9/2/1971
1 - Raccoglierci attorno alla memoria del nostro Fondatore
2 - Tutto è in subbuglio
3 - Un primo punto è di carattere biografico
4 - Gioia di vivere
5 - Ha il gusto di aiutare a crescere
6 - La chiamata ad essere F. S. C.
7 - Cercava non di emergere
8 - La sua vita di Fratello non fu facile
9 - Difficoltà di vita
10 - L'instaurazione di climi civili radicali
11 - Assumersi delle vere responsabilità
12 - Dalla forma di Pia Unione alla forma di Istituto Secolare
13 - Una vita sostanzialmente unitaria
14 - La serietà della vita dell'uomo
15 - Carattere di lealtà
16 - Il senso della vocazione del Fratello
17 - Concepire la scuola come mestiere
18 - La vera vita
19 - Tenacia e dolcezza nel medesimo tempo
20 - In lui abbiamo sentito la paternità
21 - L'essere di Cristo
22 - Si abbandona all'azione di Gesù
23 - Il suo sangue versato ci vivifica
24 - Lui è con noi
Siamo riuniti questa sera per un intrattenimento tanto intimo, per raccoglierci attorno alla memoria del nostro Fondatore, il Servo di Dio Fratel Teodoreto, per approfondire la conoscenza di Lui e soprattutto la conoscenza del suo messaggio.
Il nostro intrattenimento - ripeto - ha un carattere così intimo, famigliare; non è certamente una riunione per cosi dire di solennizzazione, ma è una riunione di riflessione, di meditazione.
È un argomento che tutti siete invitati a completare in questa riunione e poi durante il corso di quest'anno in cui ricorre appunto il centenario della nascita del Fr. Teodoreto.
Ci troviamo, come sapete bene, in momenti abbastanza difficili, sconcertati; siamo presi nel giro di molte cose che se non stiamo attenti ci disorientano, ci sconvolgono.
Ormai tutto è in subbuglio: dalla scuola alle fabbriche, al mondo politico, al mondo economico, dappertutto, la vita morale, spirituale.
È un periodo di prova, che speriamo di crescita e non invece un periodo di catastrofe.
Comunque ci è stato molto difficile organizzare questo semplicissimo trattenimento.
Avevamo delle idee più ambiziose, dei programmi più consistenti, ma. siamo solo riusciti a organizzare questo intrattenimento; mi pare però che vada bene perché abbiamo poi tempo la seguito, a maggio e a settembre per continuare nelle celebrazioni commemorative del nostro Fondatore.
Adesso quel che è più importante è che - riscaldati dal suo ricordo - riscaldati dal suo esempio, dal suo insegnamento, noi riusciamo a riequilibrarci di fronte alla congiuntura così difficile e pericolosa e quindi vogliamo camminare dietro di lui, ricavare anche da lui quella 1uce, quel conforto, quella forza che ci permetta una vita coerente, una vita stabile, nonostante che tutto sia in movimento, in minaccioso movimento.
Io dividerò la mia riflessione in due punti.
Un primo punto è di carattere biografico soprattutto per quelli che non hanno avuto la fortuna di conoscere da vicino il Fr. Teodoreto, che sono presenti e che hanno diritto di conoscere qualche cosa della sua vita; una prima parte che denominerei "dell'espressione", ciò che sul piano dell'espressione, del parere, se volete dell'apparire, è stata la vita di Fr. Teodoreto.
Il piano fenomenico, il piano che si vede con gli occhi, che si sperimenta con i sensi, il piano dell'espressione.
Sappiamo che Fr. Teodoreto nasce il 9 febbraio 1871 a Vinchio d'Asti.
Da poco era stata fatta la presa di Roma, tuttavia nei comuni non si sentiva ancora tutta l'ondata nazionalistica, radicale che aveva colpito i vertici del Paese.
Nei comuni la vita si svolgeva tranquillamente, come sempre, forse da millenni, da almeno mille anni.
Nacque Fr. Teodoreto da Bartolomeo Garberoglio e da Eleonora Giolito.
Famiglia di contadini, piccoli proprietari, un ambiente di serenità, di solerzia, di compostezza, di laboriosità, vita comune che si svolgeva appunto nei comuni rurali attorno alla Parrocchia, attorno al Municipio, al Sindaco, al farmacista, questa è la situazione.
Fr. Teodoreto visse questa vita comune, di tutti; una vita se vogliamo anche un poco stentata, anche se miserabile la famiglia del Fr. Teodoreto non lo fu mai; povera sì, ma non in miseria, tuttavia sappiamo quale era la condizione delle campagne verso il finire dell'800.
