatore e redentore, che giunge a noi "nelle" e "attraverso" cose, situazioni, persone tangibili.
Secondo queste prospettive si è tentato di impartire la professione come "inflesso di base" per una cultura cristiana generale e specifica, intesa a rilevare e approfondire con organicità i diversi aspetti tecnici, economici, intellettuali, morali, sociali e spirituali del lavoro professionale, sempre alla luce del Vangelo e secondo il Magistero della Chiesa.
Si è mirato a fare della professione come "chiave" di "successo" innanzi tutto interiore, psicologico e spirituale, come "fulcro" per un "inserimento" consapevole e costruttivo nella vita, come "fonte" di umanità più intensa, di santità personale, di santificazione cosmica e di apostolato.
L'analogia di Scuola-Casa, programmaticamente affermata dall'insegna, è stata oggetto di prolungate riflessioni.
Mentre fu presto e in qualche modo chiaro che il clima generale e le disposizioni personali dovessero ispirarsi alla famiglia e che gli scopi della scuola dovessero porsi come eminentemente formativi, si ebbero non poche incertezze nel comprendere che cosa tale analogia significasse sul terreno pedagogico-strutturale dell'Opera.
Attualmente l'analogia "Scuola-Casa" è compresa come orientamento per una riorganizzazione delle relazioni scolastiche in senso più comunitario e personalistico, e cioè allo scopo di superare per un verso i pericoli
di indebito livellamento degli allievi,
di passività conformistica,
di isolamento tra i docenti e discenti,
di insegnamenti frammentari e slegati,
di insufficiente partecipazione entusiasta e collaborante da parte di ciascuno e di tutti;
per altro verso evitare i pericoli di atteggiamenti individualistici, aggressivi e partigiani,
i pericoli di un tecnicismo scolastico imperante,
di rapporti freddamente burocratici e formalistici,
di insegnamenti divergenti o, peggio, contrastanti.
Aiutare ciascuno con l'apporto di tutti, e tutti con l'apporto di ciascuno, senza però confusione di funzioni e di responsabilità, ma anzi confermando ciascuno al suo posto, aiutandolo a ritrovare sempre di più se stesso nella concordia e amicizia comuni, come appunto è richiesto dall'ideale di "Casa Cristiana".
Soprattutto abbiamo meditato sulle origini dell'Opera, sulla sua giustificazione più profonda, sulle intenzioni e sugli insegnamenti di coloro che primi la vollero come opera di Dio, da Dio direttamente ispirata e benedetta, nella carità che ne deve essere il distintivo, l'anima e la manifestazione conclusiva.
Per questa via ci sembra di aver compreso come la "Casa di Carità Arti e Mestieri" debba costituirsi come manifestazione operante della redenzione del Signore, specialmente verso giovani lavoratori e tramite loro per l'intero mondo della tecnica e del lavoro.
Ci è sembrato che tutto nell'Opera debba fondarsi esplicitamente in Gesù, alimentarsi del suo amore, della sua Passione e Morte conforme al suo ammonimento:"senza di me non potete far nulla" e ai suoi comandamenti di "rimanere in lui" e di "amarci vicendevolmente come Egli ci ha amati".
Di fronte ai pericoli di sovvertimento interiore e generale prodottisi con lo sviluppo pur buono e provvidenziale della tecnica, della industrializzazione ci è sembrato di aver compreso la necessità di richiamare innanzi tutto i giovani a Colui che così ha predetto di sé: "Quando sarò levato da terra, trarrò tutto a me", e di insegnare loro come non esista altro programma più istruttivo e salvifico che quello di "instaurare ogni cosa in Cristo".
Durante questi anni sono tuttavia continuate le difficoltà nell'accettare pienamente il titolo di "Casa di Carità,", per es. da parte degli industriali.
Da parte nostra invece si è andata sempre più radicando la convinzione che l'ideale di "Casa di Carità" debba trasmettersi dalla scuola alle stesse aziende, come ideale comunitario e cristiano, capace di ricomprendere il lavoro, la produzione collettivamente conseguiti nel campo dei valori spirituali.
Intanto l'insegna, fedelmente mantenuta, comincia ad associarsi agli ottimi risultati professionali conseguiti, come caratteristico "marchio di garanzia".
Le mete educative proposte agli allievi sono state quelle comunemente raggiungibili con la grazia di Dio e la buona volontà.
Niente di retorico e di sensazionale.
Un primo canone pedagogico è stato quello di condurre gli allievi ad "accettare" con consapevolezza e capacità e per intimo apprezzamento e consenso la propria condizione, il proprio posto nel mondo, cercando di suscitare in essi la gioia di svolgere un compito utile, organico, insostituibile e caratteristico, la gioia di rispondere a uno specifico apello della comunità umana e, per essa, di Dio.
Con questo criterio educativo si è mirato a combattere vittoriosamente tutte le spinte eversive e banalizzanti, l'evasione dissipatrice, i "complessi" d'inferiorità sociale, le frustrazioni psicologiche di un lavoro "eteronomo", dipendente, estroverso, rigidamente disciplinato, la materializzazione mentale l'incapacità di sentirsi "soggetto" e non "oggetto" della produzione.
Essere "straordinari nell'ordinario", "costruttivi in qualunque situamizione" "religiosi sempre e in ogni cosa" sono gli aspetti "eroici" di un simile ideale.
Come secondo canone pedagogico si è cercato di "inserire" i giovani lavoratori nella vita, intesa innanzitutto come continuità, pur nelle fratture e negli sconvolgimenti, cercando di evitare i contraccolpi, le crisi tanto dannose per il costituirsi di personalità equilibrate, cordialmente aperte, innovatrici e pur nella fedeltà alle migliori tradizioni.
