Adunanza 12/4/1970
1 - Significato del tempo liturgico tra la Pasqua e l'Ascensione
2 - Realtà e concretezza dell'umanità di Gesù
3 - La divinità di Gesù potenzia la Sua umanità
4 - Umanità risorta di Gesù è sorgente di grazia, di vita, di salvezza
5 - Le piaghe di Gesù sorgenti di vita
6 - Significati dell'acqua, del sangue, dello Spirito
7 - Il nostro compito di cristiani e di Catechisti
8 - I pericoli della sensibilità e dell'amor proprio
Ci troviamo in un tempo liturgico molto importante: è il periodo di transizione tra la Pasqua e l'Ascensione, periodo sul quale richiamano la nostra attenzione e il nostro impegno le pagine del Vangelo; benché si tratti di poche pagine con scarni racconti, esse sono estremamente dense e significative.
Per vivere nel modo migliore questo periodo, ho pensato di considerarne i tre aspetti principali:
Realtà della umanità di Cristo
1) La prima considerazione è che si tratti di un tempo in cui si svela, in modo singolare, la concretezza e la realtà della umanità gloriosa di Gesù; concretezza e realtà che si manifestano anche nella Sua suprema amabilità.
Umanità risorta di Gesù come Sorgente di grazia e di vita
2) La seconda considerazione è che Gesù, presentandosi in questo tempo nella sua umanità risorta, si palesa come sorgente di grazia, di salvezza, di vita.
La piaga del costato di Gesù come sorgente di fede e di vita eterna.
3) La terza considerazione riguarda le pieghe di Gesù ed in particolare la piaga del costato, che S. Giovanni ci presenta come sorgente di fede e di vita eterna.
Riguardo al primo aspetto esaminiamo ciò che scrive S. Giovanni nella sua epistola dopo la Risurrezione e l'Ascensione al cielo di Gesù.
"Ciò che era da principio, la divinità, ciò che abbiamo sentito, fa un tutt'uno; ciò che abbiamo veduto con gli occhi nostri, ciò che contemplammo, e le mani nostre palparono, tutta l'umanità nostra impegnata, tutta la nostra sensibilità intorno al Verbo della vita, la vita si manifestò e noi abbiamo veduto e testimoniato e annunziamo a voi quella vita eterna che era presso il Padre e si manifestò a noi - ciò che abbiamo veduto e sentito si manifestò a noi e lo comunichiamo anche a voi affinché voi pure abbiate comunione con noi". ( 1 Gv 1,1-4 )
L'umanità di cui parla S. Giovanni è l'umanità di Gesù in tutta la sua interezza, in tutta la sua integrità, in tuta la sua storia; è l'umanità gloriosa perché crocifissa; è l'umanità cresciuta in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, salutata su Calvario, risorta in forza dei meriti della croce.
Le parole di S. Giovanni ci presentano un'umanità estremamente concreta e ci provano la storicità di Gesù, vero uomo e realmente vissuto.
Esperienza comune dell'umanità di Gesù
S. Giovanni parla infatti di una esperienza non solo personale, ma comune "noi abbiamo sentito" e di una umanità veramente incontrata, sentita, veduta, contemplate e palpata.
Umanità e divinità di Gesù
Di una umanità che non faceva ostacolo alla divinità, come risulta dalle parole: "ciò che era da principio, ciò che abbiamo sentito e ciò che abbiamo palpato intorno al verbo della vita". cioè dell'Uomo Dio. ( 1 Gv 1,1-4 )
Ricordiamo che S. Giovanni era stato particolarmente vicino a Gesù: nell'ultima cena, egli posa il capo sul petto di Gesù ed è testimone, ai piedi della croce, della Sua morte.
Tale affettuosa intimità lo rende particolarmente sensibile a intuire come l'umanità di Gesù ne comunichi la divinità.
Gesù non è mitico, l'umanità di Gesù non è una parvenza
Il testo di S. Giovanni è molto importante perché confuta coloro che vorrebbero fare di Gesù una specie di mito, oppure della sua umanità una parvenza.