Vita comune, vita cristiana, diciamo che scaturiva da una profonda tradizione che non aveva ancora subito delle scosse sostanziali, tutta imperniata attorno alla preghiera, sostanzialmente attorno alla Messa domenicale, attorno al Rosario recitato alla sera nelle famiglie.
Giovanni, perché questo è il suo nome di battesimo, cresceva in questo ambiente e naturalmente faceva come tutti i bambini, giocava, faceva la sua vita di famiglia, frequentava la scuola che era una scuola sommaria, che durava alcuni anni e il resto bisognava poi pagarselo così, come supplemento per arrivare almeno diremo ad una istruzione elementare.
In lui però è decisa la gioia di vivere, subito c'è la gioia di vivere, c'è un amore verso la vita.
Io ricordo alcune confidenze, rarissime confidenze fatte sulla sua prima infanzia, comunque sul tempo che aveva preceduto.
Parlava assai poco di se stesso il Fr. Teodoreto e dove si vede un ragazzo che lavora, gioca, va a scuola, si diverte, e che ama la vita.
Tanto più facile amarla la vita in quegli ambienti sereni del Monferrato, tutta luce, tutto spazio, con queste colline, questi vigneti, col vino …
Con questa gioia di vivere c' è anche il desiderio di crescere.
Fr. Teodoreto è desideroso di crescere è studioso in campo classico; per quanto può si impegna volentieri alla scuola, ma non tanto per il desiderio di sommare buoni voti, che non era questa il problema, ma per una sorta di promozione di se stesso, per poter leggere, per poter conoscere, per potersi esprimere.
Sappiamo, comunque ho saputo da confidenze raccolte in Vinchio, che negli ultimi anni delle elementari che erano a pagamento, furono appunto di sacrificio notevole da parte di Giovanni Garberoglio.
In questo desiderio di crescere c'è tutta l'attenzione che lui pone in quel che gli succede attorno; i fenomeni naturali per esempio.
Innamorato della Natura, sta attento anche proprio al lavoro dell'uomo in aiuto al lavoro della natura e per lui la coltivazione dei campi, della vite, il volo degli uccelli diventa, una fonte di saggezza, qualche cosa da cui si ricavano degli orientamenti per la vita.
E non è un puro estetista, un esteta; è un uomo saggio, un giovane saggio, dove tutti i fatti che capitano sono per lui oggetto di un'attenzione che ha per oggetto una luce, una regola di vita, ha un modo per capire, per comprendere la vita.
Ha il gusto di aiutare a crescere, non solo l'impegno di crescere; ma di aiutare a crescere l'uomo in quanto uomo e difatti si può contare su di lui intanto per il buon esempio, intanto dal punto di vista religioso.
Prima è membro della Confraternita del SS. Sacramento fino a 12 anni, poi passa alla Confraternita della SS. Trinità; queste confraternite avevano la loro funzione, in questa vita agricola di altri tempi, una funzione notevole.
Ma poi è il ragazzo che cerca di aiutare tutto ciò che di onesto può esserci attorno e si prodiga, si prodiga verso i suoi stessi famigliari più giovani, verso il nipote più giovane di pochi anni, questo desiderio di far crescere lo porta a fare anche il catechista, a fare colui che prepara alla prima Comunione, quasi direi gli stessi coetanei.
Questo gusto di fare crescere, questo desiderio di aiutare glia altri ad essere se stessi, sarà poi il supporto su cui verrà calata la chiamata del Signore che lo vorrà Fratello delle Scuole Cristiane.
E nonostante che il papà si opponga perché lo vorrebbe sacerdote o religioso di convento, perché non capisce questa vocazione di Fratello.
Egli, proprio per questo motivo, perché sapeva come innanzi tutto nella vita bisogna contare su se stessi, nella crescita di se stessi, proprio per questo gusto, per questo desiderio di aiutare altri ad essere più veramente se stessi, più veramente uomini, più veramente cristiani, ecco questa chiamata ad essere F.S.C., questa chiamata che è contrastata e che viene abbastanza presto, intorno ai 15 anni, questa chiamata che avrà poi una risposta anche esteriore, non solo interiore.
Ci fu subito questa risposta, quando un anno dopo, mortogli il padre, la strada fu libera e allora venne accompagnato a Torino nel 1887, entrò in Savoia a la Villette il 12 ottobre 1887 e pochi giorni dopo, il 1° novembre dello stesso anno, iniziò il Suo noviziato.
Da notarsi che non gli fu fatto frequentare il piccolo noviziato, perché Giovanni Garberoglio presentava già un certo livello di cultura, di preparazione che evidentemente si era fatto un pò da solo, perché la scuola elementare del posto non l'avrebbe portato fino a quel punto.