Naturalmente il fulcro centrale di questa azione di inserimento è stato lo sviluppo organico e consapevole della capacità professionale, adeguata alle esigenze effettive del lavoro, senza tuttavia ridurre l'uomo al lavoratore , ma cercando di sviluppare l'uomo "con" e "dal" lavoratore.
Per questo si è sempre insistito per una certa "cultura di base" sia religioso-umanistica che tecnica, cercando di stabilire tra le massime espressioni umane una reciprocità, un intimo legame come tra varie manifestazioni di una comune condizione di un comune retaggio e messaggio.
"Inserire l'uomo nel lavoro" e "inserirlo" nella vita così come fluendo si manifesta, specialmente "inserirlo" nelle massime espressioni comunitarie, nell'universalità dell'essere e dei valori dandogli il senso della continuità e soprattutto il senso di un arcano richiamo in vista del quale e per il quale tutto si costituisce, si protende, avanza sia pure tra contraddizioni e lotte senza fine.
Tre livelli d' "inserimento" che ci siamo sforzati di conseguire, ben certi che solo col raggiungimento dell'ultimo livello, che nella sua pienezza è quello di Dio, l'"inserimento" definitivo sarà compiuto.
Il terzo canone pedagogico, secondo noi capace di orientare l'azione educativa in modo da assecondare nei giovani la massima dinamicità di sviluppo, un giusto senso di libertà interiore, una presa di posizione sostanzialmente costruttiva, è stato quello di "personalizzare" al massimo le sollecitazioni del reale, gli imperativi del compito e della situazione, tradurre in "dialogo" i rapporti con le cose singole e organizzate, coi vari "mondi" cioè con le varie totalità organizzate, in modo che tutto fosse via o strumento di un appello, via e strumento per una "risposta" adeguata.
È quello che abbiamo inteso parlando di didattica della "apertura" e di didattica della "risposta".
Prospettive queste a ben vedere eminentemente religiose, poiché solo davanti a Dio ed in Dio le cose, i "mondi" hanno parola e significazione piena, e l'uomo può compiutamente rispondere e, rispondendo, esprimersi.
Un ultimo canone pedagogico è stato quello di attuare ogni cosa in Gesù Redentore, con l'intento di cooperare un orientamento cristocentrico della vita e del lavoro, e di "instaurare" ogni cosa in Lui.
Tutto ciò senza confusione di piani, ma cercando di riscoprire in ciascuno di essi l'eco dell'appello del Signore: "Quando sarò levato da terra trarrò tutto a me".
Compito estremamente arduo, oltrechè per l'evidente soprannaturalità della meta, per la difficoltà di mantenere ciascuna cosa al suo posto evitando tuttavia di chiuderla alla sua ulteriorirà più riposta, verso Gesù.
Nell'intento più o meno cosciente di attuare gli ideali pedagogici suesposti, si sono cercate metodologie nuove.
Le difficoltà incontrate sono state enormi, e non del tutto superate.
Attualmente permangono ancora molte incertezze, una certa frammentarietà d'interventi; i programmi appaiono talvolta paralleli ma non convergenti; le idee direttrici sono ancora piuttosto staccate dal flusso degli insegnamenti i quali, per altro, non sono ancora bastevolmente organici nell'insieme e singolarmente conservano uno sviluppo piuttosto generico, informativo e formativo.
Tuttavia sforzi generosi sono stati effettuati per raggiungere la meta.
Il primo campo in cui si è lavorato è stato quello delle esercitazioni d'officina, con risultati confortevoli anche se non definitivi.
Insegnamento graduato delle singole difficoltà, dell'uso corretto di utensili di strumenti e macchine, a lavorazioni sintetiche aventi un significato tecnico-produttivo, si è dato maggior rilievo all'intuito pratico, all'iniziativa, alla complessività crescente dei vari lavori sino a raggiungere livelli addestrativi internazionalmente riconosciuti, si è curata maggiormente la razionalità di esecuzione da parte degli allievi e sono stati facilitati e orientati interventi da parte degli istruttori.
Un certo orientamento è stato impresso anche alle discipline tecniche, presentate con ricchezza - talvolta di materiale didattico in modo più aderente agli interessi degli allievi e alle mete professionali da raggiungersi, senza per altro rinunciare a una formazione di base.
Comunque si è cercato di conseguire un metodo di insegnamento aderente a ciò che di caratteristico - in quanto prospettiva mentale - include il lavoro professionale, per farne come la base di una metodolo gia specifica d'insegnamento.
Si è pure tentato di cogliere e di mantenere come prospettiva d'interesse, come punto di partenza e di convergenza insieme, la "condizione" umana, ambientale, di lavoro degli allievi, tentando di considerarla come "situazione culturale specifica", cioè come un punto di riferimento o di partenza per trattare argomenti tecnici, storici, sociali ecc.
In altri temini si è tentato di far apprendere dalle cose consuete, dagli avvenimenti incontrati, risalendo per questa via a principi e regole generalissimi, senza i quali è possibile solo un'informazione frammentaria ed episodica, sproporzionata nelle parti e non invece totalità organica, quella capacità di assurgere a "visione" che costituiscono propriamente una "cultura" tanto più se cristiana.
Per quello che concerne l'evoluzione dell'opera nel senso personalistico e comunitario sopra accennato, gli interventi "gerarchici" sono stati affiancati da riunioni generali e speciali di insegnanti e di istruttori per lo studio collettivo delle caratteristiche peculiari dell'Opera, per la ricerca di vie e di mezzi adeguati al loro conseguimento.
