4/10/1970
1 - S. Francesco ripresenta l'umanità di Cristo
2 - Amare dell'amore di Gesù
3 - Senso del servizio
4 - Carità di preghiera
5 - La carità ci conforma a Cristo
6 - La carità e la storia
7 - La teologia della Croce
Oggi ricorre la festa di uno dei Patroni dell'Unione ed i Catechisti membri dell'Istituto lucrano l'indulgenza plenaria secondo quanto ci hanno comunicato da Roma.
Questa festa deve trovarci dunque particolarmente attenti ad approfondire la figura, il significato ed il valore di S. Francesco, proprio in riferimento alla nostra vocazione specifica e soprattutto per quanto riguarda la sua conformazione a Cristo Crocifisso.
Egli è il santo stigmatizzato, è quello che nella Chiesa ha contribuito moltissimo a ripresentare l'umanità di Cristo al mondo sia nel presepio, sia sulla croce.
Se avete notato il predicatore ha seguito la linea di pensiero, meditazione, riflessione sulla nostra Consacrazione secolare a Gesù Crocifisso che stiamo svolgendo appunto in questo tempo di preparazione all'Assemblea generale.
Gesù principio di vita nuova
Avete notato la tematica portata avanti, come la croce sia veramente il principio della vita della gloria e come la conformazione a Cristo Crocifisso sia già principio della vita nuova, anzi è già vita nuova e partecipazione a Cristo risorto,
È vita nuova ed è solo per un radicale rinnovamento che noi possiamo aspirare a conformarci a Cristo Crocifisso.
Occorre una particolare azione dello Spirito Santo: senza lo Spirito di Cristo non penseremmo nemmeno a queste nuove dimensioni e tanto meno esse ci apparirebbero come suggestioni ed inviti.
Questa mattina fermiamoci su questo pensiero: l'amore che dobbiamo avere è la carità di Cristo e di Cristo Crocifisso.
Noi dobbiamo amare con quell'amore perché se gli altri amori non si rifanno a quello di Cristo e Cristo Crocifisso come a loro causa efficiente e finale, si vanificano e facilmente diventano amore di sé.
Il mistero della croce segna tutte le relazioni della vita dell'uomo per rinnovarlo e indica l'amore vero.
L'amore coniugale
Nell'epistola dove si parla dell'amore coniugale, S. Paolo dice che i mariti devono amare le loro mogli come Cristo ha amato la sua Chiesa dando la vita per Lei. ( Ef 5,25-26 )
L'amore coniugale degli sposi cristiani è dunque un amore cristiforme e deve essere tale, è un amore crocifisso e passa attraverso e si alimenta e partecipa dell'amore che Cristo ci ha dimostrato sulla croce.
Gesù solo ha insegnato cosa sia veramente servire: gli uomini non hanno mai capito il significato di "essere per gli altri" veramente e senza Gesù non lo possono capire, perché bisogna evitare i due estremi; un servire che si traduce in un "servimento" e un servire che si traduce in un "asservirsi".
Bisogna evitare tutti e due questi estremi, per una soluzione nuova, quella che si può ricavare da una meditazione approfondita e da una partecipazione sincera del servizio che Gesù è venuto a darci, sull'essere per gli altri.
È a questa luce che si deve anche capire il significato dell'autorità.
L'autorità non è imposizione di una volontà esterna alla quale bisogna soggiacere, è principio di crescita e significa far essere, far crescere.
Noi dobbiamo conformarci in tutta la nostra vita e in tutti i rapporti che distinguono la nostra vita, fondandoci nella carità di Gesù che non è volontà di dissolvimento, di distruzione, di morte.
Gesù non ha inteso come vano il Suo sacrificio sulla croce.
La carità di Gesù
Intanto la Sua è una carità piena di benevolenza verso gli uomini, la quale si compiace che ci siano e vuole farli essere sempre di più quel che vogliono veramente essere: volontà di compiacimento, fondata sulla stima e su di un apprezzamento di dignità la cui radice rimane sempre, anche quando si è nel peccato.
Quindi godimento di far essere l'uomo sempre più veramente uomo.
Essere per gli altri
Quando si parla di servizio agli altri c'è benevolenza o invece c'è un ripiegamento su se stessi?