Abbiamo delle testimonianze, sono raccolte nella biografia dedicata al Fratel Teodoreto dal suo confratello Fr. Leone di Maria, Postulatore generale su come egli venne impostando o comunque esprimendo la sua vita religiosa.
Ne leggo qualcuna, sopratutto per chi non conosce questi passi:
"È la testimonianza di un suo compagno di noviziato: "Spiccava su tutti gli altri per il buon carattere e per l'ottima, condotta.
Subito i compagni lo tennero in concetto di un santarello.
Non che facesse qualche cosa di speciale; solo si applicava ad eseguire bene ogni esercizio portato dal Regolamento.
Era silenzioso, obbediente, studioso, pio, irreprensibile sotto ogni aspetto.
Non fa meraviglia che non si ricordino, a tenta distanza di tempo, cose e fatti che lo mettessero in uno speciale rilievo; tanto più che era così umile, così tranquillo!
Sempre sorridente, cercava non di emergere, ma di nascondersi e fare il meglio possibile senza attirare l'attenzione degli altri.
Si aveva, fin da quei tempi, il concetto comune che Fratel Teodoreto era già un santo, e che era venuto dalla famiglia così, però una santità che si manifestava in quel modo."
Un'altra. testimonianza: "Dal 1° novembre 1887 al 1° novembre 1888 il caro Fratel Teodoreto fu mio compagno di noviziato a La Villette presso Chambéry.
In tutto il tempo lo vidi costantemente composto - notate, composto -, esatto, servizievole in sommo grado.
Splendeva sempre - anche importante - un bel sorriso sul suo volto, ne mai io inteso dalle sue labbra il menomo biasimo sul conto di chicchessia.
Anche quando si lavorava per la costruzione della nuova casa di Noviziato, egli m'incoraggiava nella fatica, lavorando con allegrezza e per amore di Dio."
Sono due semplici testimonianze che pure ci danno già una espressione esteriore del Fratel Teodoreto.
Sappiamo che la sua vita di Fratello non fu facile, intanto la mamma che, svanita un poco, dal punto di vista intellettuale per un incendio che era capitato a lei, molto spaventata, si dava da fare ogni tanto per venirsi a riprendere il suo Giovanni e portarselo a casa.
E questo giovane Fratello, il quale si faceva dare il permesso dal Superiore, riaccompagnava la mamma a casa, la calmava, la tranquillizzava e dopo pochi giorni ritornava alla scuola.
C'era quindi questa situazione della mamma a cui lui era colto legato.
Difficoltà di fare la lezione.
Le classi di allora a Torino erano di 70 elementi; classi affollatissine e molto irrequiete, quindi enorme difficoltà di tenere la disciplina.
Tanto è vero che i superiori avevano già quasi 1'idea di rimandarlo a casa, perché non adatto alla vita di Fratello.
E fu in quel caso che egli fece una novena a S. Giuseppe dopo di che, senza gesticolare, con chissà quale metodo riuscì a imporsi, riuscì a ottenere con facilità disciplina e correttezza di comportamento, semplicemente col suo comportamento.
Difficoltà di questo genere subito all'inizio abbastanza dure e pesanti.
I Fratelli allora dormivano, per la comunità di S. Pelagia, nel sottotetto della scuola, avevano le tegole e il letto era sotto le tegole; al mattino d'inverno ci si svegliava e capitava di trovare nella bacinella il ghiaccio: questa era la condizione.
Ci si alzava al mattino alle quattro e mezza e alla sera si era impegnati in attività per esempio tipo scuola serale, che potevano anche durare fino alle undici e mezza.
Questo era il clima.
Le comunità non disponevano di luoghi di villeggiatura, l'estate lo si passava a Torino, il caldo estate di Torino.
La Regola dei Fratelli non permetteva il pisolino nel pomeriggio ed allora alla domenica pomeriggio c'erano dei Fratelli che si assopivano sulla cattedra, in classe e si riposavano così, andavano in classe e facevano la loro dormitina appoggiati al braccio.
Quindi una vita dura, veramente dura, difficile.
Come se non bastasse, naturalmente l'instaurazione di climi civili, statuari, radicali, contrari alla concezione religiosa della vita si faceva sentire sempre più pesantemente nell'ambiente della scuola.
Allora non erano i piccoli a fare lo sciopero, ma erano le autorità a imporre e a scardinare a poco a poco tutto.
Quindi c'erano queste difficoltà per cui oggi si ha il rovescio di questa situazione, per avere costretto e mortificato la fecondità della scuola, la fecondità degli apporti dal basso, adesso abbiamo la scuola che abbiamo, con la rivoluzione dal basso.