È stato pure istituito un ufficio studi composto di alcuni insegnanti a cui sono stati affidati compiti particolari, retribuiti, di ricerche e di organizzazione nei vari settori dell'attività scolastica.
Tra gli allievi sono state distribuite determinate funzioni concernenti la disciplina, la rappresentanza dei compagni, questa o quella attività di interesse collettivo.
Insomma sono state decentrate un certo numero di funzioni, senza per questo intaccare la possibilità di decisioni definitive da parte dei massimi responsabili.
Sensibile miglioramento organizzativo è stato realizzato per Servizi di Segreteria e di Economato benché per mancanza soprattutto di catechisti disponibili, non tutti gli inconvenienti siano stati eliminati.
In tema dì catechisti rileviamo che durante il decorso sesseninio un certo numero di congregati, con grande benchè silenziosa generosità hanno dato alla Casa di Carità tutta intera la loro attività lavorativa e spesse volte hanno rifiutato compensi oppure donato aiuti economici anche cospicui.
Senza questi apporti l'opera non avrebbe certamente conseguito il livello attuale, anzi ne sarebbe risultata forse irrimediabilmente compromessa.
Per quello che riguarda i Corsi, già è stato detto nel 1° punto della presente Relazione.
Per i programmi tecnico-pratici diremo che pur senza affato rinunciare ad una sufficiente informazione generale, sono stati ulteriormente caratterizzati nel senso richiesto dalle singole professioni.
I programmi culturali dei Corsi Diurni sono rimasti secondo lo schema tradizionale delle scuole superiori a carattere tecnico.
L'interesse maggiore è andato all'Educazione Sociale e Civica, da noi introdotta sin dall'anno scolastico 1949/50.
Oppurtuni, ma da rivedere, i programmi di Legislazione e Organizzazione del Lavoro.
I programmi di Religione sono stati completati con l'introduzione della Storia dell'Antico Testamento, della Vita di Gesù, della Storia della Chiesa.
Mancano tuttavia esperienze a cui riferirsi e soprattutto testi completamente validi per una scuola cristiana a tipo professionale.
Si è tentato di migliorare e a questo riguardo sono state impartite norme - il metodo d'insegnamento delle materie teoriche con l'acquisto di materiale didattico e dimostrativo allo scopo di suscitare l'interesse degli allievi, di facilitare l'acquisizione dei principi delle varie discipline e la loro applicazione pratica, incidendo durevolmente sulla sensibilità dei giovani col rendere quasi tangibili gli enunciati, le leggi, gli sviluppi e le pratihe conseguenze degli argomenti trattati.
Tuttavia nonostante sforzi l'insegnamento e lo studio incontrano ancora gravi difficoltà da parte degli allievi, come lo denunciano i risultati spesso assai insufficienti dei primi mesi di scuola, corretti in seguito forse più per senso del dovere, per il timore di esito negativo che per un intimo interessamento e un'attiva partecipazione della scolaresca.
L'inesperienza e la giovane età di molti insegnanti, insieme con la mancanza di una precedente formazione psico-pedagogica e didattica, fanno ancora sentire il loro peso.
Provvedimenti analoghi, in quanto compatibili coh la relativa brevità dell'orario sono stati adottati anche per i Corsi Preserali e Serali.
Con maggior regolarità ed efficacia sono state tuttavia impartite agli Insegnanti norme più chiare e precise circa la rielaborazione didattica dei programmi, lo svolgimento delle lezioni, l'accertamento frequente e sistematico dei profitto, il ricupero degli insufficienti, la tenuta dei documenti didattici, la disciplina, l'azione educativa ecc.
È stato migliorato sensibilmente il metodo d'insegnamento delle discipline pratiche, nonostante l'impreparazione didattica degli istruttori, provenienti per lo più dall'officina e magari dopo una permanenza di lunghi anni.
Il metodo è stato differenziato per i Corsi di Addestramento e per successivi Corsi di Qualifica.
Consapevolezza tecnica circa gli utensili, gli strumenti e le macchine, uso razionale dei singoli mezzi, esercitazioni sintetiche aventi via via un significato produttivo sempre più marcato è infine lo sviluppo di quelle capacità d'iniziativa, di predisposizione dei mezzi occorrenti, di condotta razionale e metodica di esecuzione, di critica costruttiva dei lavoro compiuto che si richiedono per una formazione professionale realizzatrice e produttivisticamente orientata.
Frequenti contatti con gli istruttori, discussioni costruttive condotte nel pieno rispetto dell'apporto personale di ciascuno, controlli e in coraggiamenti adeguati hanno permesso di raggiungere livelli addestrativi difficilmente superabili, tenuto conto dell'ancor giovane età degli allievi.
Gli esami finali di qualificazione sono stati resi più organici, più rispondenti all'indirizzo professionale dell'Opera senza che si sia rinunciato a esaminare una preparazione generale e di base, anzi valutandola opportunamente durante trattazione o discussione di casi pratici di lavori.
Durante il sessennio 1954-60 è stato arricchito notevolmente il complesso del macchinario e delle attrezzature, passando da un patrimonio di £ 5.800.383 a un patrimonio ammontante complessivamente a £ 99.291.191.
Migliorato anche l'arredamento scolastico per l'importo di £ 12.728.923.