L'apparizione di Gesù alla Maddalena
Ricordiamo l'episodio della apparizione alla Maddalena, secondo il racconto di S. Giovanni: "Maria però stava fuori, presso il sepolcro piangendo; mentre piangeva si curvò verso il sepolcro e vide due angeli vestiti di bianco seduti uno da una parte del capo e l'altro dalla parte dei piedi, là dove giaceva il corpo di Gesù.
Quelli le dicono: donna, perché piangi? - essa rispose: hanno portato via il mio Signore e non so dove l'abbiamo messo.
Ciò detto si volta indietro e vede Gesù che stava là, ma essa non sapeva che era Gesù.
Le dice Gesù: donna, perché piangi? chi cerchi? - Quella, credendo che fosse il giardiniere, gli dice: Signore, se l'hai trafugato tu dimmi dove l'hai messo ed io andrò a prenderlo.
Egli le dice: Maria! - Voltandosi, essa esclama in ebraico: rabbonì" cioè Maestro.
Le dice Gesù: non tenermi così perché non sono ancora asceso al Padre, va a trovare invece i miei fratelli e dì loro: ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro.
Maria di Magdala va ad annunciare ai discepoli: ho veduto il Signore e quello che le aveva detto". ( Gv 20,11-18 )
Permettetemi di soffermarmi su una espressione di Gesù: "non tenermi così perché non sono ancora asceso al Padre".
L'abbraccio della Maddalena a Gesù
Con tali parole Gesù respingeva dolcemente Maddalena, che forse lo aveva abbracciato.
Il gesto dell'abbraccio, mentre era prematuro prima della Ascensione di Gesù al Padre, sarà la condizione futura della nostra vita eterna.
Gesù si manifesta a Maddalena nella Sua concreta, reale e amabilissima umanità che non fa velo alla Sua divinità.
Non dobbiamo pensare che la divinità di Gesù ne cancelli e ne sfumi l'umanità, che anzi ne risulta potenziata e valorizzata.
La gloria di Gesù è una luce che si esprime dal di dentro proprio per mezzo della Sua concreta umanità.
L'umanità gloriosa e luminosa di Cristo non è una umanità ombratile o esanime, ma concreta e reale.
Binomio vita - luce
S. Giovanni insiste sul binomio vita - luce; egli non concepisce mai la luce se non con la manifestazione della vita e parlando del Verbo richiama i concetti di luce e di vita.
L'apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade
Il corpo di Gesù risorto è integro, glorioso e perfetto; la Sua umanità più concreta della nostra, che molte volte è carente.
Gesù dà un'altra prova della Sua umanità, allorché appare sul lago di Tiberiade e invita i Suoi discepoli a cibarsi del pane e del pesce.
S. Giovanni, in questo episodio ( Gv 21,1-13 ) mette in evidenza come Gesù si preoccupi concretamente dei suoi discepoli, comprendendo e soddisfacendo il loro bisogno di ristoro.
Luca racconta ( Lc 24,36-43 ) che Gesù allorché apparve agli Apostoli sbigottiti e pieni di timore, si fece portare del pesce arrostito che mangiò alla presenza di tutti.
Egli volle così dare una prova della Sua umanità e della sua concretezza.
Cerchiamo perciò di meditare sulla concretezza dell'umanità gloriosa di Gesù e sulla sua suprema amabilità.
Riguardo al secondo aspetto, esaminiamo come Gesù, proprio tra la Pasqua e l'Ascensione, presenti la propria umanità risorta come sorgente di grazia, di salvezza e di vita.
Leggiamo il racconto di Giovanni: "La sera di quel giorno, il primo della settimana mentre per pura dei giudei le porte di quel luogo dove si trovavano i discepoli erano chiuse, Gesù venne, stette in mezzo a loro e disse: pace a voi.
E ciò detto mostrò ad essi le mani ed i fianchi.
I discepoli , vedendo il Signore, furono pieni di gioia.