Fratel Teodoreto tuttavia sempre raccolto, esercitando davvero la gravità raccomandata dal Santo Fondatore come il primo punto della Regola di comportamento di un Fratello, riusciva ad ottenere gli effetti.
Noi potremmo pensare che questo oggi sarebbe improduttivo agli effetti educativi e tuttavia con questa sua gravita riusciva a ottenere degli effetti educativi di primissimo ordine, tant'è che è rimasto nella memoria di coloro che l'hanno avuto come maestro, nella memoria e nella vita, veramente ha inciso con profondità.
Tanto direi più che non agendo.
Sappiamo del suo noviziato, secondo noviziato a Lambeque-les-Halles, dove ormai i Fratelli si erano rifugiati cacciati dalla Francia, dalle leggi del ministro Combe, radicale, laicista.
Sappiamo come durante quel noviziato i dirigenti dello stesso vennero raccomandando la perseveranza, a occuparsi del frutto della scuola cristiana.
Se non ci preoccupiamo di quello, sono vane tutte le nostre fatiche.
Era un invito ad assumersi delle vere responsabilità in ordine al futuro degli allievi e sappiano che lì gli fu ispirata l'idea iniziale dell'Unione, l'idea madre dell'Unione, di quella che divenne l'Unione.
Tornato a Torino diventa anche lui Direttore della comunità di S. Pelagia con tante difficoltà economiche; di ogni genere.
Sappiamo come a queste difficoltà comuni allora a ogni Fratello o Direttore di comunità si aggiunse la difficoltà terribile di realizzare quest'Opera di perseveranza cosi come Dio voleva e non come gli uomini consigliavano.
Le contrarietà furono molte finché vi fu l'incontro con il Servo di Dio Fra Leopoldo.
Non mi posso soffermare ad analizzare queste cose, e finalmente il detto del Signore tramite Fra Leopoldo: "Dirai a Fr. Teodoreto di fare ciò che ha in mente".
E così nacque l'Unione che rappresentò per Fr. Teodoreto una nuova croce e fu da quel punto in poi la più grossa croce della sua vita.
Questa Unione che poco a poco si venne sviluppando, passando dalla forma di Pia Unione fino alla forma di Istituto Secolare, cioè di vita consacrata nel mondo.
In questo mondo Fr. Teodoreto dava conclusione alla sua vita di Fratello dopo essersi prodigato nella scuola, eccolo a prodigarsi per il consolidamento e lo sviluppo dei frutti della scuola, a vantaggio della società civile, della Chiesa.
Il termine della vita di Fr. Teodorato fu un trapasso poco per volta di responsabilità ai catechisti di questa opera, seguendola pur sempre da vicino con la preghiera, il consiglio, l'esempio, con la sua presenza.
Patendo in se stesso tutte le incomprensioni che determinavano queste difficoltà di sviluppo, pur essendo sempre più interiormente convinto che l'opera di Dio era voluta da Dio e così si consumarono gli ultimi anni della sua vita fino a quel 13 maggio 1954 che segna la data d'ingresso alla casa del Padre.
Una vita se vogliamo, dal punto di vista esterno, espressiva» abbastanza semplice, direi abbastanza sommaria, facilmente delineabile, una vita comune come si conviene ai santi di oggi.
Oggi non abbiano bisogno di uomini di eccezione, abbiamo bisogno di essere eccezionali; non di essere d'eccezione; abbiamo bisogno che ciascuno ricuperi il senso della sua eccezionalità anche negli ultimi posti della vita, negli ultimi riquadri della vita moderna organizzata.
Adesso vorrei con voi sottolineare alcuni aspetti almeno di quello che è non tanto l'aspetto espressivo della vita di Fratel Teodoreto, ma l'aspetto manifestativo: che senso ha la vita del Fratel Teodoreto, che cosa nel suo profondo ci ha manifestato.
Vi dico subito che la vita di Fratel Teodoreto è una vita sostanzialmente unitaria, non tanto perché ha fatto il Fratello dal 1887 fino alla morte e quindi di lì non si poteva sgarrare.
La unitarietà della vita del Fratel Teodoreto non è solo una unitarietà di superficie, di divisa, di atti esterni.
È una unità profonda, nasce da una unità che cresce dentro.
E che cosa ci manifesta questa vita del Fratel Teodoreto? Io vi dirò qualcosa e voi direte il resto.
Siete invitati a dire anche voi, in modo che tutti quelli che l'hanno conosciuto possano dire l'aspetto del messaggio di Fratel Teodoreto; di quanto di messaggio ha la sua vita, quindi vivibile da noi, traducibile da noi.