È stata pure completata una parte dell'edificio prospicente la via Orvieto, ricavandone il laboratorio per gli elettromeccanici e gli elettrocnici, il laboratorio per l'addestramento, un ampio salone per i disegnatori corredato di altri 30 tecnigrafi nuovi e infine la cappella-salone all'ultimo piano luminosa, serena, dignitosa pur nella sua estrema semplicità.
Tutto per un totale di m2 di superficie 1.200 e un volume utile pari a m3 5.400, del costo complessivo di £ 31.127.062.
Nel seminterrato hanno trovato una sistemazione più razionale i laboratori di qualifica per meccanici, distinguendosi nettamente i vari reparti per ciascuna qualifica ( reparto fresatori, reparto tornitori, reparto rettificatori, reparto aggiustatori-montatori, reparto attrezzisti-stampisti ).
Sempre nel seminterrato è stata data una nuova sistemazione al magazzino generale, al reparto controlli e collaudi.
Al piano terreno della vecchia casa di via Bosconero è stato ricavato un refettorio per gli allievi dei Corsi Diurni capace di un centinaio di posti.
Per riconoscimento pressoché unanime l'Opera presenta una certa atmosfera caratteristica e inconfondibile.
Disciplina delle scolaresche, ordine sostanziale di funzionamento, rapporti ispirati decisamente da finalità educative e formative.
L'ambiente appare seriamente "impegnato" e sotto questo rispetto "esigente".
È un'atmosfera che non lascia indifferenti e che non tarda, per es. a porre problemi di impegno e di dedizione che vanno oltre la semplice prestazione tecnico-professionale dei collaboratori.
Forse non manca una certa nota di "preoccupazione" per un miglioramento incessante e una stabilizzazione sempre più radicale dell'Opera.
In un simile ambiente appare come naturale che ci si debba occupare di ogni singolo allievo, che si debbano risolvere i singoli casi, che a tutti venga assicurato un sufficiente inserimento nella vita.
Appaiono in genere subito colpiti dall'ambiente.
Ricevuti personalmente dai rispettivi direttori di corso, avvertono subito di essere entrati in una scuola singolare i cui intenti cristianamente educativi appaiono come connaturati e dominanti.
La disciplina e l'ordine che vi regnano li soggiogano almeno per i primi tempi, finchè cioè la dimestichezza raggiunta non consente loro un comportamento più istintivo e spontaneo e perciò meno controllato.
Ragionevolezza di disposizioni e di provvedimenti e lo sviluppo degli insegnamenti e della formazione permetteranno in seguito di plasmare convincimenti e comportamenti più interiormente radicati.
Gli allievi in genere apprezzano ed amano la loro Scuola e ciò è dimostrato anche dalla propaganda che essi spontaneamente conducono nella loro cerchia familiare, di amici e conoscenti.
Molti sono i casi di fratelli e di parenti di allievi ed ex allievi che frequentano nostri corsi.
Anche lungo il corso di questo sessennio non si sono registrati casi clamorosi di indisciplina e di immoralità, né si è dovuto procedere ad alcuna espulsione.
Benchè il numero degli allievi sia considerevole e la rotazione delle classi frequente, non si sono verificati casi evidenti di sfregio degli arredamenti, né sono state riscontrate immagini e scritte oscene.
Al termine dei corsi gli allievi licenziati escono per lo più persuasi degli orientamenti e dei consigli ricevuti, al punto che ci sembra di poter affermare che per essi la Casa di Carità rappresenterà un'esperienza fondamentale e orientatrice per tutta la vita.
Talvolta l'esito positivo dell'educazione impartita è stato riscontrato solo a distanza di anni, tal altra invece abbiano notato involuzioni e anche capitolazioni di fronte alla suggestione dell'ambiente, ma mai insensibilità o indifferenza.
Durante il corso di ciascun anno scolastico, particolari cure sono state rivolte agli allievi disorientati o insufficienti.
Per questi giovani sono stati intensificati i contatti con le famiglie, gli interventi diretti della Direzione; e all'occorrenza sono state impartite, sempre gratuitamente, lezioni di ricupero; nei casi più difficili, si è ricorso al medico o allo psicopedagogo.
Anche i respinti sono stati oggetto di cure particolari: o con consigli appropriati circa nuove vie da percorrere, o cercando loro un posto di lavoro adatto, o permettendo loro di ripetere, oppure indirizzandoli a corsi serali di minor difficoltà.
Al termine degli studi a coloro che ne abbisognavano e furono sempre la stragrandissima maggioranza si è cercato un posto di lavoro più conveniente possibile soprattutto dal punto di vista professionale e morale.
Essendo appunto le principali ricchezze di questi giovani la capacità professionale e i valori morali e spirituali.
Non solo per gli ex allievi, ma anche per gli allievi dei corsi preserali e serali furono cercate o una prima oppure una migliore occupazione.
Conservano di solito rapporti, sia pure non frequenti, con la Scuola.
Ci sembrano per lo più rimanere consenzienti con l'insegnamento ricevuto.
Il loro comportamento sul lavoro è sia dal punto di vista professionale, che da quello del comportamento assai apprezzato.
Lo testimoniano le crescenti richieste e le dichiarazioni direttamente o indirettamente ricevute da parte degli imprenditori, dei capi e dirigenti, dei compagni di lavoro, delle famiglie.
Oggi, il buon nome è la prima motivazione che spinge giovani e lavoratori a frequentare in massa i corsi della Casa di Carità, buon nome che è dovuto appunto alla buona prova data dai nostri ex allievi.