E Gesù ripeté loro di nuovo: Pace a voi, come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi, e ciò detto alitò su di essi e disse: ricevete li Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti". ( Gv 20,19-23 )
Si tratta di un testo densissimo e profondo, da esaminarsi attentamente, rilevando bene la progressione degli argomenti e il loro rapporto causale.
Gesù si presenta ai discepoli augurando loro la pace.
Poi mostra le proprie ferite a garanzia della sua identità.
Infine associa a sé i discepoli partecipando loro i propri poteri e rendendoli così sorgenti di grazia, di salvezza e di vita.
Ricordiamo il passo ( Gv 21,15-19 ) nel quale Gesù conferisce a Pietro il primato di onore e di giurisdizione, passo che evidenzia l'umanità crocifissa e gloriosa di Gesù come sorgente di salvezza: "… Gesù chiede a Simon Pietro: Simone di Giovanni, tu mi ami più di questi?, o Signore, tu lo sai che io ti amo.
Gesù gli dice: Pasci i miei agnelli …".
Pietro, con la sua risposta, si rivolgeva proprio alla umanità di Gesù, da lui amata e riconosciuta.
Subito dopo vi è la predizione importantissima di Gesù: "In verità di dico: quando eri più giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le braccia e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai.
Disse questo per indicare con quale genere di morte egli avrebbe reso gloria a Dio.
E ciò detto aggiunse: seguimi". ( Gv 21,18-19 )
Per evidenziare l'intima connessione tra la croce e la risurrezione, ricordiamo le parole che Gesù rivolse ai discepoli di Emmaus: "Non doveva il Cristo soffrire queste cose ed entrare così nella gloria?". ( Lc 24,26 )
Seguono poco dopo le parole dei discepoli che ci confermano l'effetto che l'amabilità e l'umanità di Gesù producevano: … ed essi si dissero l'un l'altro: non ci sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi, mentre ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?" ( Lc 24,32 )
L'umanità crocifissa e gloriosa di Cristo è strettamente connessa alla istituzione del Battesimo ( Mc 16,15-17; Mt 28,16-20 ), al mandato di predicare e al potere dei miracoli. ( Lc 24,44-49 )
Luca presenta l'avveramento di tutte le profezie nella passione e risurrezione di Cristo.
Esaminiamo ora il terzo aspetto che riguarda le piaghe gloriose di Gesù e soprattutto la piaga del costato, presentata come sorgente della nostra fede e della nostra vita.
Luca e soprattutto Giovanni trattano questo tema, anche se presentano in maniera diversa l'episodio nel quale Gesù mostra ai discepoli le piaghe.
Luca infatti evidenzia, a scopo dimostrativo, lo stupore dei discepoli all'apparizione di Gesù in mezzo a loro; Giovanni invece non fa rilevare tale turbamento.
Abbiamo già esaminato prima il testo di Luca; analizziamo ora quello di Giovanni: "… Ora Tommaso, uno dei dodici, quello che si chiamava Didimo, non era con loro quando venne Gesù.
Perciò gli altri discepoli gli dissero: abbiamo visto il Signore!
Ma egli disse loro: Se io non vedo nelle sue mani la traccia dei chiodi, se non metto il mio dito nel foro mia mano nel suo costato io non crederò.
Otto giorni dopo, i discepoli si trovavano di nuovo là dentro e Tommaso era con loro.
Viene Gesù a porte chiuse, si presenta a loro dicendo: pace a voi! e poi dice a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani.
Dammi la tua mano e mettila nel mio costato e non voler essere incredulo ma abbi fede.
Tommaso rispose: Mio Signore e mio Dio!" ( Lc 20,24-28 )
La piaga del costato di Gesù è decisiva per la fede di Tommaso
Tali parole ci fanno subito pensare alla enormità della piaga del costato di Gesù, piaga che allontanerebbe qualsiasi dubbio circa la Sua morte.
Tale ferita, di cui è testimone anche la Sindone, è decisiva per la fede di Tommaso; Gesù infatti invita Tommaso a porre il dito sulle piaghe delle Sue mani e ad immergere la mano nella ferita del Suo costato.