Intanto mi pare di fare questa considerazione che si può fare per tutti i santi, ma mi pare valga la pena di farla per Fratel Teodoreto, siccome ci è stato molto vicino.
Ci ha rivelato che la vita dell'uomo è una cosa seria, che non è una barzelletta, che non è una serie di esplosioni, di successi e insuccessi: è una cosa importante la vita di ogni uomo, anche di quelli più umili.
Nella serietà della sua vita, nella gravità della sua vita ci ha manifestato la gravità della nostra, ci ha manifestato come la serietà della vita dell'uomo, questa gravità, deriva essenzialmente da questo suo farsi dall'interno.
Se la nostra vita si fa dall'interno e non dalle circostanze esteriori, parimente e semplicemente se si fa dall'interno, veramente allora diventa un contributo irripetibile, inderivabile dalla condizioni esterne, una novità assoluta rispetto al mondo, una novità assoluta per tutti gli altri.
Nella misura in cui la nostra vita si fa dall'interno, dalle profondità del nostro essere, si fa cioè dalla luce che possiamo ricavare dalle profondità del nostro essere, si fa dalla coerenza rispetto a questa luce inferiore, si fa cosi.
Certo è una vita che ha rapporto all'azione con i condizionamenti, per es. del temperamento, della condizione, della costituzione, che ha senz'altro dei riferimenti a quelle che sono le situazioni sociali, ambientali.
Certo, è un dialogo con tutto questo, ma si fa nel suo intimo.
Sia i fattori psicologici della nostra personalità, sia delle circostanze esterne, danno un volto per una nascita interna.
Ci ha rivelato questo, che ciascun uomo si fa dall'interno, cresce su se stesso, cresce dall'intimo di se stesso e non dall'esterno di se stesso ed è per questo che l'uomo è estremamente prezioso.
Proprio per questo suo modo d'essere e per quello che può nascere anche a vantaggio di tutti gli altri, per questo suo modo di fare.
Ecco è di qui, quel carattere di lealtà, di compostezza, di coerenza, di gravità, di sicurezza che erano note dominanti della vita di Fratel Teodoreto.
Questa gravità non era tanto radicata sul suo temperamento che per altro era vivace e tendeva ad essere violento, non era un temperamento mite.
Infatti quando gli fecero esaminare la grafia da uno studioso il giudizio fu questo: "È un uomo che si controlla".
Quindi non era un'indole calma, mansueta; aveva la sua vivacità, la sua sensibilità.
Ancora vecchio, qualche volta gli capitava di arrossire per un certo calore o comunque emozione dall'interno.
Eppure proprio perché la sua vita è tutto un farsi dall'interno prendendo le mosse da quel tanto di luce, di forza profonda che gli veniva dall'interiore, ecco quel carattere di compostezza, di coerenza, non solo per un'osservanza esteriore di Regola, che fa abitudine di vita, di gravità di sicurezza.
E questo è per noi una grande luce oggi, sollecitati come siamo dalle mille proposte più o meno opprimenti, sconvolgenti ecc.
È un invito a considerare tutte queste cose, ma in ogni caso spinge dal profondo di noi stessi ad illuminare tutte queste cose con la luce che ci viene dall'interno di noi stessi: a costruire nella coerenza con quella luce che abbiamo dentro.
Ecco, d'altra parte anche con fiducia e sicurezza come diceva Fratel Teodoreto "Chi è fedele alla propria luce interiore, può essere sicuro che se anche non vede tutti i passi che lo porteranno alla meta, al risultato ultimo della sua vita, può essere sicuro che è ben direzionato e lungo la giusta via."
Ecco il giusto senso della vita, un passo dopo l'altro nella coerenza e nell'approfondimento di questa luce interiore.
Un secondo aspetto del suo messaggio più specifico, io lo vedo in questo: che lui ha riproposto al suo Istituto, a noi, alla Chiesa la validità e il senso della vocazione del Fratello delle Scuole Cristiane e l'ha riproposto più che non con tanti discorsi, con la sua vita e questo non è poco, l'ha riproposto appunto come Fratello delle Scuole Cristiane.
Fratello, delle Scuole Cristiane non si può dire Fratello senza Scuole Cristiane e viceversa.
Ha dimostrato come c'è una coerenza che è un tutt'uno fra questi due elementi: di essere Fratello, cioè consacrato in questo caso, e d'altra parte delle Scuole Cristiane, in questo caso dedito all'apostolato della scuola.
Ce l'ha riproposto in un momento in cui il mondo avverte che nella scuola vi è forse l'unica vera occasione di una promozione umana sociale generale, di rinnovamento di base.
Forse l'unica: o scuola, o rivoluzione.