Abbiamo rilevato che abbastanza di frequente a nostri ex allievi per es. tra i più dotati vengono durante il. servizio militare affidati compiti di istruzione, compiti di cui essi si sono sempre dimostrati entusiasti e nell'espletamento dei quali hanno conseguito risultati anche brillanti.
Un certo gruppo di ex allievi collaborano nella stessa Casa di Carità come istruttori o come insegnanti, dimostrandosi tra i meglio intonati all'ambiente e alle sue finalità.
I migliori degli ex allievi sentono viva la responsabilità che deriva dalla formazione ricevuta e abbiamo già rilevato tentativi di apostolato in mezzo a compagni di lavoro, oppure tentativi di svolgere funzione di collegamento e di solidarietà sociale e sindacale.
Purtroppo per ora non siamo in grado per molte ragioni di appoggiare validamente questi tentativi generosi.
Gli ex allievi già, iscritti per es. all'Azione Cattolica, traggono, dall'aver frequentato la nostra Scuola, un valido aiuto che loro consente di superare le crisi dell'età e di consolidare il loro impegno di apostolato nel proprio campo di lavoro.
Molto si potrebbe fare da parte nostra, se fossimo in condizioni di meglio assecondare il desiderio di ulteriori perfezionamenti professionali o di studi ulteriori per i più dotati fra di essi.
I nostri corsi serali per disegnatori meccanici e per operatori elettronici soddisfano solo in parte e non sempre adeguatamente queste esigenze.
Le famiglie hanno sempre dimostrato di apprezzare l'efficacia addestrativa ed educativa della Casa di Carità.
Non sono mancate a questo riguardo le approvazioni entusiastiche e persino commoventi.
Ciò è notevole se si pensa come secondo la mentalità corrente ancora non si giustifichi la frequenza di corsi diurni per formare operai, quando con soli due anni in più sarebbe possibile il conseguimento di un diploma oppure quando l'immediata occupazione dopo le scuole secondarie inferiori, frutterebbe un certo salario con cui alleviare il bilancio familare.
Dapprima titubanti nell'assumere adolescenti e giovani appena usciti dalla scuola di qualifica, le aziende hanno poi rapidamente mutato parere, specialmente nei confronti dei nostri allievi licenziati.
Oggi, il solo fatto di presentarsi come ex allievo della Casa di Carità costituisce per i giovani uno dei titoli più validi per incontrare da parte delle aziende le disposizioni più benevoli e la più grande facilità di assunzione.
Le richieste attuali di segnalazione di nominativi di nostri allievi da parte degli imprenditori superano di gran lunga il numero delle nostre possibilità addestrative.
Se ne possono ricavare e di assai significativi dall'albo dei visitatori.
Sia presso Ministero del Lavoro che presso il Ministero della Pubblica Istruzione la Casa di Carità gode di un'alta stima e di un concorde apprezzamento.
Anche gli Enti locali - Prefettura, Amministrazione Provinciale, Comunale e le Associazioni sindacali sono concordi nel ritenere la Casa di Carità una delle migliori realizzazioni nel campo della formazione professionale.
Catechisti a parte, gli Insegnanti dei Corsi Diurni sono stati generalmente reclutati tra coloro che, per educazione ricevuta o per appartenenza ad Associazioni Cattoliche, furono ritenuti più capaci di comprendere e di collaborare stabilmente al conseguimento delle elevate finalità dell'Opera.
La scelta, forzatamente circoscritta nell'ambito di cerchia piuttosto limitata, è stata operata tenendo nel debito conto la preparazione culturale e possibilmente professionale e le doti personali attestate da referenze.
Sono stati così assunti diplomati, studenti universitari, giovani laureati e soltanto in qualche caso si è potuto assumere, perché disponibile, persone mature e sperimentate.
Durante il sessennio in esame molte sono state le dimissioni, nel corso della stessa attività scolastica, e molte di conseguenza le sostituzioni.
Attualmente pochi sono gli insegnanti che diano a sperare di voler considerare il loro impiego alla Casa di Carità come stabile e definitivo, in piena adesione con gli ideali dell'Opera.
L'analisi delle ragioni di questa così, diffusa instabilità ci è difficile e dolorosa.
Tutto sommato però, ci pare di constatare dopo tanti e spesso infruttuosi tentativi di porre rimedio che una permanenza stabile, intonata alle peculiarità dell'Opera sarà sempre frutto di una intima vocazione, sarà sempre la risposta generosa ad un interiore appello, appello che non sarà mai degli uomini, benchè essi debbano fare quanto è possibile per non ostacolarn il profondo richiamo.
La distinzione sinora mantenuta fra vocazione catechistica e vocazione alla Casa di Carità Arti e Mestieri probabilmente è insostenibile, benchè d'altra parte non si riesca a intravvedere come ciò si possa praticamente presentare all'atto dell'assunzione.
Per gli Istruttori la stabilità è stata pressochè generale, ma le ragioni che l'hanno determinata per quanto oneste ( per es. possibilità di ulteriore lavoro per i pensionati, più ambita attività professionale per coloro che da operai diventano istruttori ecc. ) non ci sembrano per lo più determinate da una consapevole adesione alle finalità cristiane della Casa di Carità Arti e Mestieri.
In altre parole, chi cerca l'impiego non cerca di corrispondere a una vocazione, se non concepita nel largo senso di tendenza naturale.
Alcuni insegnanti e quasi tutti gli istruttori dei Corsi diurni prestano la loro collaborazione nei corsi pre-serali e serali.
A questi si assommano ex-allievi, tecnici delle industrie, impiegati, laureati o diplomati, tutti simpatizzanti dell'Opera.