S. Giovanni è l'unico evangelista a dare un particolare e singolare rilievo alla trafittura del fianco mediante la lancia, con una serie di testimonianze e di insistenze misteriose che sono fondamentali.
Racconta egli infatti: Venendo a Gesù, vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli trafisse il fianco con la lancia; e subito ne uscì sangue ed acqua.
E chi ha veduto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è veritiera.
Ed egli sa che dice il vero, affinché voi pure crediate.
Questo infatti accadde perché si adempisse la Scrittura: non gli sarà spezzato un solo osso.
E ancora un'altra Scrittura dice: vedranno Colui che hanno trafitto". ( Gv 19,33-37 )
La piaga del costato è decisiva perché essa è il suggello ultimo della donazione completa di Gesù, della Sua apertura al mondo, della Sua offerta totale per la nostra fede.
Gesù non è stato schiacciato, nel senso di essere eliminato, ma è stato aperto e trafitto.
S. Giovanni testimonia che dal fianco aperto di Gesù uscì sangue ed acqua; nella sua prima epistola S. Giovanni dice che con il sangue e con l'acqua fu pure dato lo Spirito: "… È lui Gesù Cristo che è venuto coll'acqua, col sangue: non con l'acqua soltanto, ma coll'acqua e col sangue …
Poiché sono tre che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre convergono nell'attestare la medesima cosa". ( 1 Gv 5,6-8 )
I significati da attribuirsi all'acqua, al sangue e allo Spirito sono rispettivamente quelli di purificazione, di sacrificio, di rinnovamento.
Le piaghe come Sorgente di fede, dello Spirito, della Chiesa
S. Giovanni tiene in una particolarissima considerazione le piaghe del Signore e soprattutto quella del costato come sorgente di fede, dello Spirito e della Chiesa; già si intuisce tale verità nel momento in cui Gesù, prossimo a morire, dice a Giovanni: "Ecco tua Madre Maria" ( Gv 19,27 ) e subito dopo, quando Giovanni dirà: "emisit spiritum", ( Gv 19,30 ) interpretato da alcuni Padri proprio come lo Spirito Santo.
Adamo e Cristo
La ferita del costato permette un profondo parallelismo fra Adamo e Cristo: come Eva è tratta dal costato di Adamo, così la Chiesa è tratta dal costato trafitto di Cristo.
In Giovanni c'è dunque un senso profondo della Scrittura e un'intuizione particolare del mistero di Cristo e delle Sue piaghe.
Dopo aver considerato i tre aspetti di questo periodo liturgico, esaminiamo quali compiti ci attendono nella nostra qualità di cristiani e di Catechisti del SS. Crocifisso.
Cerchiamo innanzitutto di raccoglierci e di concentrarci sulla umanità gloriosa, salvifica e rigeneratrice di Gesù.
Riflettere sulla umanità gloriosa di Gesù
Guardiamola, stringiamola, contempliamola questa umanità, comprendendone tutto il valore.
Consideriamola in rapporto ai Sacramenti, alla Chiesa, alla fede, alla grazia, alla nostra santità; attingiamo da essa la vita e la fede.
Facciamo in modo che tutte le nostre forze affettive, la volontà, lo spirito, la sensibilità siano mobilitati dall'umanità di Gesù.
Proponiamoci di amare Dio con tutta la nostra mente, il nostro cuore, il nostro animo, le nostre forze.
Lasciamoci attirare dalla umanità di Gesù
Lasciamo che l'umanità gloriosa di Gesù ci attiri fino in fondo, con tutte le nostre energie, tutta la nostra sensibilità, il nostro slancio e il nostro impegno; coltiviamo l'intimità con Gesù Crocifisso entrando sempre di più nella piaga del suo costato e riceviamo da essa lo Spirito Santo.