Sono gli altri che vogliamo ben volere e far essere sempre di più con uno sguardo di stima, di simpatia sincera, profonda, tenendo conto che sono creature di Dio e redente dal Suo sangue?
Quante volte si parla di servizio dell'uomo, di essere per gli altri, ma non si è per coloro a cui si parla, non si vivifica, non si vivifica veramente.
Sono tutti pericoli gravissimi che vengono se il nostro "essere per gli altri" non è umile e partecipante all'essere per gli altri di Gesù.
Il nostro essere per gli altri suppone un mistero da approfondire per tutta la vita e per tutta l'eternità, mistero che è l'essere per gli altri di Gesù.
Non è facilmente esprimibile e attuabile questo essere per il Padre e, nel Padre, per gli uomini.
S. Paolo lo dice chiaramente nell'epistola agli Efesini.
È una carità benevolente quella di Gesù, estremamente misericordiosa, è una volontà di comunione e di comunicazione di beni: ci comunica tutto se stesso: la sua vita stessa e la volontà di essere con noi.
Che cos'è un servizio che non si traduca in questa solidarietà di essere veramente per gli altri?
Occorre vedere lo spirito ed il fine che ci si propone, vedere se c'è da parte nostra questa volontà di pagare.
Gesù ha pagato per noi tutti senza essere corresponsabile, e il peccato degli altri non è senza nostra corresponsabilità, se non altro di omissione.
È vero che di un atto libero è responsabile chi l'ha compiuto, però lo possiamo favorire con i nostri peccati anche di omissione: l'esempio che non si dà, le preghiere che non si dicono.
Quindi una carità che guarda chiaramente in fondo al peccato causa di tutti i mali e che è volontà di espiazione e di riparazione.
Carità di sostituzione
Carità di sostituzione perché Gesù si è sostituito a noi sulla croce, caricandosi di tutti i nostri languori, tutte le nostre infermità e facendosi per noi peccato sulla croce.
Ora veramente dobbiamo avere come tendenza queste disposizioni perché la nostra carità sia veramente partecipazione alla carità di Cristo e di Cristo Crocifisso.
Vi è un punto da sottolineare: carità di preghiera e di una preghiera singolare, quella di Gesù sulla croce; preghiera costante, che avviene malgrado e nonostante ogni cosa, che avviene addirittura per la condanna ingiusta.
Soprattutto quando crediamo di essere stati colpiti ingiustamente, non traiamo certamente da questo motivo di preghiera particolarmente intensa, generosa: anzi abbandoniamo lo spirito di preghiera.
La preghiera di Gesù sulla croce ci insegna invece come deve essere e come deve attuarsi la nostra preghiera.
Occorre superare e riuscire a rendere motivo di preghiera proprio le situazioni avverse, così come Gesù ha fatto motivo di preghiera addirittura la condanna che gli uomini ingiustamente gli infliggevano: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno" ( Lc 23,34 )
La nostra preghiera deve essere così se vuole essere veramente matura e consolidata.
Così anche consiglia la regola e sarebbe imprudente, a meno che ci sia una particolare indicazione dall'alto, abbandonare le prescrizioni.
Anche il raccoglimento particolarmente intenso di certi momenti, di certe pratiche di pietà, tutto questo raggiunge veramente un risultato e si fa sempre più autentico se ci porta a pregare malgrado le circostanze più avverse e dolorose, che devono rendere più profonda la nostra preghiera proprio perché divenga sempre più preghiera di carità, della carità di Cristo Crocifisso.
Nessuno più di Gesù avrebbe potuto dire: tutto ciò è ingiusto, è frutto di malizia, invece sulla croce ha detto: "Padre perdona loro".
Perché Lui aveva veramente preso in carico tutti gli uomini, per dare loro la vita.
Veramente Egli era per quegli uomini e la sua preoccupazione era perché vivessero, si salvassero e allora intercedette presso il Padre non presentando il torto subito, ma la loro debolezza ed il suo amore, la sua donazione che arriva sino alla morte di croce.
Beato colui che riesce a pregare così, costui veramente prega e prega in continuazione; tutto si trasforma in colloquio, in affermazione filiale verso Dio.
La carità di cui dobbiamo essere animati è un amore che è cristiformante e cristificante, cioè ci conforma a Cristo sempre di più e ci fa Cristo; non solo ci dà, per così dire, il modo di pensare ed operare di Cristo, ma addirittura il modo d'essere di Cristo.