Non ci sono altre vie di mezzo.
Ce l'ha riproposto questo in un momento in cui i cattolici sono come dimentichi di quanto nel campo dell'educazione è avvenuto lungo i secoli; dell'importanza dell'opera educativa della Chiesa nei confronti del mondo in genere e anche della società civile
Hanno un atteggiamento di distruzione di tutto quello che hanno, non invece di rinnovamento, di distruzione.
E che mentre ormai si sta mettendo in crisi tutto, compresa la scuola di stato che viene contestata, i cattolici stanno mettendo in crisi la loro scuola cristiana volendo andare alla scuola di stato•.
Quindi ci troviamo a ricomprendere questo fatto: che non ci può essere scuola senza dedizione; non ci può essere scuola senza paternità spirituale; non ci può essere scuola senza assunzioni di responsabilità paterne, direi nei confronti di coloro che la frequentano.
Una scuola della somministrazione delle notizie da una parte, oppure una scuola di esercizio metodologico dall'altra, metodo della libertà, della ricerca ecc.
Sono delle libertà che risultano lesive di quella che è la crescita vera dell'uomo in quanto tale.
Ci ha anche ricordato che è difficile poter concepire la scuola semplicemente come funzione, come mestiere.
Se volete, in una società fortemente strutturata, c'è questa valenza della scuola, che la scuola in ogni caso, si giri come si vuole, appunto perché deve essere stimolazione, presentazione di messaggio.
È missione nella misura in cui la scuola perde questa carica missionaria, cioè mandata ad annunziare agli altri alcunché, ad essere principio di vita per gli altri, per questo intendo missionaria, la scuola in cui si dimentica questo, si svuota e capita quel che sta capitando.
La scuola non può essere strumentalizzata a ideologie di destra o di sinistra, per sua natura.
Quindi Fratel Teodoreto ci dà il giusto senso della scuola, appunto perché ci ripresenta il giusto senso della vita del Fratello delle Scuole Cristiane.
E guardate che questo in un mondo dove, diciamo la verità, se togliamo ancora la possibilità della scuola, questa carica della scuola, che cosa vogliamo giocare? che cosa ci rimane?
Così ormai sempre più stretti da relazioni di ogni genere alle quali non possiamo sfuggire e che ci travolgono: economiche, tecnologiche, organizzative, politiche ecc.
Se questo stato non ce lo difendiamo, non so cosa capiterà, quindi il senso della vita del Fratello delle Scuole Cristiane che non è tanto un edificio, dei banchi, è soprattutto un rapporto, un travaglio di vita, una crescita insieme, a soprattutto tutto questo.
Un altro aspetto del messaggio di Fratel Teodoreto è questo: che va bene per tutti i cristiani.
Ma noi l'abbiamo visto molto bene; quindi, quando ci rifacciamo a lui, questo ci appare in modo molto vero, che la vera vita la vita che vale la pena di vivere è quella che si vive come mozione dello Spirito Santo.
È quella che è animata da questo vento impetuoso dello Spirito, che non si deduce dal mondo perché non è un condizionamento del mondo, ma Spirito che viene dall'alto, Spirito che vivifica, che eleva, che tutto riprende, tutto purifica, tutto matura, tutto sviluppa fino alla fine.
Questa è la vera educazione alla libertà, educazione a vivere secondo la mozione dello Spirito, da Dio, in Dio, verso Dio.
Quante volte Fratel Teodoreto raccomandava di rivolgerci allo Spirito Santo.
Lui stesso pregava espressamente lo Spirito Santo ed era in attesa, prima ancora di mettervi l'intenzione, era in attesa della mozione dello Spirito, della luce che veniva appunto dal conforto, dalla sollecitazione che veniva dallo Spirito.
E come quando lo consultavamo noi sui vari problemi personali, di Unione, di apostolato, come si avvertiva che il suo orecchio sì, ascoltava le nostre parole per racchiuderle nel suo cuore, ma soprattutto era nell'ascolto dello Spirito, per poter dire quella parola decisiva, risolutiva.
Come Lui, diventava mosso dallo Spirito, anch'egli sorgente di acqua viva che zampilla fino alla vita eterna.
Questa è l'esperienza di chi lo frequentava; di qui quella sintesi mirabile direi, che sembra essere in qualche modo contrastante ma in realtà non lo è, come per esempio la decisione e la compostezza.
Sembrerebbe che in secondo piano la compostezza non va più, non è importante, come per esempio la tenacia; perché era vera tenacia in Fratel Teodoreto però la dolcezza, senza sprezzo, senza durezza.