In questi ultimi anni è stata operata una migliore selezione e coloro che sono stati confermati si dimostrano coscienziosamente attivi.
Valgono le stesse considerazioni fatte per i Corsi Pre-serali e Serali.
I contatti con le singole Famiglie sono stati abbastanza frequenti, e tempestivi.
Tuttavia ci sembra che al più presto si debba giungere ad organizzare riunioni di genitori allo scopo di ottenere una più proficua e del resto indispensabile collaborazione tra famiglia e scuola, con vantaggi reciproci oltrechè in primo luogo, s'intende dei giovani.
Sono state allacciate relazioni con nuove Aziende Giustina, Microtecnica, Officine Savigliano, Nebiolo, Fergat e qualche altra minore.
Sono state coltivate e quando possibile migliorate le relazioni con la "Michelin Italiana" che sinora si è dimostrata la più larga di aiuti e di comprensione e con la Lancia.
Gli scopi che ci siamo proposti nel coltivare le relazioni con le Aziende sono stati molteplici:
scopi immediati, quali la ricerca di aggiornamenti tecnici, lo studio delle possibilità di impiego per i nostri allievi licenziati, la raccolta di aiuti economici, lo studio dei problemi, umani, sociale, individuali e spirituali in seno alle Aziende;
scopi remoti quali: lo sviluppare un'azione la più coordinata ed efficace possibile, per favorire la testimonianza cristiana dei nostri giovani e orientare in senso cristiano la soluzione dei problemi del lavoro e delle Aziende, e per cooperare il sorgere di una mentalità favorevole ed aperta verso l'importanza della scuola professionale, verso una collaborazione dignitosa ed istruttiva tra scuola cristiana ed aziende.
Favoriti da questi intendimenti, le relazioni con le aziende hanno altresì fruttato la richiesta da parte di esse, di corsi speciali di primo addestramento, o riqualificazione, o di perfezionamento di alcune loro maestranze, corsi del resto imposti dall'evolversi e dallo svilupparsi della produzione ( vedi tabella al paragrafo primo ).
Per questi corsi speciali non sono state riscontrate difficoltà particolari circa l'impostazione decisamente cristiana dell'insegnamento, né sono sorte valutazioni ambigue e tendenziose circa la collaborazione tra scuola e azienda.
Non è tuttavia mancata qualche difficoltà a causa di persone prevenute, senza che del resto alcuna di esse abbia potuto con fondamento provare le proprie opinioni tendenziose.
La generalità degli allievi dei corsi speciali ha sempre dimostrato di comprendere il disinteresse, l'abnegazione e soprattuttp i retti intendimenti della Casa di Carità Arti e Mestieri, e di apprezzare l'insegnamento impartito che, del resto, per ciascuno di essi rappresentava un valido aiuto o per una sicura futura assunzione o per un miglioramento professionale e retributivo.
Il gruppo delle Patronesse sempre esemplarmente guidato dalla Signora Bianca Bellia ved. Giletti, accresciuto di qualche altra buona Signora ha tenuto regolarmente le sue riunioni tre o quattro volte all'anno.
Gli incontri sono stati improntati alla più schietta spiritualità, con la recita iniziale della Devozione a Gesù Crocifisso, seguita da una breve meditazione su argomenti quasi sempre tratti dagli scritti del Servo di Dio Fra Leopoldo Maria Musso.
Le offerte hanno sempre superato e talvolta largamente il mezzo milione ogni anno.
Soprattutto confortevole è il crescendo di apprezzamenti e di adesioni che le Signore Patronesse hanno dimostrato verso la Casa di Carità.
Sono stati considerati potentiali benefattori anche le famiglie degli allievi e degli ex allievi a cui ogni anno è stato rivolto un invito a voler contribuire liberamente e nei limiti delle loro possibilità al potenziamento dell'Opera.
Le risposte sono state sempre tangibili ed eloquenti.
Non sono mancati benefattori isolati che senza alcuna richiesta hanno provveduto ad inviare offerte accompagnandole con attestazioni di solidarietà.
Ripetuti viaggi a Roma hanno permesso di coltivare buoni e diretti rapporti col Ministero del Lavoro.
Ad ogni cambiamento di Governo si è ricercato di presentare l'Opera ai nuovi massimi responsabili del Dicastero.
Tra i visitatori più illustri si ebbero durante il sessennio l'On. Guy Ministro del Lavoro , ed Sottosegretari On.li Delle Fave e Angela Gotelli.
Mediante relazioni e memoriali si è cercato di ottenere una discriminazione tra i Centri, finanziamenti più rispondenti al lot normale funzionamento, il riconoscimento di scopi educativi e non meramente addestrativi ecc.
Anche col locale Ufficio Regionale del Lavoro sono state coltivate le più cordiali relazioni benchè - a parte la stima e le lodi ripetutamente tributateci non si sia ottenuto ancora alcun segno tangibile di particolare apprezzamento.
La Casa di Carità Arti e Mestieri è nota anche presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Alla visita ormai lontana dell'Ing. Pantaleo, allora direttore nazionale per l'istruzione tecnica, è seguita quella dell'ispettore generale ing. Alberto Cavalli con un gruppo di direttori e di presidi di scuole tecniche e di istituti professionali, in cerca di orientamenti e aggiornamenti.
L'attuale Provveditore agli Studi, prof. Lama, ebbe nella recente premiazione dei vincitori delle eliminatorie regionali del Concorso Nazionale di formazione professionale 1960, parole di alto elogio verso la nostra Opera.