Gesù dimostra la Sua Volontà di mandarci lo spirito lasciandosi aprire il costato dalla lancia, proprio perché la ricchezza sovrabbondante che il Padre ha nascosto in Lui si rivelasse su di noi; dobbiamo quindi rimanere nello Spirito che scaturisce dalla piaga del costato di Cristo.
La Messa come momento di incontro con Gesù.
Un momento di incontro, misterioso ed insieme realistico, con l'umanità di Gesù, avviene nella Messa, durante la visita al SS. e durante la recita della Adorazione.
Valore dell'Adorazione
La Divozione è di grande aiuto e ristoro, sia perché essa presenta Gesù Crocifisso, sia per l'elevatezza dei sentimenti e degli orientamenti spirituali che sa suscitare.
S. Tommaso di fronte alle piaghe del Signore esclama: "Signore mio e Dio mio!" ( Gv 20,28 )
Fra Leopoldo, secondo un crescendo, nella linea di Giovanni, dice: "Amabilissimo mio Signore Gesù Crocifisso".
Cerchiamo anche noi di recitare questa Divozione e di rivolgerci a Gesù con la spontaneità e la semplicità di Fra Leopoldo, caro a tutti noi.
Essere pronti alla chiamata di Gesù
Preghiamo perché Gesù ci tenga pronti a raccogliere le Sue offerte e a rispondere al Suo appello.
A tal fine dobbiamo esaminare attentamente con quale animo noi respingiamo o accettiamo le cose che si riferiscono al Signore, per non respingere Dio in nome dell'Io, per non scambiare le cose dello Spirito con quelle del nostro spirito.
Deve esserci in noi una purezza interiore che ci permetta di vagliare rettamente le cose che Dio ci manda, per non fare del male a noi stessi e agli altri.
Non lasciamoci trarre in inganno dalla nostra sensibilità più o meno retta, più o meno purificata, né del nostro amor proprio che giustifica le nostre azioni, le nostre parole, addebitandole a Dio.
Lasciamoci guidare, nei nostri giudizi, nelle nostre scelte, da Gesù.
L'albero si conosce dal frutto e il frutto deve essere dello Spirito.
Rileggiamo i due elenchi che S. Paolo fa dei frutti dello Spirito e raffrontiamoli con il frutto della nostra valutazione, della nostra decisione, del nostro giudizio.
Non lasciamoci ingannare dallo spirito della carne a cui sempre si associa lo spirito del male e ricordiamo che il demonio non è tanto lontano dalle nostre case e da noi stessi.
Dice infatti S. Pietro che il diavolo ci circuisce come un leone ruggente. ( 1 Pt 5,8 )
Noi e il mondo moderno
Nella nostra qualità di secolari e laici siamo in una situazione difficile e imprevedibile: mentre il mondo moderno esige metodologia e razionalità, dal punto di vista della morale si è nell'impossibilità di fissare delle norme che abbiano valore universale per cui ogni situazione è norma a se stessi; il mondo moderno, come tutti i mondi, nella misura in cui non sono con Gesù, ha le sue contraddizioni e i suoi pericoli.
Oggi stanno navigando verso la luna tre uomini il cui lancio è stato possibile attraverso una organizzazione e una metodologia perfezionate.
Pericolo del razionalismo
Tale spedizione tuttavia, intesa ad analizzare la luna e il cosmo, è stata banalizzata da un razionalismo che ha distrutto i veri fini dell'impresa, provocando l'indifferenza dell'uomo, che non vi scorge alcun profondo significato.
Lasciamoci guidare da Gesù
Quindi, pur senza sottovalutare lo studio, lo sforzo personale, il dialogo, alla luce della ragione, dobbiamo soprattutto tendere l'orecchio alla voce dello Spirito che supplirà alle nostre carenze, alle nostre debolezze.
Cerchiamo di essere creativi, intuitivi e disponibili allo Spirito, che renderà le nostre parole, le nostre azioni decisive, risolutive, vivificanti e illuminanti.
Lasciamoci guidare nei nostri giudizi, nelle nostre scelte, nei nostri pensieri dalla voce dell'Amore, da Gesù