Tenacia e dolcezza nel medesimo tempo, impegnato, e come, amabile, al punto di apparire come disoccupato, disimpegnato, cosi disponibile, nella sua amabilità, eppure profondamente impegnato.
Immobile e pure attivo, attivo negli affetti, negli interventi, veramente.
Non attivistico in una sorta di immobilità, di staticità che gli derivava appunto da questo suo star davanti a Dio, in attesa, nella ricerca umile e silenziosa del soffio dello Spirito.
E quindi rappresentava queste due cose, al punto che parlandone con lo scultore, abbiamo deciso di fare un monumentino, che ne ricordi la memoria da mettersi poi a Vinchio al mese di settembre e cercando sotto quale aspetto poterlo rappresentare, perché la sua vita non è piena di gesticolazioni, non è piena di grandi imprese esteriori, è una vita composta, grave, solerte.
E allora abbiamo fatto vedere allo scultore la maschera di bronzo, quella che fu ricavata dal calco di gesso fatto fare subito dopo poche ore dalla morte.
Se l'è messa davanti e a un certo punto ai diceva: "ma io sento un calore, sento un'attrattiva, più guardo questo volto".
Ecco, questo era Fratel Teodoreto.
Questo è che muove e che faceva muovere attorno a sé, che attirava, riscaldava perché lui a sua volta era in attesa, disponibile "a".
Era veramente trasparente e tanto è vero che abbiamo deciso di rappresentarlo in un certo modo, in modo da raccogliere questo fatto; lui nell'atto magari di insegnare che, per quel calore che si sprigionava da quel suo essere alla presenza di Dio, del suo essere disponibile allo Spirito, raccoglie attorno a lui una corona di affetti, la vita, un mondo che si muove e prende vita attorno a questa figura irradiante di Fratel Teodoreto, perché penetrata da Dio, dallo Spirito.
E per esempio, un altro contrasto, perfettamente superato, la verginità da una parte, estremamente casto, veramente casto Fratel Teodoreto, con una sensibilità particolare, e nello stesso tempo estremamente fecondo.
In lui abbiamo sentito la paternità, e si continua a sentire questa paternità spirituale.
In lui sentiamo veramente un principio per la nostra vita; un punto di vita, un inizio di vita, una sorgente di vita per la nostra vita e lo sentiamo, oramai lo possiamo dire, in tutto l'arco della nostra esistenza.
Io non l'ho conosciuto quando era molto giovane, ma ho visto dei Catechisti che l'hanno conosciuto quando era un ragazzo; io l'ho conosciuto ad una certa età, ma sto verificando che da quando si era ragazzi ad ora uomini fatti e poi anziani e forse vecchi, questa paternità si fa sentire.
È una paternità calda, suscitatrice di conforto, questa presenza irradiate che si fa sentire.
Direi che non dobbiamo neanche tanto fare lo sforzo di ricorrere a Fratel Teodoreto, quanto di lasciare che lui irradi qualche cosa dentro di noi.
Sono convinto che dicendo questo dico una esperienza, se vogliamo esser sinceri, di tutti quelli che siamo qui e che lo
abbiamo conosciuto e seguito.
Ultimo aspetto, con questo concludo, vorrei ancora dire qualche cosa sul suo "essere di Cristo".
Veramente che cosa significa essere cristiani, vuoi dire essere di Cristo, l'abbiamo imparato da Fratel Teodoreto.
È qualche cosa di diverso che la non ben compresa "imitazione di Cristo" che è valida, intendiamoci, ma di solito intesa esteriormente come lo intendiamo purtroppo tante volte noi.
Spero di non far torto a nessuno nel fare questa affermazione, oppure, ecco la presentazione della vita cristiana: fare come Gesù, imitare Gesù, cercare di essere con Lui ecc.
Guardate, nel fondo tutte queste cose sono vere ad un patto, che si vedano come un processo che ci fa essere di Cristo, essere veramente avendo in Lui il nostro principio e il nostro fine: "Io sono l'alfa a l'omega, il principio e la fine, il primo e l'ultimo.
Appartenenza, questo è importante e lo abbiamo visto in Fratel Teodoreto.
All'inizio della sua vita religiosa c'era questo, tuttavia c'era, una sua grande determinazione di fare, di essere.
Nelle lettere che lui scriveva al suo nipote diventato anche lui Fratello, diceva: "Bisogna che ci facciamo santi, siamo dei minchioni se non ci facciamo santi".
C'è la stessa deliberazione, questo impegno, mentre il discorso su Gesù c'era, ma c'era soprattutto questo discorso di impegno, di deliberazione, determinazione.
Ma da un certo punto in poi c'è un rovesciamento di determinazione; c'è veramente, poco per volta, gradualmente.