L'On.le Francesco Franceschini, nella relazione per il Bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione, esercizio 1958-1959, affermò essere la Casa di Carità Arti e Mestieri un modello tra le istituzioni scolastiche a carattere professionale.
I dirigenti dell'Unione Industriale di Torino, inspiegabilmente assai parchi di aiuti verso la Casa di Carità, ne riconobbero tuttavia e ripetutamente l'alto livello addestrativo raggiunto.
Ottimi gli apprezzamenti dell'Amministrazione Provinciale e del Comune, benchè non molto rilevanti gli aiuti.
Tra le Aziende, con le quali esistono relazioni dirette e abituali, la Michelin Italiana si è dimostrata sinora la più fattivamente comprensiva.
Tra gli altri Enti cittadini ricorderemo ancora la Cassa di Risparmio, le cui erogazioni in nostro favore sono andate ogni anno aumentando sensibilmente.
Il problema di un "reinserimento" dei nostri allievi nella vita parrocchiale è da noi assai sentito.
A questo scopo si è tentata una riunione di Parroci viciniori, e per qualche anno sono state inviate ai Parroci liste di nominativi concernenti loro parrocchiani nostri allievi.
Purtroppo tutto ciò non ha avuto seguito, converrà tuttavia insistere.
Agli allievi degli ultimi anni sono state presentate le varie attività organizzate del laicato cattolico ( Azione Cattolica, Conferenze di S. Vincenzo, F.A.O., ACLI ecc. ) cercando di suscitare consensi e adesioni, ma con scarsissimo successo.
Di fatto la formazione professionale in Italia è promossa e attuata da una infinità di Enti e di iniziative.
Il disegno di legge che oggi attende la approvazione del Parlamento, prevede il coordinamento di tutta la "formazione professionale" distinta in "istruzione professionale" e in "addestramento professionale".
La prima organizzata nell'ambito del Ministero della Pubblica Istruzione verrà attuata mediante "istituti professionali", la seconda nell'ambito del Ministero del Lavoro verrà conseguita mediante "centri di addestramento professionale".
L'addestramento professionale, nell'intenzione del legislatore, dovrebbe meglio rispondere a compiti di emergenza ( riqualificazione, qualificazione di adulti ) e soddisfare a specifiche esigenze di preparazione professionale, con insegnamenti tecnici generali ridotti al minimo, con invece un marcato indirizzo tecnico pratico.
È previsto tuttavia l'insegnamento della Cultura generale ( da specificare ) e dell'Educazione Civica.
Per intanto continuano a valere le passate disposizioni legislative, specialmente la Legge sull'Addestramento Professionale 1948, e tra i due massimi dicasteri interessati sono stati stipulati accordi, diramati con apposite circolari agli Enti dipendenti.
Purtroppo, la speranza tanto coltivata di una soluzione unitaria del problema sta tramontando, e parzialmente almeno, sta altresì dileguandosi la prospettiva di una utilissima e orientatrice affermazione dell'iniziativa libera sostenuta e coordinata dallo Stato, almeno nel campo della formazione professionale.
Comunque oggi la Casa di Carità Arti e Mestieri è dal 1954 riconosciuta come Centro d Addestramento Professionale, anche se sin qui questo tipo di riconoscimento è più ufficioso che ufficiale, zeppo di oscurità e lacunoso specialmente per ciò che concerne la figura giuridica di "Ente Gestore".
Negli ultimi anni si è cercato di presentare agli allievi l'ideale del catechista sia congregato che associato.
Qualche adesione è stata ottenuta.
Si sono avute pure alcune consacrazioni, tuttavia ogni cosa è rimasta pressoché senza seguito.
Le cause di queste mancate adesioni: rileviamo la distanza di abitazione, la continuazione degli studi con orari impossibili e programmi pesantissimi, la mancanza di una formula capace di illustrare al giovane lavoratore l'ideale proposto e di coltivarne l'entusiasmo.
Per i pochissimi aspiranti catechisti attualmente impegnati presso la Parrocchia di S. Giuseppe Cafasso le difficoltà incontrate sono state davvero considereveli: mancanza di locali per i catechismi, mancanza di spazio sufficiente per l'oratorio, assenza assoluta di aiuti materiali, incertezze, impreparazione a sostenerli dello stesso clero.
Tra il corpo insegnante si nota appena qualche interessamento.
Il rapporto di lavoro ci impone, del resto, la massima discrezione.
Conta attualmente qualche centinaio di tesserati.
Dopo un biennio di attività l'Associazione ha cessato di funzionare per mancanza di un catechista responsabile.
Rimane la Comunione Pasquale, fissata stabilmente alla Domenica in Albis, come unica adunanza generale.
Anche le riunioni di ex allievi per azienda non hanno più avuto luogo.
Inutile dire che tanto l'Associazione che le riunioni ristrette debbano riprendere il loro funzionamento.
Durante il decorso sessennio sono pervenute altre richieste di trapianto dell'Opera presso località nazionali ed estere dove urge la soluzione di importanti problemi pastorali, sociali, economico-produttivi.
Ricordiamo reiterati e commoventi inviti di S. E. Mons. Fiordelli Vescovo di Prato, quelli della Colombia e del Perù, la proposta di collaborazione avanzata dal Visitatore Fr. Alfredo per un Centro di Addestramento da organizzarsi a Bologna dietro richiesta di S. E. il Card. Lercaro ecc.
Solo per Roma è stato compilato e presentato ad una prima cerchia di persone uno schema di progetto di cui si attendono ancora gli sviluppi, benchè la situazione locale si sia dimostrata almeno per ora assai più sfavorevole del previsto dato l'incerto avvenire industriale della città.