Noi siamo le membra e la stessa vita passa fra le membra, e fra la vite e i tralci intercorre lo stesso modo d'essere.
Quindi possiamo anche riflettere se la carità, con cui noi formuliamo i nostri propositi, desideri, scelte, impegni, azioni senza un filo conduttore, senza una sorgente vivificante, sia fine a se stessa, oppure approfondisca una relazione attraverso i comandi infinitamente amorevoli di Colui al quale vogliamo unirci.
Allora veramente diventa cristiformante, cristificante perché è la carità di Cristo e Cristo Crocifisso: il punto massimo di comunione di Dio con l'uomo è sulla croce dove l'umanità di Gesù viene aperta, il suo essere viene dato come dato al mondo e il suo sangue viene versato sul mondo, sensibilmente e visibilmente.
L'entrare e l'uscire dalla Piaghe di Gesù
E allora comincia tutta quella visione propria dei mistici che parlano di entrare e di uscire nelle Piaghe, nel Costato: è un linguaggio mistico la Chiesa che esce dal costato trafitto di Cristo, è una realtà profonda che si esprime in questo modo.
Si entra in Gesù attraverso di Lui Crocifisso: difatti il Battesimo ci innesta nelle Sue Piaghe e la Comunione che noi prendiamo è corpo Sacrificato di Cristo e Sangue Immolato.
Il massimo di apertura e di comunione al mondo avviene in Cristo Crocifisso e così se noi vogliamo avere il massimo di intimità e di partecipazione al mondo, più di quanto il mondo sappia essere partecipe e intimo di se stesso, dobbiamo conformarci a Cristo.
Perché il mondo abbandonato a sé è senza senso, senza intimità, senza anima: se noi invece lo raggiungiamo in Cristo Gesù e Gesù Crocifisso arriviamo veramente alla radice, alla sorgente del mondo, là dove il mondo si costituisce come un tutto, sia come realtà umana sia come realtà naturale, e diventiamo la sorgente del mondo.
Quindi in questa partecipazione alla carità di Cristo consiste il massimo di vicinanza di carità e di perfezione col mondo, addirittura si diventa con Lui sorgente del mondo in quanto realtà ordinata non solo staticamente ma dinamicamente nel suo sviluppo che avanza.
Siamo realmente al sorgere della storia perché senza Gesù la storia perde il suo senso e la sua direzione e quindi perde la sua storicità più profonda.
Quindi bisogna trovare tutto in Lui, capire che noi riusciamo ad essere pienamente uomini, perché siamo cristiani, cioè di Cristo, e quindi in comunione col mondo.
La consacrazione secolare
Quindi l'espressione consacrazione secolare non è un modo qualunque di rivolgerci e di essere nel mondo, ma è l'essere nel mondo e per il mondo di Cristo.
L'essere nel mondo e per il mondo nel modo di Gesù, appare allora nella sua luce, ed è approfondendo Gesù Crocifisso che vediamo tutte le valenze di questa crescita nel mondo; una valenza di espiazione, di sostituzione, di solidarietà, di misericordia, di comunione col mondo.
Tutti questi aspetti li approfondiamo solo con la più approfondita e più squisita teologia della croce di Gesù crocifisso.
Dobbiamo tornare a ragionare nei termini delle grandi realtà dogmatiche le quali, nella misura in cui definiscono il mistero di Cristo, ci rivelano e definiscono il mistero della storia del mondo, della sua salvezza.
Allora si tornerà ad esultare intimamente per un trasporto che ora ci pare incomprensibile, come al Concilio di Efeso, quando la Madonna venne dichiarata Madre di Dio e non solo madre di Cristo.
Un tempo queste cose mossero addirittura gli eserciti pro e contro una affermazione sull'umanità di Gesù: si pensi all'arianesimo, all'ortodossia.
Addirittura il potere politico strumentalizzava la teologia, tanto questa aveva importanza ed influenza sulla gente.
Alla luce di queste considerazioni proponiamoci che la nostra carità sia simile a quella di Gesù, l'unica vera, autentica, beatifica, rigenerante; ricordiamo che il nostro amore è veramente tale nella misura in cui esso partecipa alla direzione, al calore, alla intelligenza dell'amore di Gesù ed in esso trova la sua sorgente, il suo alimento, il suo fine.