Illumina un detto di Fra Leopoldo che gli era stato detto poco prima della morte di Fra Leopoldo: "Dirai al Fratel Teodoreto che se si sente di tenersi davanti a me, che sono il padrone di tutti i santi e di tutte le santificazioni e si sente di tenersi come corpo morto questo sarà il perfezionamento della sua santificazione".
Cioè poco per volta, non è più lui che punta per andare a Gesù, è che si abbandona all'azione di Gesù che è penetrante, che lo fa essere tutto suo e ci sono, proprio delle fasi: "abbandono il mio capo sul suo cuore", ci sono delle lettere alla fine della sua vita.
Gesù diventa sempre più il principio di tutto e lui diventa sempre di più di Cristo e lo diventa nella Passione e Morte di Gesù.
Lo si può vedere bene intanto perché tutte le occasioni di dolore della sua vita, e le prove furono molte, comprese anche malattie gravi.
Segnano tutte quante un avanzamento e non c'è iniziativa di Fratel Teodoreto che non sia seguita dalla croce, ma dalla croce di Gesù, non una croce qualunque.
Direi che al termine di tutte queste esperienze lui si ritrova più profondamente immerso in Cristo e Cristo Crocifisso.
In Fratel Teodoreto, se guardiamo bene, noi abbiamo l'esperienza dell'azione vivificante del sangue versato da Cristo, mentre noi di solito quando pensiamo alla croce, tendiamo a farne un evento esterno, invece è una realtà che ci attraversa dall'interno.
È nel suo sangue versato che noi siamo vivificati.
E in Fratel Teodoreto si vedeva questa vivificazione, si vedeva così con una luminosità particolare che a volte assumeva il suo volto, comunque una luminosità di tutto il suo comportamento, di tutto il suo dire, il suo fare.
Una luce che invitava a tenerlo presente Fratel Teodoreto, e andare oltre.
Una luminosità, l'abbiamo sperimentato, e sentivamo una freschezza e un calore nel medesimo tempo nello stare con lui, proprio come S. Caterina da Siena parla del Sangue di Cristo che è fresco e caldissimo nel medesimo tempo.
Cioè la crescita di Fratel Teodoreto non era tanto una crescita di proposito; certo che c'era, una crescita di ordine volontaristico, moralistico, semplicemente, veramente era una crescita da una vita, da sangue e sangue di Cristo, da quel seno che sono le Piaghe di Cristo.
Questa era l'esperienza che a tendere bene l'orecchio si poteva avvertire frequentando Fratel Teodoreto.
Quindi con Fratel Teodoreto abbiamo avvertito bene che cosa significa essere di Cristo, abbiamo capito bene che cosa è la Passione, il Sangue rigeneratore di Cristo, abbiamo potuto capire questo calore, questa freschezza, questo rinnovamento continuo operante dalla nostra partecipazione al Signore.
Sono grandi cose. Ci sono anche tanti altri aspetti.
Ora il tempo a disposizione è superato, avrei ancora altre cose da dire, come è evidente da parte di uno che come tanti altri ha avuto l'incomparabile fortuna di essere un discepolo, un figlio spirituale di Fratel Teodoreto.
Quindi è logico che vivendo di queste cose ai abbia molto da dire facendo un discorso di questo genere; comunque io ho finito le mie povere parole e vorrei che fossero finite le mie, ma continuassero le vostre.
Non è più possibile continuarle adesso in questa sede, che continuassero dopo, in modo che sia veramente un anno in cui lasciamo irrompere dentro di noi questa paternità profonda di Fratel Teodoreto.
Noi intanto ricorriamo a lui, stiamo tranquilli che lui è con noi, è vicino a noi e opera per noi; disponiamoci a lasciarlo rioperare in noi, questo è il punto importante, riceviamo la sua paternità, è il momento decisivo, dico per tutti, innanzi tutto per me, è un anno prezioso.
Questo sia il senso di questo anno celebrativo del centenario tra l'altro della nascita.
Cerchiamo di rinascere attraverso la mediazione della paternità spirituale di Fratel Teodoreto che certamente Dio ci ha dato come Padre nello spirito e l'ha dato a noi Catechisti e a tutti coloro che hanno trovato con le opere lasciale da Fratel Teodoreto, con il messaggio di Fratel Teodoreto, il senso delle cose essenziali: profondità di vita, direzione di vita.
Certamente su di loro si sta esercitando questa paternità e anche essi possono e debbono considerarsi figli di Fratel Teodoreto.
Io lascio questi pensieri alla vostra riflessione, e che quest'anno ci porti appunto questi frutti di fecondità nel sentirci e nell'essere sempre di più figli di tale Padre.