Recentemente il Prof. Gustavo Colonnetti, Presidente emerito del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ci ha invitato a studiare e realizzare una nuova istituzione intesa a preparare professionalmente e cristianamente i dirigenti esecutivi e tecnici specializzati, operatori cioè di cui è molto avvettita la mancanza.
L'iniziativa propostaci potrebbe costituire l'ulteriore e definitivo sviluppo verticale della Casa di Carità, la cui azione formativa verrebbe ad estendersi anche al campo dei tecnici, a cui potrebbero accendere i migliori tra i giovani allievi dei corsi di qualificazione.
Circa la proposta del prof. Colonnetti, il 5 maggio corrente anno, abbiamo organizzata, presso la Reale Mutua di Assicurazione, una riunione di cattolici tra i più autorevoli e qualificati della città, con lo scopo di accertare l'effettiva necessità dell'iniziativa.
I pareri sono stati positivi ed unanimi.
È stata pure presentata una prima idea di Università del Lavoro e delle Professioni, da denominarsi ancora Casa di Carità Arti e Mestieri.
Tutti i convenuti hanno vivamente auspicato la realizzazione del progetto.
Tra le enormi difficoltà che occorerebbe affrontare c'é, e non ultima, quella della denominazione dell'Opera.
Terminiamo l'argomento sottolineando che senza una collaborazione organica con l'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane ai quali nel Messaggio di Fra Leopoldo è affidata l'Opera delle Case di Carità, non sarà possibile realizzare, se non molto parzialmente, i grandiosi sviluppi, in estensione e profondità, che si intravedono.
Concludiamo la presente relazione con l'esaminare la situazione creatasi nell'Unione con lo sviluppo della Casa di Carità.
Oggi, la maggior parte dei catechisti lavora a pieno orario presso la Casa di Carità Arti e Mestieri.
Gli incontenibili sviluppi dell'Opera hanno assorbito la quasi totalità delle energie di cui dispone l'Unione.
L'apostolato presso le Parrocchie stenta invece ad affermarsi; i contatti con le altre Associazioni giovanili tenute dai Fratelli sono piuttosto stentate, pochissime forze vengono dedicate alla propaganda dell'Unione.
Da tutto ciò sembrerebbe lecito concludere che, dungue, la Casa di Carità ha rappresentato o può rappresentare un dannosissimo arresto per l'espansione dell'Unione.
A nostro avviso la realtà è sostanzialmente diversa.
Lungi dal significare una battuta d'arresto, la Casa di Carità ha contribuito direttamente ad approfondire nell'Unione l'ideale catechistico e indirettamente ha contribuito a dimostrare l'efficacia di una formula di vita laica consacrata e rivolta all'apostolato catechistico e sociale, suscitando consensi di cui non conosciamo ancora tutta l'importanza e l'estensione.
Con la Casa di Carità, i catechisti hanno una preziosissima, condizione per cogliere sempre meglio il significato della loro consacrazione che loro impone la massima generosità e disponibilità.
Mai come per mezzo della Casa di Carità i catechisti hanno sentito fino alle ultime conseguenze che cosa significa l'essersi interamente offerti a Dio e al prossimo, che cosa significa lottare per la buona causa in mezzo a difficoltà umanamente insupetabili, che cosa significa vivere di fede tra la carenza di uomini e di mezzi, di fronte alla sordità dell'ambiente, alle incomprensioni talvolta degli stessi beneficati.
A contatto con i più vasti complessi problemi derivanti dalla educazione cristiana dei giovani lavoratori, i catechisti hanno certamente aumentata la loro consapevolezza e coscienza missionarie, ed hanno altresì meglio compreso la grandezza dello spirito di fede e della loro prospettiva tematicamente religiosa come messaggi per la salvezza del mondo attuale, specialmente del mondo del lavoro e della tecnica.
L'influenza del loro apostolato, del resto, mai si è estesa come mai prima d'ora, la loro stessa vita interiore ha ricevuto benefiche influenze, e nessuno di essi ha avvertito per l'impegno alla Casa di Carità una menomazione del proprio ideale di perfezione, ma tutti hanno ricavato nuova luce, nuovo slancio verso di esso.
Il vivere poi, quotidianamente inseriti in un ambiente di studio e di osservazione, la necessità di riflettere a lungo su persone, cose situazioni, la necessità di cooperare svolte decisive per la vita di tanti giovani ha consentito ai catechisti di aprirsi sempre più a comprendere la reale situazione di tante persone, le strutture ed il costume della nostra società, di sensibilizzarsi sempre meglio ai problemi dell'apostolato catechistico e sociale, di acquistare nuove fondamentali esperienze che non mancheranno di mostrarsi utilissime per lo stesso sviluppo dell'Unione.
Con la Casa di Carità i catechisti hanno altresì "riscoperto" la validità del messaggio di Fra Leopoldo e l'importanza degli insegnamenti e dell'opera di S. G. B. de La Salle.
Si obietterà, che se tutto questo è vero, tuttavia molto rimane da fare per esempio nel propagandare l'ideale catechistico presso i Fratelli.
Rispondiamo che ciò che è da farsi, non sminuisce ciò che è stato fatto.
L'esperienza acquisita, ripetiamo, sarà preziosissima e per intanto permetterà mediante una riorganizzazione e ridistribuzione di incarichi presso la Casa di Carità di disporre di una maggior copia di energie da dedicare allo sviluppo dell'Unione.
Anno Scolastico 1954/55
Anno Scolatico 1959/60